Un settore è a rischio licenziamento collettivo. Sono 40 mila le persone che rischiano il posto di lavoro. Gli esperti chiedono una proroga per gli ammortizzatori sociali.
Non sono in molti a conoscere e quindi a festeggiare o ricordare la Giornata mondiale del turismo, eppure esiste e serve per ricordare, soprattutto quest’anno, che il settore del turismo è in crisi e non ha mai smesso di esserlo.
Dall’inizio della pandemia di coronavirus, all’inizio del 2020, il settore che ha da subito chiuso i battenti è stato proprio quello dei viaggi, in particolare dei viaggi organizzati con alle spalle aziende di tour operator, dipendenti etc.
Non sono numeri piccoli. Il settore turistico ha fatturato 10 miliardi di euro in meno rispetto all’anno precedente alla pandemia e le conseguenze di questa perdita ricadono direttamente sui dipendenti. Con la fine del periodo degli ammortizzatori sono a rischio 40 mila posti di lavoro.
A rischio migliaia di posti di lavoro
È una storia già raccontata: la pandemia ha pesato sul mondo del lavoro in maniera tragica. Dall’inizio della crisi sanitaria in Italia si sono contati oltre 400 mila unità di lavoro in meno (dati dicembre 2020) e questo dato sta per aggravarsi. Sono infatti 40 mila le persone che lavorano nel settore turistico a rischio di licenziamento.
Franco Gattinoni, presidente della Federazione Turismo Organizzato (FTO), ad askanews ha parlato di dati ISTAT chiarissimi: il mese di agosto, che ha segnato un +186% rispetto al 2020, non è in grado di supportare un settore che nel complesso ha perso più dello scorso anno.
“Con un mercato fermo, per tutelare i lavoratori del turismo organizzato, è urgente prorogare gli ammortizzatori in scadenza”, ha detto ancora Gattinoni.
Quello che maggiormente preoccupa infatti è la mancata decisione, a oggi, di un prolungamento delle 28 settimane previste per il sostegno ai lavoratori. Ormai gli ammortizzatori sociali sono molto bassi e non bastano più per sostenere una famiglia, quindi oltre alla paura di un licenziamento collettivo, c’è comunque la necessità di garantire una vita dignitosa ai lavoratori del settore.
I numeri della crisi del turismo
Dietro ogni numero c’è una persona, forse una famiglia e una vita dignitosa da mantenere. È giusto però parlare dei numeri in quanto tali, perché questi disegnano un quadro ben più preciso della crisi del settore turistico.
Su 8 mila aziende del settore, il 96% non è in grado di sostenere le spese con il solo fatturato e fanno quindi uso degli ammortizzatori sociali. Una grande parte di queste aziende finirà il periodo di 28 settimane di aiuti previsto proprio a ottobre. Mancano ormai pochi giorni per 5.600 imprese.
Queste e almeno altre 2 mila aziende (il 77% del totale) sarà costretta a intraprendere un’azione di licenziamento collettivo. La notizia fa ovviamente paura ai dipendenti, dei quali oltre la metà (28 mila) è donna. Un dato che pesa molto sulle stime del lavoro femminile in Italia in perenne calo dall’inizio della pandemia.
Le soluzioni per evitare 40 mila persone licenziate
Due sembrano essere le strade da percorrere per impedire il licenziamento di così tanti dipendenti di un solo settore. Non si tratta di nessuna formula magica, ma di allineare le regole italiane a quelle degli altri Paesi europei.
A dirlo è Pier Ezhaya, presidente di Astoi Confindustria Viaggi, che ricorda anche la necessità di prorogare per tutto il primo trimestre del 2022 la cassa integrazione.
La via sembra essere questa: da una parte permettere i viaggi turistici, oltre quelli consentiti per lavoro e in contemporanea garantire il supporto alle aziende, che ovviamente non ripartiranno dall’oggi al domani. Soprattutto perché questo settore lavora sull’organizzazione di viaggi a breve, media e lunga distanza.
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