Un coniuge chiede l’addebito della separazione all’altro quando lo ritiene responsabile della violazione dei doveri derivanti dal matrimonio. Vediamo insieme come provarla.
Prima di affrontare il delicato tema delle prove a sostegno di una pronuncia di addebito in una separazione giudiziale, analizziamo i più recenti dati Istat sul tema. In Italia la tipologia di procedimento preferito per separarsi è la separazione consensuale, scelta da oltre l’80% delle coppie.
Per quanto riguarda le cause della rottura del vincolo matrimoniale sempre l’Istat ci dice che il 71,4% delle separazioni giudiziali è stato pronunciato a causa di intollerabilità delle convivenza tra i coniugi. Nel 23,3% la separazione è stata addebitata al marito e nel 5,3% dei casi è stata addebitata alla moglie.
Ora, appare subito evidente che la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio costituisce uno dei presupposti per la pronuncia di addebito. Naturalmente, il coniuge che fa istanza in tal senso deve provare la lesione dei doveri coniugali indicati dall’art. 143 comma 2 del codice civile ossia: l’obbligo reciproco alla fedeltà (il tradimento è la sua violazione più tipica), l’obbligo all’assistenza morale e materiale (ad esempio, l’abbandono del coniuge malato), l’obbligo alla collaborazione nell’interesse della famiglia (ad esempio, il disinteresse del coniuge verso l’altro) e l’obbligo alla coabitazione (l’abbandono della casa coniugale).
Oltre ai doveri coniugali, può chiedersi l’addebito anche per la violazione dei diritti costituzionalmente protetti, come la violazione del diritto di libertà religiosa o la violazione del principio di dignità.
Ma vediamo insieme le linee guida per capire quali sono i presupposti ed i requisiti per richiedere la separazione con addebito.
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Le conseguenze dell’addebito
Le conseguenze dell’addebito sono la perdita per il coniuge «colpevole» del diritto all’assegno di mantenimento e dei diritti successori. Il medesimo bensì mantiene altri diritti pu sempre fondamentali quali:
- il diritto agli alimenti in caso di bisogno;
- il diritto al vitalizio a carico dell’eredità nel caso in cui il coniuge godesse degli alimenti prima dell’apertura della successione;
- il diritto alla pensione di reversibilità e questo a prescindere dal fatto che il coniuge superstite godesse o meno di un assegno alimentare a carico del coniuge deceduto ex sentenza Corte Costituzionale n. 286/1987 e cassazione n. 6474/2019.
Altro aspetto interessante da analizzare è che il coniuge a cui non è addebitata la separazione può chiedere il risarcimento dei danni subiti per la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio. Nel giudizio che si conclude con la condanna di addebito, il coniuge cui è addebitata la separazione è condannato al pagamento delle spese legali. Nel nostro ordinamento vige infatti il principio di soccombenza, ossia la parte che perde la causa (il soccombente) paga le spese legali. Quindi, il coniuge a cui è addebitata la separazione è gravato dal pagamento delle spese.
Per quanto riguarda, invece, le ripercussioni sulla casa coniugale ricordiamoci che il giudice, in presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, assegna la casa familiare al genitore collocatario della prole. L’addebito non ha alcuna influenza su tale decisione, giacché essa viene assunta nell’interesse della prole (come sancito dall’ art. 337 sexies del codice civile).
Pertanto:
- se vi sono figli minorenni o figli maggiorenni non autosufficienti, la casa coniugale viene assegnata al coniuge collocatario della prole, a prescindere dall’addebito e dal titolo di proprietà dell’immobile;
- se non ci sono figli, la casa coniugale rimane al coniuge che ne è proprietario, a prescindere dall’addebito;
- se non ci sono figli e la casa è in comproprietà, salvo diverso accordo, i coniugi devono procedere alla divisione, a prescindere dall’addebito.
Come abbiamo visto, i motivi posti a fondamento della richiesta di addebito possono fondare anche la domanda di risarcimento del danno. Infatti, la violazione dei doveri coniugali può costituire fonte della responsabilità extracontrattuale, in quanto incidente su beni essenziali della vita. Si parla di illecito endofamiliare, ossia illecito che si verifica all’interno della compagine familiare. La lesione dei doveri coniugali può tradursi nella violazione dei diritti fondamentali della persona da cui discende la domanda risarcitoria sia per danni patrimoniali (art. 2043 c.c.) che non patrimoniali (art. 2059 c.c.).
Quando si può chiedere la separazione con addebito?
A livello processuale l’addebito può essere chiesto solo in sede di separazione giudiziale. Tale richiesta non è ammissibile in una separazione consensuale, poichè le parti non possono concordemente decidere a chi addebitare la crisi; un simile patto è nullo, giacché riguarda diritti indisponibili.
Ciò premesso, la domanda di addebito può essere proposta: nel ricorso introduttivo, dal coniuge che chiede la separazione, e sino alla memoria integrativa (ricorrente), oppure in via riconvenzionale, dal coniuge convenuto in giudizio (resistente).
È inammissibile la richiesta di addebito formulata per la prima volta in appello (art. 345 c. 1 c.p.c.).
La prova ai fini dell’addebito
Il coniuge che formula la richiesta di addebito deve allegare le prove a fondamento della propria domanda. Per esempio un tradimento accertato comporta la possibilità di chiedere la separazione con addebito. In sede giudiziaria però il tradimento deve essere dimostrato davanti al giudice con prove concrete. Ma non tutte sono considerate valide.
