I negoziati sembrano sostanzialmente fermi, ma le trattative tra Russia e Ucraina per mettere fine alla guerra sono davvero in alto mare? Quando potrebbe finire il conflitto?
La pace in Ucraina è davvero vicina? La fine della guerra iniziata con l’invasione russa sembra avvicinarsi, secondo alcune previsioni. Tanto che si parla sempre più insistentemente della data del 9 maggio, giorno in cui la Russia celebra la fine della Seconda guerra mondiale. E in cui vorrebbe celebrare una nuova vittoria.
La Russia è pronta a dare il via alla battaglia nel Donbass, con l’offensiva che dovrebbe diventare sempre più aggressiva nelle prossime ore. Dall’altra parte l’Ucraina non sembra intenzionata a cedere, come dimostrano anche le parole del capo negoziatore di Kiev, Mykhailo Podolyak: “Dopo aver vinto potremo dettare le nostre condizioni”.
La battaglia, intanto, prosegue sul terreno mentre i negoziati sembrano in una fase di stallo. La speranza che il conflitto finisca presto sembra lontana anche per l’Ue, come dimostra l’alto rappresentante Josep Borrell: “Temo che nei prossimi giorni la guerra si intensificherà nel Donbass”. Come vanno, quindi, le trattative di pace e quali sono le posizioni di Russia e Ucraina al momento?
La posizione della Russia e la volontà di Putin
L’invasione russa era iniziata con l’obiettivo di denazificare e demilitarizzare l’Ucraina. Di fatto il presidente Vladimir Putin puntava ad avere un governo amico, se non fantoccio, a Kiev per allontanare anche lo spetto della Nato.
Ora le sue pretese sembrano ridimensionate, il che potrebbe già rappresentare un buon segno e un piccolo avvicinamento alla pace: il Cremlino punta ancora il dito contro il battaglione Azov, giustificando così la sua volontà di denazificare l’Ucraina.
Mosca continua a chiedere garanzie sul mancato ingresso nella Nato di Kiev, mentre l’obiettivo dichiarato resta il Donbass. In questo momento ogni decisione da parte dei russi sembra in mano a Putin, che però deve pensare anche all’impatto economico della guerra.
Il rischio di default tecnico è sempre più vicino e a questo si somma il problema relativo a tutti gli oligarchi e gli uomini di vertice russi che sono bloccati economicamente e fisicamente nel Paese. Ma alla fine resta tutto nelle mani di Putin.
La posizione dell’Ucraina e le richieste di Zelensky
L’Ucraina, da parte sua, di certo non vuole perdere l’integrità territoriale. E, anzi, vorrebbe riacquisire a tutti gli effetti la Crimea. Kiev è però intenzionata a fare qualche concessione a Mosca, come la rinuncia alla Nato e alle armi nucleari.
La smilitarizzazione dell’Ucraina è possibile, ma servono - a giudizio di Kiev - dei garanti, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Italia. Resta da capire se questo piano possa davvero andar bene al Cremlino, considerando che sarebbe in forma diversa una presenza della Nato nel Paese.
Per quanto riguarda il presidente Volodymyr Zelensky, invece, la sensazione è che non basti una sua decisione e che il processo per la fine della guerra coinvolga molti più attori a Kiev. E non solo nazionali. Di certo influisce anche la devastante situazione economica causata dalla guerra, con gli aiuti da Usa e Ue che potrebbero non essere sufficienti in un Paese completamente bloccato.
A che punto sono i negoziati: come vanno le trattative per la pace
Finora in tanti si sono offerti come mediatori per le trattative tra Russia e Ucraina. C’ha provato la Bielorussia con Lukashenko, poi è stato il turno della Francia con Macron, della Germania con Scholz e dell’Ungheria con Orban. Finora i risultati più tangibili sembra averli ottenuti la Turchia di Erdogan, tanto che quel round di negoziati si è concluso con l’annuncio di una diminuzione dell’attività militare.
Ora è il turno dell’Austria, con il cancelliere Karl Nehammer che è andato a Mosca da Putin, dopo aver incontrato Zelensky sabato scorso. Le trattative restano per ora in salita e prevedere quando potrebbe finire la guerra è molto complicato, almeno fino a che non si capirà come andranno le operazioni militari sul campo, soprattutto in Donbass. La data del 9 maggio, comunque, resta un’ipotesi. Ma non l’unica.
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