Superbonus, beffa per chi non conclude i lavori. Molti rischiano di restituire le somme

Nadia Pascale

01/02/2024

Il Superbonus assume contorni sempre più infausti, nato come un’agevolazione per realizzare i lavori di efficientamento degli immobili a zero spese, rischia di tramutarsi in un boomerang.

Superbonus, beffa per chi non conclude i lavori. Molti rischiano di restituire le somme

Cosa cambia nella conversione del decreto Superbonus? Chi rischia di dover restituire all’Agenzia delle Entrate le somme già ricevute? La beffa del superbonus risulta mitigata dal decreto 212 del 2023, ma non tutti possono avvalersene.

Tanti cittadini hanno approfittato delle agevolazioni superbonus per realizzare cappotto termico, installazione di pannelli fotovoltaici, sostituzione di infissi e caldaie. Molti, quelli che hanno agito per primi, non hanno avuto grossi problemi. Chi, invece, ha deciso nei mesi successivi è stato suo malgrado travolto dalla valanga normativa.

I crediti incagliati hanno fatto in modo che molte ditte edili si fermassero, con grosso danno anche per i cittadini i cui immobili erano in «lavorazione». Ristrutturazioni lasciate a metà, lavori non completati che, in alcuni casi i proprietari hanno dovuto terminare «in proprio» almeno per tornare ad abitare nell’immobile.

Si aggiunge il rischio di dover restituire i soldi nel caso in cui non si riescano a recuperare le due classi energetiche a causa del ritardo dei lavori da parte delle ditte.
Una «pezza» a tale situazione è stata messa con il decreto Superbonus, ma questa non copre tutti i soggetti coinvolti.

Ecco chi rischia la beffa di dover restituire le somme delle agevolazioni superbonus per non aver ultimato i lavori in tempo.

Scudo superbonus, non per tutti. Chi rischia di dover restituire i soldi?

Durante i lavori di conversione del decreto Superbonus, è stato lanciato un vero e proprio allarme: esclusi dallo scudo coloro che hanno usufruito delle detrazioni fiscali, si tratta di una dimenticanza o di una scelta consapevole?

Il decreto Superbonus (o salva-spese - decreto 212 del 2023) prevede che non vi sia perdita di benefici nel caso in cui i lavori non siano stati conclusi entro il 31 dicembre 2023, ma a condizione che vi sia un SAL, stato di avanzamento dei lavori, del 60%. Non è necessario quindi il recupero attraverso i lavori svolti di due classi energetiche.

Il SAL altro non è che lo Stato di Avanzamento dei Lavori. Per il superbonus i Sal, oltre a quello di fine lavori, non possono essere più di 2 e devono rappresentare una percentuale di avanzamento lavori non inferiore al 30%. Il Sal permette di fruire del bonus in fasi differenti ed in base alla percentuale di lavori svolta.

Il rischio concreto per chi non conclude i lavori o li conclude non salendo delle due classi energetiche, così come richiesto dalla normativa che regola il superbonus, è quello di doverli pagare di tasca propria. La beffa è rappresentata dal fatto che l’Agenzia delle Entrate può anche richiedere la restituzione dei bonus già utilizzati con i SAL in fasi differenti in base all’avanzamento dei lavori.

Questo trasforma un’agevolazione fiscale nata per consentire di eseguire determinati lavori del tutto gratuitamente in una sorta di salasso economico per il cittadino, che si trova costretto ad accendere un mutuo per restituire quanto scontato in fattura dalla ditta edile a causa della mancata conclusione dei lavori o perché non ha ottenuto il recupero delle classi energetiche.

La misura adottata con il decreto Superbonus, decreto legge 212 del 2023, blocca il recupero delle relative somme da parte dell’Agenzia delle Entrate per i lavori del 110% realizzati (almeno al 60%) ma non ultimati al 31 dicembre 2023.

Vi è però un’omissione all’interno del decreto, o almeno così è considerata, cioè tale beneficio si applica solo ai contribuenti che abbiano optato per la cessione del credito o lo sconto in fattura. Di conseguenza, non trova applicazione nel caso in cui il contribuente abbia pagato i lavori e portato in detrazione le spese.

La ratio della norma è evitare che i soggetti che si sono trovati in modo incolpevole con i lavori bloccati a causa delle difficoltà delle imprese nell’ultimarli, si ritrovino, oltre al danno di avere un immobile in cantiere, in molti casi anche senza la possibilità di vivere negli stessi e quindi pagando canoni di locazione, anche a dover rimborsare somme all’Agenzia delle Entrate.

Il limite però è stato evidentemente notato da pochi. La questione, infatti, è stata sollevata in aula dalla deputata del Pd ed ex sottosegretario all’Economia, Maria Cecilia Guerra, che ha chiesto al Governo di confermare la sua interpretazione delle norme del decreto Superbonus.

Molti speravano in una smentita, ma così non è stato. Il Governo ha, infatti, confermato che lo scudo previsto nel decreto Superbonus, effettivamente non trova applicazione per i contribuenti che hanno scelto le detrazioni fiscali in proprio. Costoro rischiano quindi di dover restituire i soldi delle detrazioni fiscali.
Il problema è di coperture, infatti è stato promesso un intervento specifico in merito nei prossimi mesi. Lo stesso è posticipato perché è necessario valutare l’andamento della spesa del bonus 110%. Non si è quindi trattato di una svista.

Conversione decreto Superbonus, respinti gli emendamenti per il bonus barriere architettoniche

Continua la linea dura sul Superbonus, infatti il Governo ha respinto tutti gli emendamenti presentati al decreto Superbonus, particolare attesa vi era per quelli inerenti il bonus barriere architettoniche.

Il decreto Superbonus, per il bonus barriere architettoniche ha introdotto importanti novità, cioè la restrizione degli interventi che possono ottenere i benefici. Questa restrizione ha portato a una pesante limitazione degli interventi agevolabili, con esclusione della sostituzione degli infissi e rifacimento bagni. Gli interventi agevolabili restano:

  • installazione ascensori;
  • installazione servoscala e piattaforme elevatrici;
  • eliminazione rampe.

Gli emendamenti presentati miravano a ripristinare tali agevolazioni ma, come visto, sono stati respinti. Si trattava di misure utili perché per il bonus barriere architettoniche fino al 31 dicembre 2025, come stabilito dalla legge di bilancio per il 2023, sono ancora in vigore cessione del credito e sconto in fattura.

Anche su queste agevolazioni vi è però stata una tagliola. La cessione del credito e lo sconto in fattura sono ottenibili solo in caso di presenza di un disabile nel nucleo, senza limiti di reddito. Per gli altri contribuenti si possono ottenere solo in caso di reddito inferiore a 15.000 euro. Infine, cessione del credito e sconto in fattura sono attivi per gli interventi negli edifici condominiali.

Iscriviti a Money.it