Proteste in Cile: cosa sta succedendo? La tensione è ancora molto alta nelle strade cilene ed il presidente Piñera mantiene lo stato di emergenza nelle principali città. Analizziamo i motivi della rivolta.
Le proteste in Cile continuano: cosa sta succedendo? Il Paese sudamericano è piombato in una vera e propria guerra civile da venerdì. Migliaia di cittadini sono scesi in piazza per protestare contro l’aumento dei prezzi, nello specifico dei biglietti della metropolitana.
Le manifestazioni si sono subito trasformate in scontri violenti contro la polizia. Il bilancio delle proteste si aggrava di giorno in giorno.
Le vittime della guerriglia al momento sono 12, 200 i feriti e circa 1.500 le persone arrestate.
Lunedì scorso i manifestanti hanno dichiarato lo sciopero generale, facendo salire di nuovo la tensione nelle strade. Il presidente Sebastián Piñera ha dichiarato che il Paese è in guerra, confermando lo stato di emergenza. Le autorità hanno imposto il coprifuoco nella capitale Santiago e in altre città dalle 22 alle 7.
Nonostante il ritiro della legge per l’aumento delle tariffe dei trasporti, la situazione in Cile rimane grave e pericolosa per la pubblica sicurezza. I manifestanti hanno chiuso i trasporti pubblici, saccheggiato supermercati e farmacie e dato fuoco alle stazioni della metropolitana e agli edifici governativi.
L’uso massiccio delle forze armate per fermare le proteste ha riportato il Cile in un clima dittatoriale. Il Presidente Sebastian Piñera ha schierato 10.000 soldati, lanciando l’allarme di una vera e propria guerra in corso nel Paese, organizzata da gruppi specifici con l’unico scopo di danneggiare le città.
Cosa sta succedendo realmente in Cile?
Cosa sta succedendo in Cile e perché?
Le proteste in Cile sono scoppiate in modo violento quando è stato decretato l’aumento del 4% delle tariffe della metropolitana, il 6 ottobre 2019. Come spiegare una sollevazione così massiccia in un Paese, quale il Cile, che ha fatto registrare un miglioramento economico negli ultimi 10 anni?
I dati suggeriscono che il livello di povertà si è più che dimezzato e gli stipendi medi hanno registrato un aumento. I numeri macroeconomici cileni evidenziano risultati importanti: la crescita media annua è del 3% ed il debito è stimato su una cifra relativamente bassa, il 27% del PIL.
La costante espansione negli ultimi venti anni ha dato alla nazione la più grande classe media e uno dei più bassi tassi di povertà nella regione. Ma la disuguaglianza sociale è rimasta ad altissimi livelli, secondo la Banca mondiale. La distribuzione del reddito risulta molto iniqua. Secondo il coefficiente di Gini, il Cile si trova in una situazione di disuguaglianza pari a 48 (il massimo è 100).
Le politiche pubbliche hanno agito molto poco per consentire una ridistribuzione della ricchezza, anche attraverso un’equa tassazione.
Le proteste, quindi, sono diventate l’espressione rabbiosa di una popolazione che è rimasta indietro nella corsa economica nazionale. I manifestanti si lamentano della costosa istruzione privata e dell’assistenza sanitaria, dell’aumento dei costi del servizio pubblico e della riduzione delle pensioni. A giugno, il prezzo dell’elettricità è aumentato del 10%.
L’assenza di un sistema efficiente di welfare ha negato ogni possibilità al ceto medio di godere dei risultati positivi e di crescita economica nazionale. La società non è stata attrezzata per la rivoluzione liberale della quale si vantava anche il Presidente Sebastián Piñera tempo fa, dichiarando che il Cile rappresenta un’isola nell’America Latina.
Quale scenario futuro per il Cile?
Lo scenario in Cile non sembra poter migliorare nel breve termine. Molto, infatti, dipenderà dall’atteggiamento del presidente Piñera.
Finora le decisioni di dichiarare lo stato di emergenza in sei città, limitare i diritti di movimento e di riunione per almeno 15 giorni, impiegare i soldati contro i manifestanti hanno reso la situazione ancora più incandescente. La rabbia della popolazione, infatti, si è scatenata anche contro la reazione severa che ha avuto il presidente nei confronti delle proteste.
I leader dei manifestanti e i politici dell’opposizione hanno respinto la chiamata al dialogo di Piñera fino a quando lo stato di emergenza non sarà cancellato e l’esercito non lascerà le strade.
Si preannunciano giorni di alta tensione in Cile.
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