Trump continua a chiamare il coronavirus “virus cinese”, suscitando polemiche e alzando le tensioni con Pechino. Quale strategia politica sta seguendo il Presidente USA?
Donand Trump ha almeno una certezza nel caos coronavirus degli Stati Uniti: l’epidemia che sta colpendo la sua nazione ha un nome preciso: “virus cinese”.
Il Presidente degli Stati Uniti è probabilmente l’unico capo di Stato che continua a riferirsi al virus specificando costantemente la sua origine, ovvero la Cina.
Un modo come un altro per semplificare la comunicazione o pura strategia politica? Non è proprio un caso se l’inquilino della Casa Bianca preferisce ribadire in ogni occasione ufficiale la provenienza straniera del coronavirus, rimarcando l’estraneità con gli USA e quasi, velatamente, sottolineando le responsabilità di Pechino per la diffusione.
Questa abitudine a riferirsi al “virus cinese” sta provocando una serie di polemiche a sfondo razzista nei confronti di Trump. Il Presidente USA, però, minimizza, nel pieno della crisi coronavirus nella sua nazione. Intanto, i rapporti con la Cina si fanno sempre più tesi.
Il Coronavirus per Trump è il “virus cinese”. Ecco perché
Ieri, mercoledì 18 marzo, Trump ha difeso la sua pratica sempre più frequente di chiamare il coronavirus il “virus cinese”, ignorando il crescente coro di critiche sul fatto che tale denominazione sia razzista.
Il presidente USA ha semplicemente spiegato che: “Non è affatto razzista. "Viene dalla Cina, ecco perché.”
Il termine coniato e continuamente utilizzato dall’inquilino della Casa Bianca, però, sta causando un vero e proprio scontro diplomatico. Funzionari cinesi e diversi critici hanno affermato che etichettare il virus in questo modo aumenterà solo le tensioni tra i due Paesi, provocando un clima di xenofobia che andrebbe scoraggiato, non fomentato.
I cittadini americani di origine asiatica hanno già riportato episodi di insulti razziali e violenze fisiche a causa della percezione che la Cina sia la colpevole del coronavirus.
Che ci sia nervosismo tra le due grandi potenze è innegabile. Appena due giorni fa Trump ha dichiarato che il suo insistere sul legame tra Cina e virus era una risposta al tentativo di Pechino di incolpare l’esercito USA dell’epidemia.
Non solo, il Governo cinese ha annunciato che avrebbe espulso i giornalisti dalle principali agenzie di stampa, tra cui il New York Times, in risposta alla decisione dell’amministrazione Trump di limitare il numero di cittadini cinesi che lavorano negli Stati Uniti.
Dopo la guerra commerciale, quindi, è in corso un nuovo conflitto tra i le due potenze?
Trump e la campagna presidenziale sul coronavirus
Per molti osservatori il continuo riferimento alla Cina quando si parla di coronavirus rientra nella strategia della campagna elettorale di Trump per le elezioni presidenziali USA di novembre.
Lo scoppio dell’epidemia negli Stati Uniti, con tutte le conseguenze drammatiche che sta già avendo sulla salute dei cittadini e sull’economia nazionale, è un duro colpo per la rielezione del Presidente repubblicano.
Anche per questo Trump continua a riferirsi nei tweet e nei discorsi ufficiali al “virus cinese”, e addirittura Pence ha parlato di “Wuhan virus”. L’intento è allontanare ogni responsabilità americana sugli effetti nefasti dell’epidemia, colpa, quindi, della Cina.
Non a caso, tra gli slogan del Presidente nella campagna elettorale, è apparso questo proclama: “L’America è sotto attacco - non solo da un virus invisibile, ma dai cinesi.”
Donald Trump sembra davvero temere il coronavirus, innanzitutto, per la sua non facile rielezione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA