Il Rapporto annuale Confcommercio-Censis evidenzia come il reddito pro capite degli italiani sia nettamente diminuito dal 1995 a oggi: il calo è stato di 150 euro in termini reali.
Il reddito pro capite degli italiani è sceso di 150 euro in termini reali rispetto al 1995. Detto in maniera semplicistica, gli italiani sono più poveri di 30 anni fa. Nel 2022, infatti, a prezzi costanti il reddito disponibile pro capite si è attestato a 21.081 euro. Come detto, sono 150 euro in meno in termini reali rispetto alla metà degli anni Novanta.
Il dato emerge dal Rapporto annuale Confcommercio-Censis sulla fiducia e i consumi delle famiglie: l’indagine è stata condotta dal 21 aprile al 4 maggio e ha preso in considerazione un campione di mille famiglie, stratificato per area geografica di residenza.
Il dato del 2022 sul reddito disponibile pro capite preoccupa perché evidenzia come non si sia riusciti neanche a tornare al dato del 2019, pre-Covid, quando la cifra media ammontava a 21.175 euro. Ancor peggio va se si confronta il reddito dell’ultimo anno con quello del 2007, quando si è toccato il massimo: 22.801 euro disponibili.
Scende il reddito degli italiani: chi ci rimette di più
Dallo studio emerge un dato importante sulle persone più penalizzate da questo trend negativo: sono le giovani generazioni quelle più fragili “dal punto di vista socio-economico e occupazionale“. Sono soprattutto i giovani, tra l’altro, a dirsi preoccupati “dalla dimensione economica del fare famiglia e fare figli”. Quindi la scarsa propensione a fare figli dipende, secondo l’indagine, soprattutto dal reddito disponibile e dalla sicurezza del posto di lavoro.
La spesa reale va meglio del reddito
Leggermente meglio va in riferimento al dato sulla spesa reale, anche grazie alla crescita della propensione al consumo, secondo quanto spiega Mariano Bella, dell’ufficio studi di Confcommercio. In particolare “abbiamo recuperato quasi i livelli del 2019, ma siamo sotto i massimi del 2007 ancora di 800 euro a testa”.
Questi dati derivano anche da ciò che è successo durante e dopo la pandemia, considerando gli aiuti pubblici erogati con il Covid. “Nel 2020 - sottolinea Bella - i consumi sono calati molto più del reddito disponibile reale e questo ha generato risparmio in eccesso. Poi, a fronte di redditi solo moderatamente crescenti nel biennio 2021-2022, c’è stato il quasi recupero dei consumi”.
In sostanza questo vuol dire che i consumi sono stati sostenuti soprattutto dal risparmio che è derivato soprattutto dai sostegni pubblici che, sottolinea ancora l’ufficio studi di Confcommercio, “hanno funzionato”.
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La fiducia delle famiglie
Un altro dato riguarda la fiducia delle famiglie che è ai massimi, ma questo produce comunque un paradosso: le intenzioni di acquisto sono inferiori non solo rispetto al 2022, ma anche in confronto al 2019. Non basta una situazione generale confortante, quindi, perché preoccupano l’inflazione ancora elevata e la riduzione degli aiuti pubblici. Per questo le famiglie sembrano intenzionate a tornare a risparmiare, riducendo quindi le intenzioni di spesa, per affrontare eventuali periodi d’incertezza.
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