Quando si parla di split payment si intende una forma di liquidazione dell’Iva. Ecco come funziona e di cosa si tratta.
Lo split payment, anche conosciuto come scissione dei pagamenti, è una forma di liquidazione dell’Iva che può essere utilizzata solamente in casi specifici.
Incluso nella legge di Stabilità del 2015 per aiutare a contrastare l’evasione fiscale, lo split payment si può applicare solamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Inoltre per poter utilizzare lo split payment è necessario, per forza, emettere una fattura elettronica.
Ma in che modo funziona di preciso e chi è che paga l’Iva in queste situazioni?
Split payment: come funziona e come emettere fattura
Come funziona il meccanismo dello split payment
Il meccanismo dello split payment è un’eccezione al funzionamento classico dell’Iva, normalmente questa viene versata nelle casse dell’Erario del fornitore, dopo essere stata addebitata in fattura dal cliente.
Utilizzando questo meccanismo, invece, è la pubblica amministrazione a versare direttamente l’Iva. Infatti lo split payment può essere utilizzato solamente nel caso si sia fornitori di beni o servizi nei confronti della pubblica amministrazione stessa o di società controllate dallo Stato come fondazioni pubbliche.
L’unico modo per utilizzare lo split payment, inoltre, è attraverso una fattura elettronica dove il totale da pagare sarà al netto dell’Iva.
Questo meccanismo potrà essere utilizzato ancora per poco: solo fino al 30 giugno 2023, salvo eventuali deroghe.
Chi sono i soggetti split payment
A essere soggetti allo split payment sono solo coloro che compiono operazioni nei confronti delle seguenti realtà:
- Pubbliche Amministrazioni;
- altri soggetti individuati all’interno dell’art. 17-ter del d.p.r. n. 633/1972, con effetto dal 1° luglio 2017, come per esempio aziende speciali, aziende pubbliche di servizi alla persona, o società quotate inserite nell’indice FTSE MIB.
Esistono comunque delle situazioni in cui questo meccanismo non viene applicato, seguendo quanto stabilito nel Decreto Dignità del 2018.
Scissione dei pagamenti: chi non ci rientra
Come accennato il decreto Dignità ha specificato alcune situazioni in cui non è possibile rientrare nella scissione dei pagamenti e, nello specifico, si tratta di prestazioni di servizi effettuate dai professionisti soggetti a ritenute a titolo di imposta o di acconto.
Questo significa che a non rientrare nel meccanismo dello split payment sono:
- i contribuenti che fanno uso del regime dei minimi (forfettario e di vantaggio), che aderiscono alle agevolazioni concesse dalla legge, senza applicare quindi l’Iva sulle fatture;
- tutti i professionisti che utilizzano la ritenuta d’acconto;
- tutti i casi in cui si sia soggetti a reverse charge o inversione contabile, infatti in questa situazione l’Iva è già a carico del committente.
Come si emette fattura in split payment
Prima di tutto è fondamentale ricordare che per poter emettere una fattura in split payment è obbligatorio che si tratti di una fattura elettronica in formato xml, inoltre durante la compilazione il totale a pagare sarà calcolato al netto dell’Iva.
Quando si a compilare una fattura in split payment bisogna procedere inserendo il valore apposito “S“, che sta a indicare scissione dei pagamenti (ovvero split payment) nel campo/tag identificato come 2.2.2.8 del file xml denominati “EsigibilitaIVA”.
Quando il campo “EsigibilitaIVA” è impostato su “S”, l’Agenzia delle Entrate effettua un controllo per verificare che ciò che è stato inserito nel campo/tag 2.2.2.2 “Natura” non sia contrassegnato come “N6” ovvero «Inversione contabile».
Il processo completo per l’emissione della fattura in split payment è il seguente:
- si emette la fattura in formato xml, utilizzando il blocco-dati
(codice 2.2.2.7) e riempendo il campo specifico con il codice “S” che sta a indicare l’utilizzo del meccanismo di split payment; - bisogna poi riportare in forma di nota la seguente dicitura “Operazione soggetta a split payment – il cedente non incassa l’Iva ai sensi dell’ex art.17-ter del d.p.r. 633/1972, l’acquirente è obbligato al versamento all’Agenzia delle Entrate”;
- infine viene apposta la firma digitale.
A questo punto la fattura elettronica in split payment è completa e si può inviare tramite il sistema di interscambio (Sdi).
Chi paga l’Iva?
Il pagamento dell’Iva quando viene utilizzato il meccanismo dello split payment viene effettuato direttamente dalla Pubblica Amministrazione.
In questo caso infatti la pubblica amministrazione, nei confronti del fornitore, ha un debito per il solo imponibile e versa direttamente all’erario l’importo dell’Iva che sarebbe dovuta sul pagamento.
Se la pubblica amministrazione omette o versa l’iva dovuta per conto del fornitore in ritardo allora nel regime della scissione dei pagamenti è prevista una sanzione pari al 30% dell’imposta dovuta.
Come si versa l’Iva in split payment
L’Iva dovuta con questo meccanismo viene versata direttamente dalla pubblica amministrazione che, in questa situazione, gode di tre modalità alternative, ovvero:
- utilizzando il modello F24 Enti Pubblici per Pa con il codice tributo 620E, indicando il codice fiscale nella sezione del contribuente, la denominazione cella Pa che effettua il pagamento, la lettera F nella sezione “Dettaglio versamento”, il codice tributo 6040 nella causale;
- attraverso un versamento unificato per tutte le Pa con conto corrente presso le Poste Italiane;
- infine, direttamente alle entrate del bilancio dello Stato.
Se invece l’Iva è dovuta, sempre attraverso lo split payment, dalla pubblica amministrazione che opera in veste commerciale e le società godono di una modalità alternativa, allora esistono due modalità alternative:
- è possibile versare l’Iva tramite modello F24, presentato entro il 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta richiede l’esigibilità, con la futura applicazione di un codice tributo ad hoc e senza accedere a compensazioni;
- oppure è possibile segnare le fatture nel registro entro il 15 del mese successivo a quello in cui il tributo diventa esigibile, annotando il mese precedente come riferimento, potendo quindi inserire le fatture nel registro degli acquisti per applicare la detrazione dell’imposta.
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