Gli stipendi di 14 milioni di italiani potrebbero abbassarsi a partire dal 2025: non ci sono i soldi per la proroga del taglio del cuneo fiscale, il governo brancola nel buio.
Il taglio al cuneo fiscale verrà prorogato anche nel 2025? Una domanda questa che attanaglia circa 14 milioni di lavoratori che - negli ultimi due anni - hanno visto accrescere il proprio stipendio grazie alla misura introdotta dal governo Draghi e poi riconfermata, durante la scorsa legge di Bilancio, da quello presieduto da Giorgia Meloni.
In questo 2024 il taglio del cuneo contributivo è costato alle casse statali 10,70 miliardi, soldi questi che nell’ultima manovra economica sono stati trovati ricorrendo al debito. Sempre in deficit è stata finanziata anche l’altra misura in scadenza a fine anno: la sforbiciata all’Irpef che ha avuto un costo di 615 milioni.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato che nella prossima legge di Bilancio la priorità sarà quella di prorogare anche per tutto il 2025 il taglio al cuneo fiscale. Con l’imminente arrivo della lettera proveniente da Bruxelles dove verrà annunciata l’apertura di una procedura di infrazione per debito eccessivo - sarà recapitata il 19 giugno una volta chiuse le urne delle elezioni europee -, il governo però non potrà ricorrere nuovamente al deficit visto che concorderemo con l’Ue un piano di diminuzione del debito pari a 10 miliardi l’anno per sette anni.
Il rischio che a partire dal 2025 gli stipendi di milioni di lavoratori tornino a essere più bassi di conseguenza è assai concreto: le buone intenzioni da parte del governo non mancherebbero, ma a fare difetto sono i soldi in cassa come dichiarato anche da Giorgetti in un recente sfogo riportato dal Corriere della Sera.
Nel maggio 2023 Giorgia Meloni ha dichiarato di essere pronta a rendere il taglio del cuneo fiscale strutturale, ma dopo qualche mese a novembre la premier già ha abbassato le aspettative “sarebbe bello rendere la misura del taglio del cuneo fiscale strutturale, ma diventa difficile in questo preciso contesto quando non sappiamo ancora quali saranno le regole con le quali operiamo nei prossimi anni”.
Un tema questo del cuneo fiscale e degli stipendi che non è stato minimamente lambito in questa campagna elettorale da parte della premier Meloni: chiuse le urne, l’Italia si risveglierà di colpo e scoprirà che non solo non ci sono soldi in cassa, ma dovremo mettere in atto tagli draconiani alla spesa pubblica per 70 miliardi (!!) nei prossimi sette anni.
Taglio cuneo fiscale: cosa succede agli stipendi?
Nella sua ultima relazione la Banca d’Italia ha spiegato che “per il 2024 l’aliquota contributiva pagata dai lavoratori dipendenti è stata ridotta di 7 punti percentuali per le retribuzioni annue pari o inferiori a 25.000 euro, e di 6 punti per quelle comprese tra 25.000 e 35.000 euro, così come avvenuto nel secondo semestre del 2023”.
In sostanza grazie alla proroga del taglio al cuneo fiscale, 14 milioni di lavoratori in questo 2024 potranno contare su uno stipendio più alto, con l’aumento che oscilla tra i 60 e i 100 euro circa in più al mese per ciascun lavoratore.
In uno scenario come il nostro, con i salari da anni fermi al palo ed erosi dall’inflazione, non prorogare il taglio al cuneo fiscale anche nel 2025 si tradurrebbe in un’autentica beffa per quelle famiglie che hanno visto aumentare dell’1% il proprio reddito disponibile - dati sempre di Bankitalia - proprio grazie a questa misura durante quest’anno in corso.
C’è una domanda però da mesi senza risposta: come ha intenzione il governo di finanziare un’ulteriore proroga che costerà quasi 11 miliardi? Come detto il ricorso di nuovo al deficit è da escludere a meno che non si voglia andare allo scontro forntale con Bruxelles.
Da tempo si parla di una sforbiciata da 5 miliardi alle agevolazioni fiscali da inserire nella prossima manovra, soldi questi che verrebbero utilizzati proprio per tagliare il cuneo. Anche se così fosse, all’appello mancherebbero altri 6 miliardi.
Il sentore è che in Italia ci sarà un prima e dopo elezioni europee: fino alle ore 23 del 9 giugno il nostro Paese verrà dipinto come in perfetta salute, per poi ritrovarsi di colpo con una sorta di “Troika” in casa tanto che Giancarlo Giorgetti già viene descritto con le valigie pronte per un trasloco a Bruxelles nelle vesti di commissario europeo.
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