L’Istat ha tracciato il profilo di chi perderà il Reddito di cittadinanza a partire da settembre 2023, con tutte le caratteristiche in base a sesso, età, regione e livello d’istruzione.
Generalmente maschio, single, con più di 45 anni, del Sud Italia e con un basso livello d’istruzione: è questo il profilo medio di chi perderà il Reddito di cittadinanza nel 2023. A rivelarlo è l’Istat, con il presidente Gian Carlo Blangiardo che ieri in audizione davanti alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, ha parlato della legge di Bilancio del governo Meloni, spendendo parole positive per il sussidio pubblico.
Secondo Blangiardo la misura introdotta dall’allora governo Conte I con il Movimento 5 Stelle e la Lega ha “rappresentato una tappa significativa nell’ammodernamento del welfare del nostro Paese”. Quindi ha sottolineato le criticità del sussidio, a partire dal problema dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro, ma ha anche avvertito che la stretta prevista dall’esecutivo rischia di aumentare la povertà.
Vediamo quindi nel dettaglio quali sono le caratteristiche della maggior parte delle persone che perderanno il Reddito nel 2023 e quali sono tutti i criteri aggiornati, in attesa dell’approvazione della manovra, per mantenerlo anche il prossimo anno.
Reddito di cittadinanza, chi sono gli occupabili?
Nella relazione presentata al Parlamento, Blangiardo spiega che il taglio del Reddito riguarderà 846mila persone, più delle 660mila inizialmente previste. Si tratta di più di un beneficiario su cinque, con un’incidenza di oltre il 33% se si considerano i percettori del sussidio tra i 18 e i 59 anni.
Proprio all’interno di questo range d’età il governo vuole individuare i cosiddetti occupabili, che avranno otto mesi di tempo per seguire dei corsi di formazione obbligatori. Poi, a partire dal 1° settembre 2023, perderanno il Reddito.
L’identikit di chi perderà il Reddito di cittadinanza nel 2023
Tra i beneficiari che verranno esclusi, la maggior parte sono over45. Nella fascia 45-49, tra gli attuali percettori, la metà saranno colpiti dal taglio. Verrebbero quindi colpiti i nuclei familiari di dimensioni ridotte, per lo più le persone single, con i maschi che saranno maggiormente colpiti rispetto agli uomini.
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Le regioni del Sud Italia, poi, essendo questa la zona del Paese con più beneficiari del Reddito, saranno nettamente più coinvolte dalla riforma targata Meloni rispetto alle altre aree della nazione.
La sforbiciata al sussidio, quindi, riguarderà quasi un terzo di chi oggi non ha un lavoro e non lo cerca (i cosiddetti “Neet”), che ha tra i 18 e i 29 anni e che ha un’istruzione più alta “rispetto alla restante platea dei beneficiari appartenenti alla stessa classe d’età”. Tradotto: non avranno più il Reddito i giovani disoccupati leggermente più istruiti dei coetanei che lo manterranno.
Reddito di cittadinanza, tutti i criteri per mantenerlo
Quanto ai criteri per mantenere fino alla fine del prossimo anno il Reddito, in attesa della riforma complessiva annunciata dal governo per il 2024, con l’avvio di un nuovo strumento contro la povertà, il governo ha fatto chiarezza. Anche le donne incinte rientrano tra i casi di esclusione dal taglio. Assieme a loro saranno tutelati i percettori che hanno meno di 18 anni o più di 59 o che hanno in famiglia almeno un minore, un ultrasessantenne o una persona disabile.
Per il resto nella manovra non compare una definizione esatta di chi è occupabile e chi no. Ad esempio, quindi, non c’è nessun riferimento a tutti i disagi psico-fisico della persona singola come causa di esclusione dalla platea degli occupabili, così come non c’è rimando esatto allo studio all’università o allo svolgimento di un tirocinio professionale.
Va anche risolto il nodo dei “care leavers”, a molti dei quali è stata già stata bloccata l’erogazione del sussidio, con difficoltà per riottenerlo. Sono ragazze e ragazzi che escono da case famiglia e strutture di accoglienza una volta maggiorenni e provano a diventare indipendenti.
L’aumento della povertà senza il Reddito
Secondo l’Inps, infine, senza il Reddito di cittadinanza nel 2020 ci sarebbero stati un milione di individui poveri in più. Per questo il taglio al sussidio rischia di “rafforzare” la povertà, a meno che non si riesca a trovare un modo per dare lavoro entro la fine del 2023 a quasi un milione di persone che rimarranno senza. Una missione al quanto difficile.
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