Nota per un processo decisionale lento e ponderato, negli ultimi sei mesi la Fed è stata sottoposta alle infinite pressioni del Presidente Trump, ed è inevitabilmente cambiata
Trump ha cambiato la Fed per sempre. A farlo notare è il quotidiano CNN, che mette in luce come gli ultimi anni - e gli ultimi mesi in particolare - stiano portando la banca centrale statunitense a un vero e proprio cambio radicale del suo modus operandi e della sua linea comunicativa. Il motivo di questo snaturamento? Donald Trump.
A brevissima distanza dall’ultima stoccata del tycoon, non è certo difficile immaginare come la campagna di continue pressioni pubbliche finisca per influire in maniera notevole sul quotidiano operato della Federal Reserve.
In un’intervista il Presidente USA ha persino definito Jerome Powell “loco”, vale a dire ’pazzo’, chiedendone senza mezzi termini il licenziamento e criticando i precedenti rialzi dei tassi d’interesse.
Trump ha cambiato la Fed per sempre
La quotidiana battaglia fatta di frecciatine e critiche dirette ha certamente modificato lo scenario d’azione della Fed.
Tuttavia - precisa la CNN - i cambiamenti più importanti sono da imputare alle mosse del tycoon sul fronte commerciale, arrivate proprio in corrispondenza di un infiacchirsi della crescita su scala globale.
Da quando Trump è approdato alla Casa Bianca, la banca centrale statunitense ha dovuto adattarsi a un’economia in rapido movimento e a un Presidente che ha accantonato ogni formalità, per portare avanti un approccio decisamente meno ortodosso.
Come ha fatto notare David Wessel, direttore dell’Hutchins Center on Fiscal and Monetary Policy, l’atteggiamento del capo della Casa Bianca nei confronti della Federal Reserve è di solito completamente diverso rispetto a quello che stiamo vedendo:
“Trump aggiunge confusione, non gli importa di scatenare disordini e complicare i lavori del Board: ha reso tutto più difficile”.
Incoraggiato da un forte mercato del lavoro e da una crescita costante, Powell ha assunto il suo ruolo nel 2017; mentre l’economia è rimasta stabile, il tycoon ha iniettato un elemento di incertezza dalla metà dello scorso anno, imponendo dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio e su miliardi di dollari di prodotti cinesi.
Secondo Brian Gardner, della banca d’investimento Keefe, Bruyette & Woods,
i funzionari della Fed sono fortemente condizionati dal pensiero che le decisioni politiche attuali possano pesare sul loro scenario d’azione:
“Il Presidente Trump ha chiaramente allontanato dai nostri occhi un modo ’normale’ di fare affari. In sostanza, la Fed è abituata a operare in un ambiente che ora non esiste più”.
È proprio questa incertezza che l’ha spinta a lasciare tutte le opzioni sul tavolo, compresi i possibili tagli dei tassi già a luglio.
Ma forse a chiarire meglio l’attuale quadro c’è riuscito Nathan Sheets, ex sottosegretario al Tesoro dell’amministrazione Obama, evidenziando come i problemi maggiori arrivino dal fatto che la Federal Reserve si trovi a vivere una situazione in cui “è quasi tentata di anticipare la prossima mossa di Trump”:
“Questo è sbagliato, nessuno può sapere quale sarà la sua prossima mossa”.
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