Attenzione alle scadenze e ai requisiti: come «congelare» tutto e usare la riforma anche dopo il 31 dicembre. Cosa fare
Il 31 dicembre 2021 scadranno i termini per usufruire di «Quota 100», la possibilità di andare in pensione con 62 anni e 38 anni di contributi. Cosa cambierà il prossimo anno?
L’articolo 14 del Dl n. 4/2019 aveva introdotto, per il triennio 2019/2021, la possibilità di andare in pensione con i requisiti descritti ed è valida per tutti i lavoratori assicurati all’Inps. Lo stesso articolo dispone che il diritto acquisito entro il 31 dicembre 2021 possa essere esercitato anche successivamente alla predetta data per il cosiddetto «principio della cristallizzazione del diritto a pensione»: il lavoratore che abbia raggiunto i requisiti anagrafici e contributivi potrà scegliere di andare in pensione anche successivamente senza perdere questa possibilità.
Quindi, se un lavoratore del settore privato raggiungerà i 62 anni e 38 di contributi il 15 dicembre 2021, la decorrenza della pensione è prevista per il 1° aprile 2022: il lavoratore potrà decidere liberamente di pensionarsi il 1° aprile 2022 oppure attendere per avere una pensione più elevata.
Questo diritto è «cristallizzato» perché prescinde da un’eventuale proroga o meno di «Quota 100».
E dopo? Prende corpo l’ipotesi di «Quota 92» (30 anni di contributi e 62 d età) «che aiuti donne e lavoratori impegnati in lavori usuranti» ha affermato il capogruppo Dem, Graziano Delrio, che vorrebbe una profonda revisione del sistema previdenziale con l’uscita anticipata soltanto ad una categoria limitata di lavoratori.
Altra ipotesi è «Quota 102»: uscita dal lavoro a 64 anni con 38 anni di contributi versati. Con «Quota 100» si può perdere dal 5,6% se l’uscita è anticipata di un anno, fino al 34,7% in caso di uscita 6 anni prima - un conto è già salato, che con «Quota 92» potrebbe essere ancora più pesante.
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