Inversione contabile o autofattura? Non sempre è facile comprendere la differenza e capire cosa è meglio utilizzare. Ecco una guida per non commettere errori.
Non sempre è facile comprendere come utilizzare il reverse charge correttamente visto che in caso di inversione contabile gli adempimenti necessari sono abbastanza complessi e possono generare anche confusione. Da tenere presente, inoltre, che in caso di errore le sanzioni possono essere anche molto pesanti visto che i controlli sono automatizzati e riescono a scoprire in modo abbastanza semplice errori e anomalie.
Chiariamo, quindi, fin da subito cos’è il reverse charge: si tratta di un meccanismo che sposta l’obbligo di versamento dell’Iva dal soggetto che emette la fattura al soggetto che la riceve. Questo significa che con l’inversione contabile debitore dell’Iva non è chi emette fattura, ovvero il fornitore, ma chi la riceve, ovvero il committente.
Infatti, in questo caso specifico, è il committente del servizio a dover pagare l’Iva, in luogo del fornitore. Le modalità per svolgere questa operazione si sono andate a complicare con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica e nel momento in cui si va a parlare anche di autofattura, la situazione diviene facilmente più complessa.
Vediamo quindi quali sono le regole da rispettare e come fare a utilizzare il reverse charge nel modo corretto e registrare l’autofattura.
Come funziona il reverse charge in breve
Il reverse charge, o inversione fiscale, è un meccanismo che è stato introdotto per combattere l’evasione fiscale. Infatti, proprio per questa sua particolarità, non può essere sempre utilizzato, ma solo in quelle occasioni che sono state identificate come più a rischio.
Nello specifico, infatti, la regola generale riguardante l’Iva prevede che la parte che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi debba poi andare ad addebitare l’Iva al cessionario. Questo significa che:
- il cedente rimane debitore per l’Iva verso l’Erario;
- il committente o cessionario diventa creditore dello Stato e ha il diritto di detrazione dell’Iva.
Quando si applica il reverse charge non è il cedente o prestatore a dover esporre l’Iva in fattura, ma il cessionario o committente deve andare a registrare l’Iva il modo doppio, ovvero sia nel registro delle fatture emesse, sia in quello degli acquisti.
La doppia registrazione (a debito e a credito) fa sì che l’Iva non sia materialmente corrisposta e che l’operazione si neutralizzi dal punto di vista contabile, questo a patto che in capo al cessionario o committente non ci siano limitazioni alla detrazione.
È necessario, per poter andare ad applicare il reverse charge, che entrambi i soggetti coinvolti siano passivi di Iva, e che uno dei due (committente, o il cessionario) risieda nel territorio dello Stato italiano.
Andando più nello specifico, il reverse charge si suddivide in due macro-parti:
- reverse charge esterno, relativo all’applicazione di questa modalità con controparti Ue o extra-Ue
- reverse charge interno, invece, si tratta dell’applicazione di questo meccanismo in alcune specifiche operazioni effettuate tra operatori economici nazionali.
Il reverse charge interno viene utilizzato solo in alcuni ambiti specifici, mentre quello esterno viene utilizzato per tutte le operazioni Iva territorialmente rilevanti in Italia effettuate nei confronti di soggetti passivi d’imposta italiana, quando sono effettuate da soggetti non residenti.
L’autofattura: quando si utilizza
Con la circolare numero 14/E del 2019 l’Agenzia delle Entrate ha condiviso delle spiegazioni riguardanti le modalità da utilizzare nella fatturazione elettronica quando si utilizza il reverse charge.
In breve, è necessario utilizzare l’autofattura. Questo documento differisce da una fattura normale perché pur andando a certificare la vendita di un bene o di un servizio, viene emesso non dal prestatore, ma dal committente.
Infatti questa documento viene ammesso in particolari condizioni, per esempio:
- in casi di denuncia;
- quando si devono fatturare degli omaggi;
- nei casi di autoconsumo dei beni aziendali;
- infine, per adempiere alle regole del reverse charge.
Risulta quindi chiaro che l’autofattura diventi un meccanismo necessario da utilizzare nella situazione di reverse charge.
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Reverse charge, adempimenti fiscali
Per essere in regola con un’operazione svolta in reverse charge è fondamentale che sia seguiti nella giusta maniera tutti gli step per fatturare e contabilizzare la stessa. Ma come si deve procedere?
Innanzitutto il venditore deve emettere una fattura in cui non addebita l’Iva. L’acquirente che la riceve deve, poi, integrarla inserendo l’importo dell’Iva in base all’aliquota che deve applicare apponendo anche la dicitura “operazione svolta in reverse charge” indicando anche la normativa di riferimento (articolo 17, commi 5 e 6 del Dpr 633 del 1972). A questo punto la fattura deve essere annotata nel registro delle vendite ma anche in quello degli acquisti per neutralizzare l’Iva applicata e fruire della detrazione prevista sull’operazione che va annoverata tra quelle passive.
Autofattura e reverse charge: cosa si deve fare
La necessità di autofattura in questo caso serve proprio per certificare la transizione. Infatti, per il reverse charge esterno, si applica tramite due modalità operative:
- è necessario andare a integrare le ricevute dai cedenti o prestatori che non riportano l’applicazione dell’Iva attraverso l’utilizzo del reverse charge. Questa modalità si riferisce alle operazioni interne alla comunità europea e ricevute da soggetti passivi nazionali;
- per le operazioni ricevute con prestatori con residenza in Paesi extra Ue i cessionari sono tenuti all’emissione dell’autofattura, che riprenda la fattura ricevuta integrandola con l’Iva.
In ogni caso è prevista l’annotazione doppia dell’imposta sia nei registri delle fatture emesse e sia in quello acquisti.
Nel caso di fatturazione elettronica relativa a operazioni di reverse charge interno si va a utilizzare il codice TD16 in autofattura.
Reverse charge fino al 2026, ecco le novità
Con la direttiva UE 2022/890 del Consiglio del 3 giugno 2022 è stata disposta una proroga del meccanismo facoltativo di inversione contabile in relazione a:
- il rischio di frodi;
- la prestazione di specifici servizi;
- meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di Iva;
- la cessione di alcuni servizi.
In particolare è stata introdotta in sostituzione al paragrafo 1 la seguente frase “Fino al 31 dicembre 2026 gli Stati membri possono stabilire che il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le seguenti operazioni” di fatto andando a prorogare il meccanismo in questione fino al 2026.
Il reverse charge si è infatti dimostrata efficace come misura temporanea antifrode, e alla sua scadenza gli Stati si sarebbero trovati privi di strumenti alternativi.
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