Domenica 12 giugno gli italiani hanno votato per i cinque quesiti referendari sulla giustizia, ma il quorum non è stato raggiunto: quali saranno le conseguenze e cosa c’entra la riforma Cartabia?
Referendum sulla giustizia: niente quorum per i cinque quesiti su cui gli italiani hanno votato domenica 12 giugno: l’affluenza, stando ai primi exit poll, è intorno al 20%. Gli elettori sono stati chiamati alle urne per un referendum abrogativo, che si è tenuto in contemporanea con le elezioni amministrative in quasi mille comuni italiani.
Il voto si è tenuto in un’unica giornata, dalle 7 alle 23, ma il quorum del 50% più uno dei votanti non è stato raggiunto. Se si fosse raggiunta la maggioranza dei votanti e avesse vinto il Sì per i cinque quesiti si sarebbe deciso di abrogare altrettante norme, con il No, invece, si votava per lasciarle così come sono attualmente.
Qui una guida a cosa sarebbe potuto succedere in caso di vittoria del Sì e del No:
Non essendo stato raggiunto il quorum, invece, cosa succede? Quali sono le conseguenze della alta astensione e del mancato raggiungimento del 50% più uno dei votanti? Per capirlo partiamo dai quesiti che riguardano la legge Severino, le misure cautelari, la separazione delle carriere e la valutazione dei magistrati e le candidature al Csm.
Il referendum abrogativo deve essere richiesto da almeno 500mila elettori o da cinque consigli regionali e poi deve essere giudicato ammissibile dalla Corte costituzionale. In questo caso i cinque quesiti sono stati promossi dalla Lega e dal Partito Radicale e sono stati presentati dopo l’approvazione di nove Consigli regionali. Fatte queste premesse, capiamo insieme cosa succede ora che non è stato raggiunto il quorum.
Cos’è il quorum e perché è necessario per i referendum abrogativi
I referendum abrogativi sono disciplinati dall’articolo 75 della Costituzione: “La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”.
L’articolo 75 introduce il concetto di quorum, ovvero il fatto che il voto viene ritenuto valido solamente se alla votazione partecipa almeno il 50% più uno degli aventi diritto (parliamo di quasi 26 milioni di persone). Per i referendum abrogativi il raggiungimento del quorum è un requisito necessario, altrimenti la votazione non è ritenuta valida e non ha efficacia.
Cosa succede se non si raggiunge il quorum: le conseguenze
Il raggiungimento del quorum ai referendum sulla giustizia era tutt’altro che scontato. Secondo le previsioni raggiungere il 50% più uno dei voti sembrava un’impresa quasi impossibile, come poi dimostrato dai dati reali sull’affluenza. Finora in Italia il quorum è stato raggiunto in 39 quesiti referendari su 67. Ma dal 1997 a oggi non è stato raggiunto quasi mai: solo nel 2011 la partecipazione ha riguardato la maggioranza degli elettori.
Ma quali saranno le conseguenze con il mancato raggiungimento del quorum sui cinque quesiti? Di fatto non cambia niente rispetto a oggi. Ma andiamo con ordine. Con il primo quesito (scheda rossa), con bassa partecipazione al voto e niente quorum, la legge Severino rimane così com’è, lasciando l’automatismo dell’incandibabilità e della decadenza degli amministratori locali e nazionali in caso di condanna.
Con il mancato raggiungimento del quorum al secondo quesito (scheda arancione) non cambia nulla sulle misure cautelari: restere la possibilità di infliggere la custodia cautelare in carcere o domiciliare in caso di rischio di reiterazione del reato. Per il terzo quesito (scheda gialla), senza quorum resta la possibilità per il magistrato di passare dalle funzioni di giudice a quelle di pm (e viceversa).
Non essendo passato il quarto quesito (scheda grigia), avvocati e accademici continueranno a non poter votare per la valutazione dei magistrati. Infine, con il quinto quesito (scheda verde), senza raggiungimento del quorum resta l’obbligo di raccogliere almeno 25 firme per presentare la candidatura al Consiglio superiore della magistratura. Ma per questi ultimi tre quesiti qualcosa potrebbe cambiare comunque, vediamo perché.
Niente quorum ai referendum: cosa cambia con la riforma Cartabia
Subito dopo il referendum l’Aula del Senato dovrà esprimersi con il voto finale sulla riforma Cartabia (il 15 giugno) che tocca alcuni dei punti inseriti nei quesiti. In particolare la legge interviene sulle carriere dei giudici, sulla presenza degli avvocati nei consigli giudiziari e sulle firme da presentare per candidarsi al Csm. Quindi, anche senza il raggiungimento del quorum, qualcosa potrebbe cambiare ugualmente.
Per quanto riguarda la separazione delle carriere, oggi i magistrati possono sfruttare quattro passaggi (da giudici a pm o viceversa): con il referendum non ne sarebbe stato possibile nessuno, con la riforma Cartabia solo uno e soltanto nei primi dieci anni di carriera. Sulla valutazione dei magistrati, invece, la riforma aprirebbe al voto dell’avvocatura sui magistrati, ma contrariamente a quanto previsto dal referendum non consentirebbe diritto di voto agli accademici.
Il terzo tema su cui interviene la riforma è quello del quinto quesito, sulla raccolta delle firme per candidarsi al Csm. In effetti il quesito sarebbe comunque superato dalla riforma Cartabia che già prevede la cancellazione delle firme per candidarsi (oltre a nuove regole per l’elezione del Csm). Quindi, in sostanza, anche se il quorum non è stato raggiunto, almeno per tre quesiti su cinque qualcosa potrebbe ugualmente cambiare.
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