Stipendi in Italia, che differenza con i big d’Europa: lo scarto con la Germania è notevole

Alessandro Nuzzo

31/05/2022

Il quadro che emerge dagli ultimi dati sugli stipendi in Europa mostra una situazione preoccupante per l’Italia, unico Paese dove le retribuzioni continuano a scendere.

Stipendi in Italia, che differenza con i big d’Europa: lo scarto con la Germania è notevole

L’Italia continua ad avere un problema stipendi. Le retribuzioni nel nostro Paese sono ancora dietro alle grandi nazioni europee. Un dato preoccupante che rientra sicuramente tra i motivi per cui soprattutto i giovani preferiscono non accettare proposte di lavoro sottopagate.

Il quadro emerge da un grafico dell’Ocse che ha raccolto l’andamento degli stipendi medi nell’arco degli ultimi 30 anni. L’Italia è ultima dietro ai big europei, unica nazione dove le paghe sono diminuite anziché crescere.

Il nostro Paese ha fatto segnare un -2,9% a discapito di nazioni come la Spagna dove sono aumentate del 6,2%, l’Olanda con un +15,5%, la Francia dove gli stipendi sono aumentati del 31,1% e soprattutto della Germania che segna un +33,7%.

Retribuzione annua netta in Europa: quanto guadagna un lavoratore in Italia

Gli ultimi dati a disposizione sono quelli dello scorso anno e sono stati elaborati da Eurostat. Nel 2021 lo stipendio medio annuo di un lavoratore italiano inquadrato a tempo pieno e senza carichi familiari è stato di 22.339 euro. Paragonando la cifra a Germania e Francia in Italia le buste paga sono più leggere. Nel paese d’oltralpe si guadagna in media 24.908 all’anno, in Germania addirittura 29.776 euro.

E se si fa riferimento agli stipendi dei più giovani è ancora più evidente il distacco. In questo caso gli ultimi dati a disposizione sono quelli del 2019 e riguardano le retribuzioni medie lorde. Chi ha meno di 30 anni in Italia si è portato a casa in media 1.741 euro lordi in Italia contro i 1.914 in Francia e i 2.114 in Germania. Numeri pre pandemia che rapportati a oggi potrebbero essere ancora più bassi.

L’Italia è oltre anche alla media europea dell’indice di povertà dei lavoratori. Nel nostro paese l’11,8% di chi ha un impiego è povero, a discapito della media europea che si ferma al 9,2%. Parliamo sempre di numeri del 2019 e la pandemia ha presumibilmente aggravato ancora di più il fenomeno.

Le possibili soluzioni per aumentare gli stipendi

Per poter invertire la tendenza e garantire buste paghe più corpose sono diverse le soluzioni di politica economica che si possono attuare. La prima è istituire un salario minimo. Da tanto se ne parla ma nessun esecutivo sino a oggi ha mai effettivamente preso in carica la questione. Si tratta di istituire una retribuzione minima obbligatoria senza poter scendere al di sotto. Soglia da decidere in base al caro vita. Sarebbe una soluzione verso tutti quei lavori sottopagati a cui devono far fronte soprattutto i più giovani.

Visto il particolare periodo storico con un’inflazione che a maggio ha toccato numeri record che non si vedevano dal 1986, impiantare un salario minimo dovrebbe essere prioritario.

L’altra soluzione sarebbe abbassare il cuneo fiscale sulle retribuzioni, ovvero il prelievo fiscale e contributivo che oggi incide pesantemente sullo stipendio netto. L’Italia in questo caso non è nelle primissime posizioni. Su 38 paesi avanzati è al quinto posto con un cuneo fiscale del 46,5%. Primo è il Belgio con il 52,6%, seguita da Germania (48,1%), Austria (47,8%) e Francia (47%).

La soluzione di tagliare il prelievo fiscale però costerebbe molto per il Governo. Se solo si volesse garantire 100 euro in più in busta paga ai lavoratori servirebbero 16 miliardi di euro.

Problema emigrazioni: sono 70mila i giovani che lo fanno ogni anno

Se gli stipendi in Italia sono talmente al minimo da non garantire nessun progetto di vita ai giovani, ecco che un altro dato si collega alla questione e stiamo parlando dei problemi emigrazione. Infatti nel 2019 i giovani under 40 che hanno lasciato il paese sono stati 70mila.

In 10 anni quasi mezzo milione di ragazze e ragazzi sono andati alla ricerca di una nuova occupazione più gratificante. Il dato si accentua nelle regioni meridionali dove la mancanza di lavoro risulta maggiore.

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