Trasformazione società: come passare da un tipo a un altro

Daniele Bausi

15/06/2022

Con la trasformazione la società assume un modello organizzativo diverso da quello originario. Vediamo cosa prevede la legge.

Trasformazione società: come passare da un tipo a un altro

La trasformazione è l’operazione con cui la società – per far fronte alle mutate esigenze sociali – assume un modello organizzativo diverso da quello originario.

Nel corso della vita della società, infatti, i soci potrebbero voler adottare un sistema diverso, essendo mutate le loro esigenze in ordine a un certo tipo di attività di impresa che hanno deciso di intraprendere. In tal modo non saranno costretti a dover liquidare la società e costituirne una nuova, con notevoli vantaggi in termini di costi, potendo semplicemente continuare la stessa attività d’impresa sulla base di un nuovo tipo di ente.

Il principio alla base di tale operazione è quello di continuità, cosicché non muta il soggetto di diritto, ma solo la struttura organizzativa dell’ente (cfr. art. 2498 c.c.). Proprio per tale ragione, qualora la società sia titolare di alcuni beni, ad esempio un immobile, non avverrà un trasferimento: la società non trasferisce diritti, ma semplicemente muta la propria veste giuridica.

La trasformazione non per forza coinvolge due società. Vediamo allora quali tipi di trasformazione sono contemplati dalla legge.

I tipi di trasformazione previsti

Il Codice civile prevede due tipi di trasformazione:

  • trasformazione omogenea: l’operazione riguarda solo le società, cosicché potrà trattarsi di trasformazione da società di persone (come la società in nome collettivo o in accomandita semplice) in società di capitali (come la società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata), oppure il contrario, ossia la trasformazione di una società di capitali in una società di persone. In particolare, la prima ipotesi è regolata dall’art. 2500 ter. c.c., per cui – a differenza che nelle altre ipotesi in cui si modifica il contratto sociale – è sufficiente la decisione della maggioranza dei soci (e non già l’unanimità), determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, con previsione del diritto di recesso per i soci che non concorrano alla decisione. Per rispettare il principio di effettività del capitale sociale, proprio delle società di capitali, inoltre, sarà necessaria una relazione di stima che attesti il valore del patrimonio della società che attua la trasformazione (ma sarà anche possibile, altrimenti, ricorrere alla procedura di valutazione del patrimonio semplificata prevista dall’art. 2343 ter c.c.). Nel passaggio da società di capitali a società di persone, invece, dovrà seguirsi il disposto dell’art. 2500 sexies c.c.
  • trasformazione eterogenea: in tal caso l’operazione determina non solo il mutamento del modello organizzativo, ma anche della causa dell’ente. Così, è possibile che una società (di persone o di capitali) si trasformi in un consorzio, una società consortile, una cooperativa, una comunione d’azienda, un’associazione non riconosciuta o una fondazione. Allo stesso modo, è possibile il contrario, sebbene il legislatore – testualmente – escluda le sole associazioni non riconosciute. Parte della dottrina, tuttavia, ritiene che ciò si traduca in un mero difetto di coordinamento: anche una associazione non riconosciuta potrebbe trasformarsi in una società. Gli artt. di riferimento per le trasformazioni eterogenee sono il 2500 septies ss. c.c. Peraltro è previsto – a differenza che nella trasformazione omogenea – che i creditori possano opporsi all’operazione (art. 2500 novies c.c.).

La trasformazione tra enti senza scopo di lucro.

Con la riforma del terzo settore è stato introdotto anche un nuovo articolo nel codice civile, il 42 bis. In base a esso, se non è espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni senza scopo di lucro possono operare reciproche (“reciproche”, pertanto la norma si applica quando sono convolti entrambi questi tipi di enti) trasformazioni, fusioni o scissioni.

La trasformazione produce gli effetti di cui all’articolo 2498. L’organo di amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla situazione patrimoniale dell’ente in via di trasformazione contenente l’elenco dei creditori, aggiornata a non più di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione, nonché la relazione di cui all’articolo 2500-sexies, secondo comma. Si applicano inoltre gli articoli 2499, 2500, 2500-bis, 2500-ter, secondo comma, 2500-quinquies e 2500-nonies, in quanto compatibili.

Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili.

Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

Pertanto, il legislatore ha confermato la piena legittimità delle operazioni di trasformazione tra enti senza scopo di lucro. In tal modo, esse potranno mutare la propria veste organizzativa e scopo, beneficiando del principio di continuità.

Peraltro, l’art. 42 bis non si applica solo alle operazioni riguardanti enti del terzo settore, operando anche nell’ambito degli enti del Primo Libro del Codice civile per così dire “ordinari”.

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