Per gestire i soldi, gli stipendi e le entrate di una famiglia quanti conti in banca è bene avere e perché?
In tema di gestione del denaro, è difficile per chiunque ammettere o riconoscere che si possa ancora imparare dell’altro e migliorare al riguardo. Tutti hanno le proprie regole operative frutto di esperienze dirette e in prima persona, magari condite con qualche consiglio di chi ci si fida di più.
Tuttavia, per gli esperti di finanza personale ci sarebbero delle regole che, se rigorosamente applicate, eviterebbero, almeno due ordini di problemi: di restare al verde in generale e/o prima della fine del mese e di valorizzare costantemente tutta la liquidità in eccesso disponibile.
Vediamo allora quanti conti in banca sarebbe bene avere secondo gli esperti per gestire al meglio i soldi, gli stipendi e le entrate varie di una famiglia.
Il conto corrente bancario principale
L’ordinamento non indica un numero preciso di rapporti bancari attivi che un cittadino, un single o una famiglia può avere simultaneamente. Tuttavia, non ha senso averne tanti per evitare confusioni e doppioni di spesa, mentre ha senso avere solo quelli “giusti”. Secondo gli esperti andrebbero bene 2 conti correnti (bancario o postale in base alle proprie preferenze) e 1 conto deposito, ognuno aperto per una specifica, precisa funzione di base.
Al c/c principale, monointestato (pensiamo al single) o cointestato (pensiamo alla famiglia) sarebbe demandata la funzione di accogliere tutte le entrate, periodiche e non. I flussi finanziari in entrata dovrebbero confluire su un unico rapporto bancario che dovrebbe essere il più completo possibile in termini di servizi offerti.
Qui dovrebbero confluire salari e stipendi, vitalizi, aiuti e/o sovvenzioni statali, pigioni attive, redditi da capitale (cedole e dividendi), incassi extra come vincite al gioco, etc.
Sullo stesso rapporto bancario, inoltre, dovrebbero confluire tutte le spese fisse del mese. Quali sarebbero? Semplice: quelle per le quali a inizio mese siamo già certi di dover pagare nei prossimi 30 giorni. È il caso della rata del mutuo o dell’affitto, delle spese condominiali e delle utenze domestiche, dell’RCA auto (per il mese/i in cui scade il premio), gli abbonamenti ai trasporti pubblici o ai servizi privati vari, etc.
Il vantaggio di una simile scelta è che si pagherebbero una volta sola le spese bancarie per un unico prodotto efficiente e completo. Inoltre si condividerebbe con i terzi un solo IBAN, sia in entrata che in uscita.
Per gestire i soldi, gli stipendi e le entrate di una famiglia quanti conti in banca è bene avere e perché?
Ora occorre gestire le spese variabili, dette anche voluttuarie, cioè quelle dirette a soddisfare bisogni non primari o comunque le spese non incluse nel primo gruppo.
Qui incontriamo le spese per la visita medica dell’ultima ora, la cena al ristorante con gli amici o il weekend fuori porta con la famiglia. Oppure le spese per acquistare capi d’abbigliamento, fare un regalo per un evento, la partita a padel con gli amici, etc.
Queste spese andrebbero gestite attraverso un 2° c/c che dovrebbe rispettare tre caratteristiche chiave:
- dovrebbe essere free, a canone nullo, per evitare doppioni di spesa nel caso in cui (probabile) il 1° c/c fosse a pagamento;
- essere dotato di una carta di credito che giri, cioè che sia accettata, sulla maggior parte dei circuiti di pagamento;
- essere alimentato esclusivamente con le provviste finanziarie provenienti dal 1° c/c. Questa cifra mensile stornata dal c/c principale funge da budget mensile destinato alle sole spese variabili (al netto delle eccezioni vitali), ed essere alimentato solo nel mese successivo.
Valorizzare sempre i soldi liquidi in eccedenza
Il 3° rapporto attivo, infine, sarebbe il conto deposito (CD), in genere privo di costi di gestione, spese fiscali escluse. Qui andrebbe stornata in maniera scientifica, sistematica, una X quota percentuale (il 5, il 10 o il 20%, per esempio) di ogni forma di entrata mensile significativa. Cioè in teoria non si dovrebbero avere incassi mensili (al netto di quelli di modesta entità) da destinare integralmente alle spese, fisse o variabili che siano.
Il CD consente di mettere soldi da parte e di valorizzarli sul breve termine con tassi che possono giungere anche al 3,50-4%. Il rapporto andrebbe alimentato fino a una certa entità, superata la quale andrebbe “azzerato” prima di ricominciare. Il capitale nel frattempo accumulato, in sostanza, andrebbe tolto e reinvestito in altre forme di investimento di medio-lungo termine più remunerative del CD.
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