Il taglio del cuneo fiscale comporterà un aumento di stipendio per milioni di lavoratori, ma in realtà la busta paga sarà meno pesante di quanto atteso: ecco perché e di quanto.
La legge di Bilancio 2023 ha confermato l’aumento di stipendio per milioni di lavoratori italiani. In particolare, è stato rinnovato lo sgravio contributivo del 2% per i redditi fino a 35mila euro introdotto dal governo Draghi ed è stato esteso al 3% per i redditi fino a 25mila euro.
In sostanza fino a 1.923 euro lordi di stipendio mensile il taglio sarà del 3%, mentre fino a 2.692 euro sarà del 2%. Lo sgravio contributivo si applica anche sulla tredicesima. Parliamo, comunque, di aumenti di poche decine di euro mensili, nel migliore dei casi.
Non solo, perché bisogna considerare un altro fattore: il taglio del cuneo fiscale va a incidere sulla riduzione dei contributi e, di conseguenza, decade anche una parte dell’onere deducibile utile per abbattere l’imponibile fiscale. Questo vuol dire che aumenta la base di calcolo dell’Irpef, cambiando la detrazione fiscale. Detto in parole semplici, l’aumento di stipendio è minore del previsto.
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Il taglio del cuneo fiscale nel 2023
Il cuneo fiscale è composto dalle imposte che pesano sul costo del lavoro sia per i lavoratori stessi che per i datori di lavoro. Il governo Draghi ha deciso di intervenire tagliando il cuneo solamente dal lato dei lavoratori e lo stesso ha fatto successivamente il governo Meloni. In particolare l’esecutivo che ha varato la legge di Bilancio 2023 ha aggiunto un ulteriore 1% di sgravio per i redditi fino a 25mila euro, raggiungendo così un taglio totale del 3%. Per i redditi tra 25mila e 35mila euro, invece, è stato confermato il taglio del 2%.
Cuneo fiscale, quanto aumenta la busta paga
Con il taglio del cuneo fiscale i lavoratori dipendenti si troveranno una voce in più in busta paga, corrispondente all’aumento lordo. Su uno stipendio di mille euro lordi al mese i contributi passano dal 7,19% di fine 2022 al 6,19% del 2023: i contributi scendono da 71,90 a 61,90 euro e questo vuol dire un aumento in busta paga di 10 euro.
Seguendo lo stesso principio, per gli stipendi di 1.300 euro l’aumento è di 13 euro, per quelli da 1.500 euro parliamo di 15 euro in più al mese. Proseguendo, a quota 1.700 euro lo stipendio sale di 17 euro e per 1.900 euro si tratta di 19 euro in più in busta paga. Lordi, come ricordato. Perché, di fatto, la cifra cambia a causa del calcolo dell’Irpef.
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Come detto, però, con il taglio dei contributi scendono anche le detrazioni e, così, l’aumento netto in busta paga è in realtà minore rispetto alle cifre prospettate finora. Il Sole 24 Ore presenta un paio di esempio per capire quale sia la differenza. Nel primo caso si prende un lavoratore con una retribuzione imponibile previdenziale di 2.335 euro: nel suo caso il taglio del cuneo fiscale è del 2% e corrisponde a 46,70 euro. Ma l’aumento netto in busta paga è inferiore, fermandosi a 30,31 euro, con un incremento reale che non è del 2%, bensì dell’1,70%.
L’altro esempio viene fatto su un lavoratore dipendente con uno stipendio di 1.857 euro. A fronte di un aumento di 55,71 euro con il taglio del 3% del cuneo fiscale, in realtà l’incremento in busta paga sarà di 36,15 euro. La differenza, in questo caso, è di oltre 18 euro, con una riduzione reale del cuneo che si attesta al 2,43% invece che al 3%.
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