Lo spread si infiamma di nuovo: cosa significa per l’Italia

Violetta Silvestri

7 Maggio 2022 - 16:29

La settimana si è conclusa con il ritorno dell’incubo spread per l’Italia: perché ha sfiorato i 200 punti e cosa significa per la sostenibilità del debito nazionale? Il Governo Draghi monitora.

Lo spread si infiamma di nuovo: cosa significa per l’Italia

Con uno spread Btp-Bund che si è chiuso a 200,4 punti nella giornata finanziaria di venerdì 6 maggio, in Italia è tornato l’incubo dell’insostenibilità del debito.

Sappiamo che nel gergo economico-finanziario il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato italiano e tedesco è un riferimento per analizzare la stabilità dei conti pubblici. O, appunto, per lanciare un primo allarme sulla loro fragilità e poca credibilità. Quando il rapporto si impenna vuol dire che i nostri buoni del Tesoro rendono di più. Tradotto: aumenta il rischio che lo Stato emittente non riesca a ripagare il proprio debito.

La soglia della preoccupazione è stata varcata con il raggiungimento dei 200 punti, anche se questo balzo si inserisce in un contesto economico internaazionale, o almeno europeo.

Un caso Italia, quindi, non è sul tavolo delle discussioni. Tuttavia, il prevedibile rialzo dei tassi della Bce e il suo precedente stop agli acquisti di debito straordinario obbligano alla prudenza. Draghi e il ministro dell’Economia Franco, non a caso, vogliono evitare a tutti i costi nuovi scostamenti di bilancio.

Con lo spread in ripido rialzo, cosa rischia ora l’Italia?

Allarme spread a 200 punti: cosa significa per l’Italia?

Lo spread in aumento, ovvero il rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato, significa che la spesa per pagare gli interessi agli investitori è destinata a crescere, con una certa apprensione per le emissioni future.

Stando a quanto scritto nel Documento di economia e finanza, nel 2021 il costo di finanziamento del debito pubblico è stimato al 3,5% del Pil in termini di spesa per interessi. La previsione è di una riduzione fino al 3% nella scadenza del 2025.

Logicamente, se la fiammata dello spread si tradurrà in un aumento più consistente e duraturo, la più alta spesa per pagare gli interessi andrà a impattare sul deficit e, quindi, sulla sostenibilità del debito pubblico.

Il rendimento del Btp decennale italiano è salito al 3,134%, come non accadeva dal 2018, toccando il record del 3,160% nel pomeriggio del 6 maggio.

Il balzo è stato guidato da una serie di fattori esterni, piuttosto che da eventi nazionali, cioè legati alla specifica situazione economica italiana. Dopo le mosse aggressive di rialzi dei tassi da Fed e BoE, oltre ad altre banche centrali in tutto il mondo, come Brasile e Austria, la Bce è pressata affinché intervenga già a luglio con un aumento del costo finanziamento sopra lo zero.

L’inflazione corre e sta mettendo in pericolo la ripresa dell’Eurozona, con la crisi energetica scatenata dalla guerra in Ucraina a esacerbare gli scenari. Anche se restano i timori di recessione, la normalizzazione della politica monetaria della Bce è iniziata e sta per concludersi il piano di acquisto del debito di emergenza.

In questa cornice, l’Italia resta in allerta. I conti pubblici potrebbero subire scosse con la politica più restrittiva da Francoforte. Anche per questo, Draghi e Franco insistono sulla necessità di evitare un nuovo scostamento, al fine di non scatenare ulteriori tensioni.

Come chiarito dall’Osservatorio dei conti pubblici presieduto da Cottarelli:

“Con un aumento di 1 punto percentuale dei tassi di interesse sui titoli di Stato, persistente e uniforme lungo la curva per scadenze, la spesa per interessi crescerebbe di 3 miliardi nei successivi 12 mesi (e di 39,4 miliardi nei successivi 5 anni). Nel primo anno, la spesa aumenta di 2 miliardi per il rinnovo dei titoli in scadenza, e di 1 miliardo per le nuove emissioni per coprire il deficit previsto secondo i piani correnti.”

Un caso Italia ancora non c’è, ma lo spread resta in stretta osservazione.

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