Chi va in pensione nel 2023 potrà godere dell’aumento dei coefficienti di trasformazione. Ecco tutte le istruzioni utili per farsi un’idea di quanto si prenderà di assegno.
Per capire quanto prende di pensione chi smette di lavorare nel 2023 bisogna guardare alle regole di calcolo generalmente previste.
Per chi va in pensione oggi la pensione è generalmente calcolata secondo due differenti sistemi:
- il misto, dove la parte di contributi accreditata entro il 31 dicembre 1995 viene calcolata con il sistema retributivo e quella successiva con il contributivo. Per chi invece alla data del 31 dicembre 1995 poteva vantare almeno 18 anni di contributi, il sistema retributivo si applica fino al 31 dicembre 2011, mentre con il contributivo il periodo restante;
- esclusivamente con il contributivo per coloro che non hanno contributi versati entro il 31 dicembre 1995.
Tutto, quindi, dipende dalla situazione contributiva dell’interessato, il quale avrà una pensione tanto più alta quanto più è rilevante la quota di retributivo (visto che tale sistema di calcolo è più vantaggioso rispetto al contributivo).
Va detto però che quest’anno ci sono delle novità importanti per quanto riguarda la quota di pensione calcolata con il regime contributivo: sono stati aggiornati, e rivisti al rialzo, infatti, i cosiddetti coefficienti di trasformazione, ossia quei parametri utilizzati per trasformare il montante contributivo nell’importo annuo di pensione.
Andare in pensione nel 2023, quindi, è più conveniente rispetto agli anni scorsi.
Ma guardiamo nel dettaglio a quali sono le regole per il calcolo della pensione nel 2023, così da farsi un’idea su quale sarà l’importo dell’assegno riconosciuto a coloro che verranno collocati in quiescenza nell’anno corrente.
Calcolo della quota retributiva della pensione 2023
Come detto sopra, per i contributi versati prima del 31 dicembre 1995, oppure 31 dicembre 2011 per coloro che potevano vantare 18 anni di contributi entro la fine del 1995, si applica il sistema di calcolo retributivo.
Si tratta di un sistema molto vantaggioso per il lavoratore, in quanto considera perlopiù gli ultimi anni di lavoro, quando solitamente si guadagna di più.
Nel dettaglio, si prendono le migliori retribuzioni percepite negli ultimi anni e si fa una media: di questo valore se ne prende una certa quota, solitamente il 2%, per ogni anno di contributi versati.
Ad esempio, il lavoratore con 15 anni di contributi nel retributivo avrà diritto al 30% della media delle ultime retribuzioni. Consideriamo che abbia guadagnato in media 40.000 euro, avrà diritto a una pensione, per la parte del retributivo, pari a 12.000 euro annui.
È importante specificare che ai fini del calcolo retributivo della pensione le retribuzioni vengono rivalutate di anno in anno, adeguandole all’andamento dell’inflazione. Per chi va in pensione nel 2023 la tabella da prendere come riferimento non è stata ancora pubblicata (e probabilmente lo sarà solo in primavera); per il momento è possibile farsi un’idea su come vengono rivalutate le retribuzioni ai fini del calcolo retributivo della pensione guardando ai coefficienti aggiornati al 2022.
Calcolo della quota contributiva della pensione 2023
Per la quota di contributi restante, invece, si applica il sistema contributivo, per il quale viene dato maggior peso ai contributi effettivamente versati dal lavoratore nel corso della carriera.
Questi, infatti, vengono accumulati nel cosiddetto montante contributivo, il quale ogni anno viene rivalutato applicandovi il tasso di capitalizzazione. Il coefficiente annuo per il 2022, valido quindi per chi andrà in pensione nel 2023, è stato ufficializzato dal ministero del Lavoro lo scorso novembre, e - considerando un tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nei cinque anni precedenti al 2022 pari a 0,009973 - ne è risultato un valore pari all’1,009973.
Ma la novità più importante riguarda il parametro con cui il montante contributivo, quindi la quota di contributi versata e rivalutata con il suddetto tasso di capitalizzazione, si trasforma in pensione. I coefficienti di trasformazione, infatti, vengono rivisti ogni biennio e per la prima volta nel biennio 2023-2024 risultano più vantaggiosi rispetto agli ultimi anni: questo perché tali parametri tengono conto delle speranze di vita, notevolmente diminuite nell’ultimo periodo a causa del Covid. Il risultato è che nel 2023 il montante contributivo diventerà pensione applicando i seguenti coefficienti:
Età di pensionamento | Coefficienti |
---|---|
57 | 4,27% |
58 | 4,38% |
59 | 4,49% |
60 | 4,62% |
61 | 4,74% |
62 | 4,88% |
63 | 5,03% |
64 | 5,18% |
65 | 5,35% |
66 | 5,53% |
67 | 5,72% |
68 | 5,93% |
69 | 6,15% |
70 | 6,40% |
71 | 6,66% |
Come potete vedere, il coefficiente è tanto più alto quanto più si ritarda l’accesso alla pensione. D’altronde era proprio questo l’obiettivo del legislatore, il quale ha voluto premiare chi va in pensione più tardi.
Ad esempio, nel 2023 chi ha un montante contributivo di 200.000 euro e va in pensione a 67 anni (pensione di vecchiaia), otterrà una pensione di 11.440 euro annui, a cui va aggiunta un’eventuale quota calcolata con il retributivo.
Con lo stesso montante contributivo, ma ritardando l’accesso alla pensione a 68 anni, invece, la pensione percepita sarebbe stata pari a 11.860 euro, con un incremento di 400 euro l’anno per merito di un coefficiente di trasformazione più vantaggioso.
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