Niente assegno di divorzio se si percepisce il reddito di cittadinanza: il tribunale di Avellino introduce un nuovo principio giuridico in merito a una vertenza tra due coniugi separati.
Una sentenza importante quella del tribunale di Avellino che offre nuove riflessioni riguardanti l’influenza del reddito di cittadinanza percepito dall’ex coniuge sulla domanda per l’assegno di divorzio.
Si tratta di un principio giuridico innovativo introdotto dal Foro Irpino per una vicenda legata a una causa tra ex coniugi. Alla donna è stato revocato l’assegno di mantenimento perché percepiva il reddito di cittadinanza. Una nuova interpretazione dunque: in altri giudizi le Corti sono sempre intervenute con la riduzione dell’ammontare dell’assegno, ma non la revoca.
Ebbene, quali sono le implicazioni che il reddito di cittadinanza può avere sul patrimonio del richiedente l’assegno?
La direzione della giurisprudenza in esame ritiene rilevante la riscossione del reddito di cittadinanza ma questo non significa in assoluto che chiunque lo percepisca non abbia più diritto all’assegno dopo il divorzio o la separazione. Per ogni caso il giudice deve fare una valutazione in concreto della reale situazione economica del beneficiario, tenendo in considerazione qualsiasi tipo di reddito, e poi decidere se l’assegno di divorzio è cumulabile oppure no.
Approfondiamo in questo articolo come la Corte di Avellino ha valutato la vicenda.
Reddito di cittadinanza nella separazione o divorzio: cosa dice la legge
Secondo la legge, in caso di separazione dei coniugi, l’ex consorte con un reddito inferiore, ha diritto all’assegno di mantenimento purché a esso non sia stata addebitata la separazione. Ricordiamo che l’addebito si ha quando il giudice ritiene che la separazione è avvenuta a causa di evidenti responsabilità del coniuge che chiede l’assegno.
Se però, il coniuge che chiede l’assegno, o che beneficia già dell’assegno, percepisce anche il reddito di cittadinanza, cosa succede?
Nonostante non ci sia, dal punto di vista normativo, nulla di specifico in merito, è tuttavia interessante esaminare come la giurisprudenza si stia muovendo verso una volontà di riduzione o revoca dell’assegno divorzile.
Assegno di divorzio revocato a chi percepisce il reddito di cittadinanza: il caso
Il caso in esame fa riferimento a una vertenza di divorzio tra due coniugi separati. Si tratta di un bancario di 58 anni e una casalinga di 60, entrambi residenti nel capoluogo irpino.
Nel corso della vertenza la signora, che percepiva già l’assegno di mantenimento pari a 700 euro mensili, aveva chiesto la conferma del contributo sostenendo la propria inadeguata condizione economica, lo stato di disoccupazione e affermando che anche durante il periodo trascorso con il marito viveva una condizione economica modesta.
Dagli accertamenti è emerso che la donna aveva presentato domanda per il reddito di cittadinanza. Beneficio che successivamente aveva anche ottenuto.
Secondo il Tribunale di Avellino, il coniuge separato percettore del reddito di cittadinanza perde il diritto all’assegno di divorzio, quindi al mantenimento, in considerazione del fatto che il sussidio sociale implica capacità e idoneità al lavoro incompatibile con la istanza di mantenimento. Di qui la donna si è vista revocare l’assegno divorzile.
Reddito di cittadinanza e assegno di mantenimento: la Giurisprudenza
I giudici del tribunale Avellinese sono partiti, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, dall’insegnamento delle Sezioni Unite del 2018, per il quale si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale.
Ripercorrendo nella sostanza le ultime interpretazioni giurisprudenziali date dalla Cassazione nella sentenza 38362/2021 e Cassazione 24250/2021, si evince che:
l’assegno di divorzio deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole in funzione perequativo compensativa del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali che il richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare nel giudizio al fine di contribuire ai bisogni della famiglia.
La composizione della nuova regola di giudizio dà conto di un nuovo onere della prova a carico del richiedente l’assegno divorzile, in cui entra a far parte la perdita di occasioni professionali in ragione della scelta, maturata all’esito del matrimonio e condivisa con l’altro, di dedicarsi alle esigenze della famiglia con sperequazione economico-reddituale dei divorziandi.
Sciolto dunque il vincolo coniugale, in linea di principio, ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento; tuttavia, tale principio è derogato in base alla disciplina sull’assegno divorzile, oltre che nell’ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall’uno all’altro coniuge, «ex post» divenuto ingiustificato.
Spostamento patrimoniale che in tal caso deve essere corretto attraverso l’attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa.
Pertanto, ove ne ricorrano i presupposti e vi sia una specifica prospettazione in tal senso, l’assegno deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole, del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali, che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare nel giudizio, al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo assistenziale.
Ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio perciò:
deve adottarsi un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente l’assegno, alla formazione del patrimonio comune nonché di quello personale dei singoli coniugi, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto.
Perché il Tribunale di Avellino ha revocato l’assegno di mantenimento
Sulla base dei principi sopra citati, i giudici, anche alla luce della circostanza emersa nel corso del giudizio, del percepito beneficio del reddito di cittadinanza da parte della moglie, ritiene di eliminare, revocandolo, l’assegno di mantenimento a carico del marito, avvallando alcuni criteri risultati determinati:
- la breve durata del matrimonio (solo due anni sposati);
- il mancato incremento dovuto a opera o attività della moglie del patrimonio familiare e/o personale del marito;
- la mancata prova della rinuncia della moglie ad aspirazioni sue personali o professionali.
Infine, l’attribuzione del beneficio sociale da parte della moglie, avvalora la teoria dei giudici per la revoca dell’assegno di divorzio.
Ricordiamo difatti che Il beneficio sociale del reddito di cittadinanza è condizionato ex art. 4 d.l. n 4 del 2019 alla previa manifestazione di disponibilità del beneficiario al reinserimento lavorativo, il che comporterebbe la immediata considerazione della abilità al lavoro del richiedente, fatto in sé capace di influire in negativo sul riconoscimento dell’assegno di divorzio.
Reddito di cittadinanza e assegno di divorzio: comparazione dei redditi
Quanto sopra detto non deve far pensare a una incompatibilità assoluta tra reddito di cittadinanza e assegno di divorzio/separazione. Non è scontato determinare in via automatica la eliminazione del mantenimento, ma continua a essere di fondamentale rilievo la comparazione reddituale dei divorziandi.
La decisione compete al giudice sempre in ogni caso. Egli è chiamato a valutare la situazione reddituale e patrimoniale degli ex coniugi.
Se gli importi consentono una vita dignitosa, vale a dire che non mancano i beni di prima necessità e le risorse per provvedere alla propria salute, l’assegno non è dovuto. Questo può anche essere ridotto nella misura stabilita dal giudice in base alle concrete esigenze dell’ex coniuge.
Sul reddito di cittadinanza possiamo però affermare che si tratta di una componente effettiva del reddito individuale che incide sulla liquidazione dell’assegno divorzile, producendo esso contributo e che muta sostanzialmente la capacità patrimoniale del coniuge richiedente.
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