Trattandosi, infatti e per lo più, di comportamenti che, per ovvia natura, avvengono nell’intimità di due persone, non sempre è facile reperire prove valide da presentare in sede giudiziaria, tenendo anche conto della normativa sulla privacy. Tuttavia, senza il supporto di prove inconfutabili si rischia di perdere la causa.
Le prove per la separazione con addebito che possono essere portate in giudizio, e dunque previste dalla legge, sono:
- prove documentali: sono rappresentate da scritture private, atti pubblici, lettera di ammissione di colpa;
- fotografie: Le fotografie che ritraggono uno dei due coniugi nell’atto del tradimento, rappresentano una prova inconfutabile e non necessitano di ulteriori indagini o prove. Di conseguenza, ingaggiare un detective privato è uno dei modi più sicuri ed efficaci per provare l’avvenuto tradimento e vincere la causa di divorzio;
- e-mail, chat ed sms: Nonostante queste siano considerati riproduzioni meccaniche e la loro stampa può essere soggetta a contestazione dalla controparte, in alcuni casi possono rappresentare prove valide. Ad esempio, se la controparte non contesta le prove o se vengono sostenute dalla testimonianza diretta di una terza persona che dichiara di aver preso diretta visione del contenuto rinvenuto nelle email, chat ed sms riportate, queste prove acquisiscono validità in sede giudiziaria;
- testimonianze: Ricordiamo che le dichiarazioni dei testimoni rappresentano la principale prova del processo civile;
- relazione dell’investigatore privato: il detective privato può essere chiamato a testimoniare su fatti a cui ha assistito in prima persona durante lo svolgimento delle sue indagini. Il rapporto fatto dall’investigatore privato, compreso anche di fotografie, deve essere confermato mediante escussione testimoniale dello stesso investigatore e diviene quindi una prova cruciale per l’esito della sentenza di divorzio.
Lo studio delle sentenze dei giudici apporta però delle eccezioni o affievolimenti di quanto affermato sopra: sebbene la Cassazione abbia ammesso con la sentenza n. 5510 del 2017 che un messaggio dell’amante possa giustificare l’addebito,non tutti gli sms costituiscono una dimostrazione di infedeltà, ad esempio, è stato escluso il tradimento nel caso in cui il messaggino, trovato sul telefono del marito, faceva riferimento al “farsi perdonare dalla moglie”, senza null’altro specificare (Cass. 18508/2020).
In merito ai messaggi, come email o sms, occorre analizzare il profilo della privacy. Infatti, la posta elettronica e le conversazioni presenti sui programmi di messaggistica rientrano nella nozione di corrispondenza e sono tutelate dal principio costituzionale di segretezza della corrispondenza (art. 15 Cost.) e dal reato di sottrazione di corrispondenza (art. 616 c. 1 c.p.). La giurisprudenza ritiene che tra marito e moglie, il diritto alla riservatezza sia “affievolito” in ragione della coabitazione dei coniugi. Quindi, se il computer o il telefono sono a disposizione di entrambi, può capitare che uno ne possa prendere visione anche senza autorizzazione dell’altro.
Diverso è il caso in cui il coniuge sottragga il telefono all’altro. Prendere visione della corrispondenza diretta all’altro coniuge, senza il suo consenso espresso o tacito, è proibito anche tra conviventi, in virtù del citato art. 616 c. 1 c.p.
Così, è stato condannato il marito che ha aperto la lettera di una società finanziaria indirizzata alla moglie, allontanatasi dalla casa coniugale a causa del pendente giudizio di separazione (Cass. Pen. 18462/2016). Oppure, costituisce reato l’attività di intercettazioni telefoniche svolta in casa da un coniuge all’insaputa dell’altro (ex artt. 617 e 617 bis c.p. che tutelano per l’appunto la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telegrafiche o telefoniche). Infatti, è stato condannato il marito per avere abusivamente installato, in casa, uno strumento di registrazione delle conversazioni telefoniche della moglie, per dimostrare la sua presunta infedeltà (Cass. Pen. 12698/2003).
Conclusioni
In conclusione si può affermare che il modo migliore per provare l’addebito sia quello di avvalersi di una agenzia investigativa autorizzata dalla Prefettura. Il lavoro degli investigatori privati, raccolto in un report investigativo completo di foto che riportano il tradimento, ha un valore molto alto, in giudizio, perché difficilmente contestabile quando è palese lo scambio di atteggiamenti intimi o di una continuità negli incontri. Oltretutto l’investigatore privato può anche essere chiamato a testimoniare in tribunale, riconfermando ed avvalorando quanto riportato nel dossier.
Altra considerazione importante è che l’addebito si può evitare, anche di fronte a prove acquisite legalmente come quelle raccolte dall’investigatore privato, solo se il traditore riesce a dimostrare che la crisi matrimoniale era già presente da tempo, per motivi diversi dall’attuale infedeltà.
Ad esempio, se la separazione è già stata avviata, eventuali nuove relazioni non sono considerate causa della rottura. O se uno dei coniugi ha abbandonato il tetto coniugale da tempo, senza apparenti motivi, l’altro può iniziare un’altra relazione senza essere accusato della fine del matrimonio.
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