Cosa rischia di cambiare con la riforma pensioni 2025 e perchè si potrebbe dover fare i conti con un ritorno alla Fornero peggiorata? Vediamo le ipotesi.
Il tema caldo di questo inizio settembre è la riforma pensioni per il 2025 e il possibile ritorno della Legge Fornero. Le misure, per essere operative dal prossimo anno, dovrebbero essere inserite nella Legge di Bilancio 2025, ma le risorse a disposizione non lasciano un ampio spazio di manovra. Le intenzioni per il prossimo anno sembrano essere quelli di incentivare la permanenza al lavoro il più a lungo possibile da una parte, mentre dall’altra di ridurre le forme che permettono l’anticipo previdenziale.
La riforma pensioni, come è facilmente intuibile, non sarà strutturale e neanche definitiva. Come ogni anno, quindi, si procederà con misure temporanee che vadano, in qualche modo, a rendere meno rigida la Legge Fornero. La promessa di un superamento della legge previdenziale in vigore, di fatto, è rimandata nuovamente e le novità in ambito pensioni saranno inglobate nella Legge di Bilancio.
La maggior parte delle risorse della manovra sarà assorbita dalla proroga del taglio al cuneo fiscale e dalla probabile riduzione dell’Irpef. Poco resterà a disposizione per le pensioni flessibili che permettano un’uscita anticipata dal mondo del lavoro. Di seguito andiamo a vedere quali sono le ipotesi in ballo e cosa potrebbe accadere alle pensioni nel 2025.
Quota 103, opzione donna e quota 41 precoci “light”
Per tentare di risparmiare sulla spesa previdenziale le ipotesi messe in campo prevedono una proroga delle misure temporanee attualmente in vigore in modalità “più leggera”.
Non avendo a disposizione le coperture che permettano una proroga della Quota 103 con le regole 2024, l’idea avanzata è quella di prevedere importi ridotti a chi sceglie questo tipo di pensionamento e requisiti di accesso più rigidi.
Considerando che la quota 103 già prevede un ricalcolo interamente contributivo sull’importo dell’assegno (che pesano circa il 10% del totale), l’idea per il 2025 è quella di raddoppiare la penalizzazione prevedendo un assegno decurtato di circa il 20%. Da sottolineare che già attualmente la quota 103 è poco allettante (l’anticipo di massimo 1 anno e 10 mesi costerebbe ai lavoratori il 10% dell’assegno), nel 2025 a scegliere questo tipo di anticipo potrebbero essere davvero una manciata di lavoratori.
Lo stesso destino sembra spettare all’Opzione donna per la quale si sta pensando di rendere più rigidi i requisiti di ingresso per ridurre le potenziali beneficiare della misura. In questo senso, però, la scelta potrebbe essere anche quella di non rinnovare proprio la misura di anticipo destinata alle donne, anche perché dopo le restrizioni introdotte nel 2024 è diventata molto meno accessibile.
Accantonata, per il momento, l’idea di una Quota 41 per tutti, la lunga mano del Governo rischia di arrivare anche alla Quota 41 per lavoratori precoci. Anche se si tratta di una misura strutturale, un intervento normativo potrebbe rendere la misura più leggera con tagli sugli assegni spettanti (ricordiamo che oggi la misura, essendo destinata a precoci che si collocano in categorie da tutelare, non prevede penalizzazioni).
“Alla luce di un quadro preoccupante consigliamo di pianificare al meglio il proprio percorso verso la pensione. Vi suggeriamo quindi di iscrivervi al corso di Money.it, “pianificare la pensione”, che trovate qui.”
La pensione anticipata con finestre più lunghe
Un’altra ipotesi avanzata è quella di prevedere delle finestre di attesa più lunghe per poter accedere alla pensione anticipata ordinaria. Fermo restando il requisito contributivo di accesso che, indipendentemente dall’età, permette agli uomini di raggiungere il diritto alla pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi e alle donne con 41 anni e 10 mesi di contributi, si è ipotizzato di intervenire sulle finestre di attesa per la decorrenza della pensione.
Attualmente al raggiungimento del requisito contributivo il lavoratore deve attendere una finestra di 3 mesi per avere diritto alla pensione (durante la quale può scegliere se lavorare o meno), l’ipotesi è quella di allungare la finestra a 6/7 mesi ritardando, quindi, l’uscita di tutti coloro che scelgono questa misura di ¾ mesi (con un risparmio ingente per le casse dello Stato).
Il ritorno della Legge Fornero peggiorata
Appurato che già nel 2024 sia la Quota 103 che l’Opzione donna sono state due misure flop scelte da pochissimi lavoratori, con i peggioramenti in vista per il 2025 a scegliere di pensionarsi con queste tipologie di uscita potrebbe essere una sparuta minoranza.
C’è da considerare che chi deve optare per la Quota 103, rimanendo al lavoro (magari con i bonus che incentivano tipo il bonus Maroni) per un altro anno e 10 mesi al massimo (per le donne sono solo 10 mesi) avrebbe diritto a una pensione senza penalizzazioni e senza tagli. Proprio per questo anche nel 2025 le pensioni più utilizzate dai lavoratori potrebbero essere quelle contenute nella tanto bistrattata Legge Fornero: pensione anticipata ordinaria e pensione di vecchiaia.
Anche se l’attuale esecutivo ha sempre parlato di un superamento della Legge Fornero da sostituire con forme di uscita flessibile, il rischio è quello che non solo si sarà obbligati a scegliere l’attuale legge previdenziale per uscire dal mondo del lavoro, ma anche che si possa trovare anche quest’ultima peggiorata dall’allungamento delle finestre di uscita che porterebbero all’accesso gli uomini solo dopo 43 anni e 4/5 mesi di lavoro e le donne dopo 42 anni e 4/5 mesi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA