Abbiamo chiesto a Giampiero Proia, professore di Diritto del lavoro all’università Roma Tre, se il Reddito di cittadinanza è un diritto acquisito e se è legittimo toglierlo nel 2023.
Si può davvero togliere il Reddito di cittadinanza dopo otto mesi a chi oggi ne avrebbe diritto per più tempo? Il governo Meloni ha inserito in legge di Bilancio una dura stretta al sussidio pubblico. Dal prossimo anno si distinguerà tra chi è ritenuto occupabile, cioè che può trovare lavoro e chi no. Per quest’ultimi l’assegno sarà erogato solo fino al 30 agosto 2023, poi verrà cancellato.
La platea complessiva oggi è di oltre 1 milione e 39mila famiglie interessate. Di queste 404mila nuclei verranno esclusi, a partire da settembre 2023. Viene ritenuto occupabile chi ha tra i 18 e 59 anni e non ha a carico minori, disabili o ultrasessantenni.
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Chi però, con queste caratteristiche, ha appena fatto domanda o ha iniziato a ricevere ora il Reddito di cittadinanza vedrà la durata del sussidio ridursi sostanzialmente: dagli attuali 18 mesi a un massimo di 8 mensilità nel periodo tra il 1° gennaio e il 31 agosto 2023. Dimezzato, in pratica, e senza possibilità di proroga.
Per questo sono sorti alcuni dubbi sulla legittimità del provvedimento: è davvero possibile dal punto di vista legale e costituzionale eliminare un sussidio che potrebbe essere considerato un “diritto acquisito”? Abbiamo cercato di chiarire il dubbio con Giampiero Proia, professore di Diritto del lavoro all’università Roma Tre e avvocato patrocinante presso la Corte di Cassazione.
Si può togliere il Reddito a chi oggi ne ha diritto?
Secondo Proia è “del tutto legittimo e costituzionale dal punto di vista del diritto interrompere a un certo punto la fruizione del Reddito per alcune categorie di persone”. Si può quindi togliere in corsa il Reddito perché “nei rapporti di durata la legge può intervenire anche mentre sono in essere”.
Oltretutto, aggiunge il giurista, “non si tratta di un diritto acquisito perché non è una pensione, è un trattamento di natura assistenziale, che non verrà eliminato del tutto, ma sostituito da altre forme di lotta alla povertà: bisognerà però vedere cosa prevederà il nuovo strumento”.
Sicuramente ci saranno migliaia di persone che rimarranno senza il Reddito da settembre 2023, ma il docente ricorda che “rimarranno comunque gli interventi di assistenza degli enti territoriali”.
Il Reddito di cittadinanza è un diritto acquisito?
Per il giurista, se si pone il problema del diritto acquisito, lo si deve fare anche con la durata di 18 mesi che è “temporanea, seppur era previsto il rinnovo tramite proroga non automatica, con tetto di disponibilità di finanza pubblica: anche per questo non è diritto acquisito, perché o viene rifinanziato il Reddito oltre i 18 mesi per tutti o già oggi non c’è prestazione”.
Secondo Proia, quindi, su questa materia bisogna “per forza fare i conti con l’evoluzione della situazione sociale ed economica”. Quello che è sicuro, però, è che “il sistema non può rimanere senza interventi a favore delle famiglie povere e in condizioni di disagio che impediscono l’occupabilità: questo è il concetto sacrosanto e che, se non si rispetta, può anche incorrere in violazione di principi costituzionali”.
La difficile distinzione tra occupabili e non occupabili
Il professore, pertanto, sottolinea che bisognerà stare attenti nel dividere tra gli occupabili e i non occupabili. “Ad oggi - dice - i servizi per l’impiego non funzionano e l’esperienza dei navigator è stata fallimentare. Il Reddito fu impostato velocemente, ora, prima di pensare al nuovo strumento contro la povertà, non bisogna fare passi falsi”.
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Il problema della legge, conclude Proia, “è che deve definire bene le differenze di situazioni tra nuclei familiari distinti”. Il punto, cioè “non è strumentalizzare i casi di truffa ai danni allo Stato, che sono l’iceberg di una legge poco dettagliata: le persone hanno il diritto di essere protette quando non c’è lavoro o altra attività che effettivamente lo può sostituire, l’assistenza pura va riservata a certe situazioni ben circoscritte”.
In tal senso oggi già emergono delle criticità: a differenza delle dichiarazioni e dei proclami con cui era stato annunciata la riforma del Reddito, nella bozza di manovra non compare alcuna definizione chiara di chi è occupabile e chi no. Non c’è alcun riferimento a disagi psico-fisico come causa di esclusione dalla platea degli occupabili, così come lo svolgimento di un tirocinio professionale o lo studio all’università.
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