Startup in Italia: le lezioni che dobbiamo apprendere dalla Silicon Valley

Seedble

3 Maggio 2022 - 08:57

Si parla tanto - soprattutto a seguito della pandemia - di ecosistema e di startup, ma quanto ne sanno, davvero, gli italiani di questi temi?

Startup in Italia: le lezioni che dobbiamo apprendere dalla Silicon Valley

Dall’immagine idealizzata del garage di fortuna nella Silicon Valley a oggi, un po’ di strada è stata fatta: grazie anche al sostegno delle politiche nazionali e al sempre maggiore interesse da parte delle grandi corporate, negli ultimi anni si è andata definendo una concezione più realistica e concreta relativamente a ciò che vuol dire fare startup, per quanto siamo ancora molto lontani dall’acquisire e metabolizzare quella cultura dell’imprenditorialità tipica dei Paesi Usa (e non solo).

Ma quali sono le lezioni più importanti che l’Italia potrebbe apprendere dalla Silicon Valley?

Il fallimento è alla base del vero successo
Sembrerebbe che in Italia non abbia mai davvero attecchito la cultura del fallimento e che la maggior parte degli imprenditori - avversa al rischio - abbia per lo più paura di non riuscire a realizzare le proprie idee.

Contemplare la possibilità di fallire al pari di quella di avere successo è un tratto tipico della mentalità anglosassone, in cui il fallimento non è visto come un ostacolo, ma, anzi, come una parte fisiologica del percorso verso il successo.

Non solo la paura: tutti gli stati d’animo estremi che incidono sulla lucidità personale possono procurare l’insuccesso di un’iniziativa imprenditoriale. Infatti, per non fallire quando si vuole lanciare una nuova idea di business, è altrettanto importante evitare di innamorarsi dell’idea.
È facile innamorarsi della propria idea e convincersi che il mercato la adorerà; è molto più difficile fare un passo indietro, provare a cambiare prospettiva e capire dove migliorare prima che sia troppo tardi.

Nella nostra esperienza nel campo dell’advisory, ci siamo accorti del fatto che troppe startup non superano la fase di idea validation , ovvero quel processo tramite cui si testa e si convalida la propria soluzione prima di lanciarla sul mercato per stabilire se riesce a intercettare un bisogno reale e se i potenziali clienti sono disposti a pagare per ottenerla.

Ma come si valida un’idea?

Anche attraverso una semplice ricerca online, è possibile imbattersi in una grande varietà di approcci, strumenti e metodologie per l’idea validation. Qui di seguito suggeriamo una breve checklist che non pretende di essere esaustiva, ma che vuole mettere in evidenza alcuni punti chiave del processo di validazione di una nuova idea di business:

  • strumenti come il Business Model Canvas o il Lean Canvas sono utili per costruire il modello di business della startup e acquisire maggiore consapevolezza sugli schemi da mettere in campo per creare valore;
  • realizzare un MVP (Minimum Viable Product) è fondamentale per testare un prodotto sugli early adopter e correggere il tiro prima di lanciarlo definitivamente sul mercato;
  • ultimo ma non meno importante: mai dimenticare di ascoltare il mercato e raccogliere gli insight emersi nella fase di test, così da perfezionare e affinare la soluzione prima di lanciare la startup.

Diversificare è il mantra dell’investitore
Non sono solo gli aspiranti imprenditori a essere avversi al rischio: all’opposto, tra le schiere degli investitori è alto il timore di scommettere su aziende e progetti che non riescano a portare risultati economici istantanei. Ciò su cui bisogna fare chiarezza, da questo punto di vista, è che investire in una realtà aziendale non significa ottenere ritorni immediati e che la vera ricchezza sta nella diversificazione degli investimenti: investire somme di denaro contenute in più progetti di business non solo permettere di diversificare il rischio, ma anche di dare la possibilità a più startup di testare, validare, invalidare il proprio modello di business e, se è necessario, fallire per poi apprendere dai propri errori e ricominciare.

Non bisogna (necessariamente) essere giovani per fare startup
Un altro mito da sfatare è che fare startup sia un’opportunità riservata ai giovani, un percorso da avviare per trovare il proprio posto nel mercato del lavoro e farsi notare dalle aziende.

La verità è che molte startup di successo hanno founder over 35 e, anzi, in Silicon Valley è diffusa l’idea che, prima di lanciarsi in un nuovo progetto di business, sia sempre meglio fare quanta più esperienza possibile e accumulare competenze diversificate.

Cosa sta facendo l’Italia per allinearsi alla Silicon Valley?

Negli ultimi 10 anni, in Italia sono nate diverse iniziative a supporto dello sviluppo del tessuto imprenditoriale. D’altro canto, gettare le basi e crescere nell’ambito di un ecosistema Paese orientato all’innovazione è fondamentale per il successo di una startup, perché se è vero che le startup di successo scalano globalmente, è anche vero che è negli ecosistemi locali che affondano le radici solide del proprio successo.

Come ci insegna l’esempio della Silicon Valley, l’apertura alla contaminazione, un quadro legislativo favorevole, la garanzia di accesso al capitale, nonché il giusto approccio culturale sono elementi indispensabile per consentire di sviluppare una rete di supporto per iniziative imprenditoriali di successo.

Diversi sono gli attori che stanno lavorando affinché queste condizioni di contesto si verifichino e/o rafforzino nel nostro Paese.

Una realtà che ha deciso di supportare lo sviluppo delle startup in Italia e nel mondo proprio facendo tesoro delle lezioni di innovazione della Silicon Valley è il Founder Institute, che da qualche mese ha rilanciato il proprio programma in Italia.

Fondato nel 2009 da Adeo Ressi e Jonathan Greechan a Palo Alto, in California, il Founder Institute è la più grande organizzazione a livello mondiale che lavora sull’accelerazione di startup in fase pre-seed, con la missione di “globalizzare la Silicon Valley”. Lo scopo dell’organizzazione è, infatti, quello di formare e supportare aspiranti imprenditori, accompagnandoli nel lancio del proprio business grazie, da un lato, a un programma della durata di 4 mesi disegnato sulla base delle best practice degli imprenditori della Silicon Valley e, dall’altro, a un ampio network di mentor con skill trasversali sul mondo business e startup.

Attualmente, il Founder Institute è presente in oltre 200 città in tutto il mondo, con una rete di più di 25.000 mentor ed investitori. A oggi, l’organizzazione ha supportato oltre 6.000 startup, aiutandole a raccogliere più di 1.75 miliardi di dollari di investimenti, per un valore complessivo attuale stimato intorno ai 30 miliardi.

Quest’anno, a partire da ottobre, riaprirà le porte il capitolo italiano del Founder Institute. Per permettere a curiosi e interessati di conoscere la realtà dell’organizzazione e i contenuti del suo programma, il Founder Institute ha messo in piedi un palinsesto di eventi che approfondiscono i temi dell’imprenditorialità in Italia da diversi punti di vista. Per tutte le informazioni di dettaglio, si rimanda al sito e ai canali social dell’istituto.

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