Quanto spende l’Italia per l’Unione europea

C. G.

27/10/2018

L’Italia è un contributore netto dell’Unione europea: quanti soldi abbiamo versato nelle casse di Bruxelles negli ultimi 7 anni?

Quanto spende l’Italia per l’Unione europea

Negli ultimi 7 anni l’Italia ha versato all’Unione europea ben 113,1 miliardi di euro.

Per contro, invece, Bruxelles ne ha inviati al Belpaese «soltanto» 75,4, il che ci ha reso contributori netti per 37,7 miliardi, con una media di 5 miliardi all’anno.

Ad alzare il velo sulle modalità con cui l’Italia contribuisce all’Unione europea è stata un’interessante analisi del Centro studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione di dati della Commissione europea.

“È chiaro che i flussi finanziari non sono tutto e che la mera aritmetica tra quanto versiamo e quanto riceviamo da Bruxelles non garantisce un quadro completo della nostra partecipazione al programma di integrazione europeo. Però quei numeri dicono comunque molto sul ruolo che abbiamo e su quello che dovremmo avere”,

ha tenuto a precisare Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro.

Ue: chi contribuisce di più e di meno

Secondo la ricerca, non è soltanto l’Italia a vantare una posizione di contributore netto (chi versa più di quanto riceve) nei confronti dell’Ue. Anche diverse altre economie si trovano - chi più e chi meno - nella stessa situazione del Belpaese. Tra i suoi contributori netti più grandi la Ue può contare sicuramente su:

  • Germania: -104,7 miliardi in sette anni
  • Regno Unito: -66,8 miliardi
  • Francia: -57,3 miliardi

Ma chi contribuisce «di meno» all’Unione europea? Secondo la ricerca ci sono diversi Stati che ricevono più soldi di quanti ne versano (percettori netti):

  • Spagna: 14,9 miliardi
  • Portogallo: 20,4 miliardi
  • Grecia: 31,8 miliardi

“L’andamento della nostra economia negli anni dell’euro è stato sempre peggiore della media dei nostri partner continentali. Eppure il nostro Paese ha versato nelle casse dell’Unione più di quanto ha ricevuto in cambio, ha partecipato a strumenti di stabilità finanziaria di cui non ha mai usufruito, ha pagato con l’instabilità politica interna e un’endemica debolezza economica la sua partecipazione a mercato e moneta unica. La posizione di contributori netti dovrebbe garantirci maggiore autorevolezza nella trattativa con gli altri Paesi,”

ha concluso Blasoni.

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