ReArm Europe, quello che non ci dicono: perché alla fine ci guadagneranno Germania e Francia

Alessandro Cipolla

18 Marzo 2025 - 08:21

Tutti parlano del ReArm Europe, il piano da 800 miliardi per armarsi, ma in pochi hanno spiegato come verranno spesi questi soldi e perché a guadagnarci potrebbero essere Germania e Francia.

ReArm Europe, quello che non ci dicono: perché alla fine ci guadagneranno Germania e Francia

Per spiegare al meglio il ReArm Europe - il piano da 800 milioni voluto da Ursula von der Leyen per permettere agli Stati membri dell’Ue di aumentare la propria spesa militare a causa della minaccia di una possibile guerra con la Russia - può essere presa in prestito una celebre frase pronunciata da Gary Lineker, grande attaccante inglese da tempo diventato Oltremanica uno dei più apprezzati commentatori calcistici.

Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince”. Se questa massima la trasferiamo dal mondo del calcio a quello comunitario, sembrerebbe calzare a pennello quando si parla di questo nuovo bazooka a disposizione dell’Unione europea.

Per prima cosa bisogna spiegare come il ReArm Europe è stato approvato. Per accelerare con i tempi, la presidente della Commissione europea ha deciso di utilizzare l’Articolo 122 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

In questo modo a von der Leyen è bastato incassare il disco verde da parte del Consiglio europeo - con il sì anche di Giorgia Meloni - senza passare per le Forche Caudine dell’Eurocamera. In sostanza il piano non è stato approvato dal Parlamento europeo - che si è limitato poi a votare una risoluzione -, ma solo dai 27 leader comunitari.

Un modus operandi quasi carbonaro, ma c’è molta confusione - e poca chiarezza - anche su come verranno spesi questi 800 miliardi che serviranno a rendere gli eserciti dei vari Stati dell’Ue più moderni e capaci di poter affrontare la Russia, come se una guerra prima o poi fosse inevitabile.

Come saranno spesi gli 800 miliardi del ReArm Europe

Il piano ReArm Europe presentato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, lo scorso 4 marzo, mira a mobilitare fino a 800 miliardi di euro per potenziare le capacità difensive dell’Unione europea.

Il totale degli 800 miliardi è così suddiviso: 650 miliardi dipenderanno dalla volontà degli Stati membri di investire nella difesa, mentre i restanti 150 miliardi proverranno dai fondi dell’Ue.

Entriamo però più nello specifico e, in merito alla fetta più consistente di questa ricca conta, possiamo prendere in prestito le parole proprio di Ursula von der Leyen: “Se gli Stati membri aumentassero la loro spesa per la difesa dell’1,5% del Pil in media (che è il limite stabilito dalla Commissione per la spesa aggiuntiva per la difesa all’anno), ciò potrebbe creare uno spazio fiscale di circa 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni".

In sostanza ogni Paese potrà aumentare fino all’1,5% in più del proprio Pil per la spesa militare, soldi questi che saranno esclusi dal calcolo del deficit pubblico per un periodo di quattro anni. Una decisione questa che è stata molto gradita da parte della nostra premier Giorgia Meloni.

Nel 2025 la spesa militare dell’Italia sarà pari a 31,3 miliardi di euro, ovvero l’1,57% del Pil. Se il nostro Paese dovesse sfruttare a pieno questo margine - arrivando così al 3% -, significherebbe che ci andremmo a indebitare per altri 30 miliardi di euro l’anno per i prossimi quattro anni.

I restanti 150 miliardi - reindirizzati da fondi esistenti, come quelli della politica di coesione - proverrebbero da un nuovo strumento di difesa, che consentirebbe alla Commissione di contrarre prestiti sui mercati dei capitali per emettere obbligazioni ed erogare prestiti agli Stati membri.

La cifra di 150 miliardi rappresenta una porzione enorme del bilancio assegnato alle politiche di coesione, ed è molto più di quanto l’Europa sia stata disposta a spendere in oltre sette anni per combattere il cambiamento climatico.

Perché con il ReArm Europe a guadagnarci sarebbero Germania e Francia

Per cosa verranno spesi tutti questi soldi? La risposta ce l’ha fornita sempre Ursula von der Leyen: “Stiamo parlando di [finanziare] settori di capacità paneuropei come ad esempio la difesa aerea e missilistica, i sistemi di artiglieria, i missili e le munizioni, i droni e i sistemi anti-droni, ma anche di rispondere ad altre esigenze, dalla mobilità informatica a quella militare”.

In questo scenario c’è un’altra domanda che serpeggia tra gli analisti del Vecchio Continente: chi beneficerà di questi 800 miliardi che andranno a ingrossare il debito pubblico degli Stati membri dell’Unione europea?

Mentre i cittadini europei hanno ora meno probabilità di vedere i finanziamenti destinati a programmi sociali, riduzione della povertà o azioni per il clima - ha scritto in una nota The Left, il gruppo parlamentare più spostato a sinistra all’interno dell’Eurocamera -, i produttori e i trafficanti di armi trarranno vantaggio da miliardi di sussidi finanziati dai contribuenti. Le azioni degli esportatori di armi BAE, Rheinmetall, Thales e Leonardo sono salite alle stelle negli ultimi giorni. A queste aziende non importa del destino dell’Ucraina. A loro importa solo del miglior offerente”.

La nostra Leonardo presto potrebbe siglare due joint venture con i tedeschi di Rheinmetall e i turchi di Baykar; nel primo caso ci sarebbe in ballo una commessa da 23 miliardi per produrre circa 280 carri armati e 1.000 mezzi di fanteria leggeri per l’Esercito Italiano, mentre la seconda invece riguarderebbe i sistemi aerei senza pilota.

L’Italia però avrebbe una capacità limitata rispetto a Francia e Germania, pronti a riconvertire parte della propria produzione industriale passando dalle automobili ai carri armati come nel caso della Volkswagen, anche se pure da noi si è parlato di una mossa simile da parte di Stellantis a Cassino.

La Germania in recessione e la Francia da tempo in difficoltà politica ed economica, potrebbero così beneficiare più di tutti degli 800 miliardi messi sul piatto dalla tedesca von der Leyen per mezzo del ReArm Europe.

Il vantaggio di Berlino e Parigi non è casuale - ha scritto Giuseppe Gagliano su Lafionda.org -. Entrambi i Paesi vantano industrie manifatturiere avanzate, capaci di passare rapidamente dalla produzione civile a quella militare. In Germania, aziende come Rheinmetall stanno già assorbendo manodopera qualificata da giganti dell’auto come Bosch e Continental, mentre Volkswagen potrebbe presto seguire lo stesso percorso. In Francia, la filiera di KNDS e Thales è pronta a rispondere alla domanda crescente di tecnologia militare sofisticata. Inoltre, la loro posizione dominante nel mercato europeo permette di attrarre la maggior parte dei contratti previsti dal piano Ue, che privilegia l’acquisto interno per garantire ‘interoperabilità e consolidamento industriale’”.

Ci indebiteremo fino al collo per armare il nostro Esercito, rischieremo di penalizzare ulteriormente la spesa per il sociale nonostante le rassicurazioni a riguardo del ministro Giorgetto, potremmo finire nel mirino degli squali dei Mercati e, alla fine, probabilmente a vincere sarà come sempre la Germania.

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