Smart working, rimborso spese al dipendente: quando è esente Irpef? Se l’importo riconosciuto al lavoratore per le spese di bollette e internet è stabilito in base a criteri chiari è escluso da tassazione. I chiarimenti arrivano dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 314 del 30 aprile 2021.
Smart working, l’azienda che decide di riconoscere al dipendente un rimborso per le spese relative alla connessione internet o, ad esempio alle bollette, deve stabilire criteri chiari e accertabili ai fini dell’esenzione Irpef dell’importo erogato.
A fornire chiarimenti in merito alla tassazione del rimborso spese erogato al dipendente in smart working è l’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 314 del 30 aprile 2021.
L’occasione è rappresentata dalla richiesta di indicazioni presentata da una società che, per il periodo di smart working, riconosce ai propri dipendenti il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dell’attività lavorativa.
Nel caso specifico, il calcolo del rimborso delle spese sostenute è stato effettuato in considerazione del parallelo risparmio per l’azienda. Criteri chiari e accertabili e che, pertanto, consentono al lavoratore di non pagare le tasse sul rimborso erogato, che è quindi esente Irpef e non concorre alla formazione del reddito complessivo.
Smart working, dalle bollette a internet: quando il rimborso al dipendente è esente Irpef
Secondo quanto previsto dal TUIR, all’articolo 51 comma 1, costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori percepiti nel corso dell’anno in relazione al rapporto di lavoro.
Il principio di onnicomprensività comporta che in via generale tutte le somme erogate al lavoratore formano reddito, e quindi sono soggette a tassazione Irpef. Una regola che si applica anche ai rimborsi spese.
Ci sono però specifiche eccezioni e, come specificato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 326 del 23 dicembre 1997, sono esenti Irpef i rimborsi relativi a spese anticipate dal dipendente ma di competenza del datore di lavoro, come quelle relative all’acquisto di beni di piccolo valore.
In sintesi, non fanno reddito e quindi non concorrono al calcolo dell’Irpef le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore ma che vengono riconosciute per esclusivo interesse del datore di lavoro.
Un principio che, a specifiche condizioni, si applica anche per le spese rimborsate dal datore di lavoro al dipendente in smart working.
Il lavoro da casa, resosi necessario durante il lockdown e ancora oggi per contenere i contagi da Covid, ha portato al “ribaltamento” dei costi per eseguire la prestazione lavorativa.
Dalla spesa per le bollette dell’energia elettrica, al costo della connessione internet, con lo smart working è stato il dipendente a doversi far carico dell’onere solitamente sostenuto dall’azienda, beneficiando ove previsto di un rimborso spese.
Non sempre però tali somme sono esenti Irpef. Per la detassazione del rimborso riconosciuto, l’azienda è tenuta ad individuare in maniera chiara e dettagliata i criteri per il riconoscimento dell’importo al dipendente.
Smart working, criteri chiari per l’esenzione Irpef del rimborso al dipendente
In sede di calcolo del reddito da lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate dal datore di lavoro sono esenti da tassazione (escluse dalla base imponibile) se il legislatore ha stabilito un criterio per calcolare la quota esclusa da imposizione, riferibile quindi al solo interesse del datore di lavoro.
Non tutte le spese rimborsabili sono però disciplinate da criteri chiari e, al fine dell’esclusione, l’Agenzia delle Entrate ha precedentemente affermato che in tal caso i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro:
“devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.”
Nel caso prospettata con l’interpello n. 314 del 30 aprile 2021, per il calcolo del rimborso delle spese l’azienda ha individuato come parametro il parallelo risparmio di costi per la società, sostenuti quindi dal dipendente.
Una casistica che consente di escludere il rimborso dal reddito imponibile, e quindi di non tassare l’importo erogato al lavoratore a copertura dei costi sostenuti per svolgere l’attività lavorativa.
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