In Svezia alcuni funzionari hanno vietato l’utilizzo della mascherina. Il motivo? Le misure anti-contagio messe in atto sono sufficienti. E ancora, non ci sarebbero prove scientifiche a sostegno della sua efficacia.
L’utilizzo delle mascherine in Svezia è sempre andato in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei e mondiali. Infatti, sin dal primo momento, il Paese aveva deciso di non renderle obbligatorie né nei luoghi all’aperto né tanto meno in quelli al chiuso: l’obiettivo iniziale era raggiungere l’immunità di gregge.
Una volta compreso il fallimento di questa strategia e dopo la registrazione di un balzo dei contagi, anche la Svezia ha optato per l’uso di mascherina sui mezzi pubblici, sebbene limitato ad alcune fasce orarie e raccomandato ai più giovani.
Ad oggi in Svezia qualcosa è cambiato di nuovo: alcune città sono tornate a vietare l’utilizzo delle mascherine invocando una ricerca che evidenzierebbe la loro inefficacia.
Svezia, mascherine vietate in alcune città
Mentre tutti i Paesi del mondo corrono ai ripari contro le nuove varianti del coronavirus, in Svezia alcune città hanno vietato l’utilizzo della mascherina. L’episodio più clamoroso è accaduto nel Comune di Halmstad, dove un funzionario ha costretto un insegnante a togliersi il dispositivo di protezione.
Le autorità svedesi, per giustificare tale divieto, hanno invocato un report dell’agenzia di sanità pubblica svedese che evidenziava come non ci fossero prove scientifiche per indossare le mascherine. Tuttavia, il report risale a diversi mesi prima, quando ancora si pensava che l’utilizzo errato dei dispositivi di protezione non facesse grande differenza sulla possibilità di contagio. Inoltre, tale studio è stato rimosso.
Niente mascherina in biblioteca: ecco perché
Una biblioteca del Comune di Kungsbacka ha vietato l’utilizzo delle mascherine in quanto ritiene che “le misure già prese presso le biblioteche siano sufficienti”. Infatti, basta sapere “quante persone sono nelle biblioteche contemporaneamente” in modo da riuscire a mantenere da tutti una certa distanza sociale.
“Sulla base delle analisi dei rischi che abbiamo svolto nella nostra attività, non c’è motivo di indossare dispositivi di protezione ”, ha detto infatti Ulrika Granfors, capo dell’amministrazione della cultura e del tempo libero presso il Comune di Kungsbacka.
Questo modo di comportarsi, secondo i media svedesi, potrebbe derivare da mesi e mesi di comunicazioni istituzionali contro le mascherine, che hanno diffuso nella mente delle persone la convinzione che i dispositivi di protezione siano in realtà superflui rispetto ad altre misure come la detersione frequente delle mani o il distanziamento sociale. Il risultato è uno Stato in cui i contagi aumentano di continuo.
L’utilizzo delle mascherine nel mondo
Il Centro europeo per il controllo delle malattie aveva raccomandato per la prima volta l’uso di mascherine in pubblico ad aprile, mentre l’esortazione da parte dell’OMS è arrivata solo a giugno.
I diversi Stati europei e mondiali si sono adattati gradatamente a questa indicazione: basti pensare che l’Inghilterra ha aspettato fino a luglio prima di adottare le mascherine e, altri Paesi come Norvegia, Danimarca e Finlandia hanno introdotto requisiti per le mascherine soltanto in agosto. In Italia, la mascherina è stata resa obbligatoria anche all’aperto ad agosto.
La Svezia è sempre andata controtendenza e ha negato l’efficacia dell’utilizzo delle mascherine che, almeno all’inizio, si credeva potessero effettivamente aumentare la diffusione del Covid-19. Le autorità svedesi hanno mantenuto la loro posizione antimask fino a dicembre, quando il primo ministro, Stefan Lofven, aveva annunciato un’inversione di marcia sull’uso delle mascherine sui trasporti pubblici. Ma l’utilizzo era limitato alle fasce orarie di punta e ciò creava una grande confusione tra i cittadini.
Complice proprio una comunicazione inefficace o la diffusione di luoghi comuni sulle mascherine, la popolazione svedese ha sempre agito in modo confuso contro la diffusione del Covid-19 e si trova ora a dover affrontare la terza ondata pandemica.
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