Cosa si intende con il termine “affine"? Parentela e affinità sono espressioni di uso comune, ma nella successione ereditaria sono regolate diversamente. Facciamo chiarezza.
La famiglia in senso ampio comprende oltre ai parenti anche soggetti tra cui intercorrono rapporti di affinità. Parentela e affinità sono termini usati comunemente ma delineano due istituti diversi.
La parentela è il vincolo intercorrente tra persone che discendono da uno stesso stipite; mentre l’affinità è il vincolo che, per effetto del matrimonio, si crea tra il coniuge e i parenti dell’altro coniuge.
Per affini dunque si indicano persone non consanguinee tra loro, ad esempio il coniuge con i parenti dell’altro coniuge (cognato e cognata, suocero e suocera, nuora e genero). Per stabilire il grado di affinità si tiene conto del grado di parentela con cui l’affine è legato al coniuge; quindi suocera e nuora sono affini in primo grado mentre i cognati sono affini di secondo grado, e così via.
Quando una persona muore senza lasciare testamento o se questo è invalido, la legge stabilisce chi sono i possibili eredi: parliamo della “successione legittima”.
In questo caso le persone successibili sono coniuge, figli, genitori, fratelli, altri parenti e infine, in caso di assenza di familiari, lo Stato. Gli affini, non avendo con il de cuius un vincolo di parentela, sono esclusi dalla successione legittima? Quando è possibile che gli affini accedano all’eredità?
Chi sono gli affini?
L’affinità è disciplinata nel libro I «Delle persone e della famiglia» del Codice civile, all’articolo 78, che recita:
L’affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge.
Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d’uno dei coniugi, egli è affine dell’altro coniuge.
L’affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all’articolo 87, n. 4.
Oggi, quindi, l’affinità si fonda esclusivamente sul matrimonio non sulla comunanza del sangue come la parentela.
Per calcolare il grado di affinità si deve tenere conto del grado di parentela che lega il coniuge ai suoi congiunti (ad esempio, genero e suocera sono affini di primo grado perché tra la moglie e la madre della moglie c’è una parentela di primo grado).
L’affinità è un vincolo che nasce col matrimonio, ma che non cessa con la morte dell’altro coniuge, bensì solo con la dichiarazione di nullità del matrimonio. Anche l’affinità è giuridicamente rilevante fino al sesto grado.
Il grado di affinità è lo stesso che lega il parente di uno dei coniugi e quindi (a titolo esemplificativo) sono:
- Affini di primo grado: suocero e genero (in quanto la moglie è parente di primo grado con il proprio padre), suocero e nuora;
- Affini di secondo grado: marito e fratello della moglie (in quanto la moglie è parente di secondo grado con il proprio fratello), moglie e sorella del marito e così via;
- Affini di terzo grado: zio del marito rispetto alla moglie (lo zio è parente di terzo grado rispetto al marito nipote), zia della moglie rispetto al marito;
- Affini di quarto grado: cugino del marito rispetto alla moglie (i cugini sono, fra di loro, parenti di quarto grado).
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Quali diritti hanno gli affini in caso di successione?
Tra gli affini non esistono diritti ereditari. Possono essere nominati eredi solo nella successione testamentaria.
Nel nostro ordinamento sussistono diritti successori solo ed esclusivamente tra parenti, dove la parentela viene intesa quale vincolo di sangue tra discendenti gli uni dagli altri o da uno stesso capostipite.
La successione legittima si basa proprio sul presupposto che tra le parti vi sia un vincolo di consanguineità, mentre l’affinità è soltanto un riflesso della parentela, ovvero quel rapporto che si instaura tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge.
Ciò posto risulta quindi semplice desumere la soluzione al nostro quesito: gli affini non rientrano tra i soggetti a cui la legge riserva diritti successori, possono ereditare solo se c’è testamento.
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Il regime delle tasse di successione
L’imposta di successione viene liquidata dall’Agenzia delle Entrate dopo la presentazione della dichiarazione di successione. È dovuta dagli eredi e dai legatari in maniera proporzionale, differenziando l’applicazione di essa a seconda del grado di parentela o di affinità dell’erede o del legatario.
In particolare, sul valore complessivo dell’eredità si applicano le seguenti aliquote di tasse sulla successione:
- 4%, per il coniuge e i parenti in linea retta (genitori e figli), da calcolare sul valore eccedente, per ciascun erede, 1.000.000 di euro;
- 6%, per fratelli e sorelle, da calcolare sul valore eccedente, per ciascun erede, 100.000 euro;
- 6%, da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia), per gli altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta, nonché affini in linea collaterale fino al terzo grado;
- 8%, da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia), per le altre persone.
Come visto per gli affini, non si prevede alcun tipo di franchigia e l’aliquota d’imposta applicata è del 6%.
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