Quando si possono avere indietro i soldi dell’affitto

Ilena D’Errico

16 Novembre 2024 - 21:40

Ecco quando puoi pretendere la restituzione del canone d’affitto già pagato, secondo la legge.

Quando si possono avere indietro i soldi dell’affitto

Il canone di locazione deve essere pagato secondo quanto pattuito e nelle scadenze previste, altrimenti il proprietario di casa può pretendere l’adempimento attraverso le vie legali e richiedere anche uno sfratto per morosità, se ne ricorrono le condizioni. Non tutti sanno, però, che in alcune ipotesi è l’inquilino a poter agire in giudizio per ottenere la restituzione dei canoni già versati. Non si tratta di espedienti per ottenere il rimborso del pagamento a danno del locatore, ma di ipotesi previste dalla legge e correlate al contratto, nullo o violato. Ecco cosa c’è da sapere.

Canone superiore a quello in contratto

È purtroppo sempre più frequente la prassi per cui i locatori pretendano un importo del canone superiore a quello indicato nel contratto registrato. In alcuni casi, si tratta di un accordo tra le parti stabilito fin dal principio, ad esempio per evitare di dichiarare al Fisco una parte della rendita. Altre volte, il locatore stabilisce un aumento dell’affitto senza rispettare le condizioni di legge.

In queste ipotesi, l’inquilino può legittimamente rifiutarsi di pagare il supplemento, essendo obbligato a corrispondere esclusivamente la somma indicata nel contratto di locazione. Molte persone non sono a conoscenza di ciò oppure vogliono evitare di incrinare i rapporti con il proprietario di casa e pagano l’importo superiore finché vivono nell’immobile.

È quindi importante sapere che è possibile richiedere la restituzione della parte di canone versata al locatore ma non prevista dal contratto d’affitto. In particolare, gli inquilini possono agire entro 6 mesi da quando lasciano l’appartamento. In tal proposito, si dovrà procedere come in qualsiasi ipotesi di credito, cominciando con una diffida (inviata a mezzo raccomandata a/r o pec) ed eventualmente rivolgendosi a un avvocato per agire in sede giudiziale.

Naturalmente, sarà indispensabile poter provare gli esborsi in questione, attraverso i pagamenti tracciabili (come il bonifico bancario o postale), la quietanza di pagamento (che l’inquilino ha diritto a esigere per ogni pagamento effettuato) o eventuali altri documenti che attestino il pagamento. La richiesta di rimborso potrà vertere esclusivamente sulla parte d’affitto pagata ingiustamente, dunque quella non prevista dal contratto di locazione e non sull’intero canone.

Si ricorda che fino alla scadenza del contratto qualsiasi pattuizione relativa alla maggiorazione del canone di locazione è nulla (anche in presenza di una scrittura privata), fatta eccezione per l’adeguamento agli indici Istat previsto nel contratto. Per approfondire le ipotesi in cui il proprietario può aumentare il canone di locazione si rimanda alla nostra guida dedicata.

Contratto non registrato

La giurisprudenza, con un orientamento perentorio, ritiene che il contratto d’affitto non registrato sia nullo a tutti gli effetti e di conseguenza che l’inquilino abbia diritto alla restituzione dei canoni versati. Si parla ovviamente dell’affitto in nero, anche quando il conduttore non è a conoscenza della mancata registrazione all’Agenzia delle entrate. L’inquilino ha diritto in ogni momento alla restituzione dei pagamenti, considerati ingiustificati vista la nullità del contratto d’affitto, anche quando si è dimostrato in un primo momento d’accordo.

È infatti sul proprietario di casa che ricade l’obbligo di registrazione del contratto d’affitto, anche se non bisogna dimenticare che la nullità della locazione comporta dei rischi anche per l’inquilino stesso, che di fatto occupa l’immobile senza alcun titolo. Proprio per questa ragione le azioni civili tra le parti sono di solito successive al termine della locazione in nero o quantomeno concomitanti con problemi tra conduttore e locatore.

Non pagare il canone

Oltre alle ipotesi di restituzione, in alcuni casi l’inquilino è perfino legittimato a sospendere il pagamento del canone di locazione con decisione unilaterale. In altre parole, può non pagare l’affitto senza alcuna conseguenza legale. Si tratta di un’eccezione all’adempimento prevista direttamente dal Codice civile, applicabile esclusivamente quando l’immobile è in tali condizioni di deterioramento da essere inutilizzabile.

Da questo punto di vista rilevano soltanto i problemi gravi che rendono la casa in affitto inservibile, perché abitarvi potrebbe compromettere la salute e la sicurezza degli inquilini. La necessità di piccoli lavori di manutenzione non giustifica certo il mancato pagamento del canone, come invece un’importante presenza di muffa diffusa al punto da rendere inservibili tutti gli ambienti.

In questi casi eccezionali l’inquilino può non pagare l’affitto perché non sta ricevendo la corrispettiva prestazione, a patto che sia in buona fede e sempre che nel contratto di locazione non sia presente una clausola che lo impedisca. Una clausola contrattuale potrebbe infatti impedire al conduttore di sospendere il pagamento, lasciandogli comunque la possibilità di agire in giudizio per ottenere il rimborso.

Il proprietario di casa si può tutelare?

Le possibilità di restituzione del canone d’affitto previste dai giudici possono apparire eccessivamente favorevoli per gli inquilini e penalizzanti per i locatori. Si deve però tenere conto che questi ultimi sono la parte contrattuale più forte e hanno in ogni caso la possibilità di tutelarsi da qualsiasi inconveniente semplicemente rispettando la legge. Con la regolare registrazione del contratto d’affitto e la richiesta del canone ivi previsto non si pone alcun problema relativo al rimborso.
È anzi il proprietario ad avere il diritto a pretendere i pagamenti e ad agire in giudizio per le morosità. Parimenti, l’immobile deve essere usufruibile da parte dell’inquilino senza mettere a rischio la propria salute e sicurezza.

Iscriviti a Money.it