Dopo aver violentato e massacrato di botte la convivente, il colpevole ha ottenuto lo sconto di pena perché “esasperato” dal comportamento “troppo disinvolto” della donna. La sentenza della Corte d’Appello fa discutere e riflettere.
I giudici della Corte d’Appello di Milano hanno ridotto la pena ad un uomo condannato per aver sequestrato una notte intera la convivente tra botte e violenze sessuali. Il tempo che dovrà trascorrere in carcere si abbassa di 8 mesi.
Alla base dello sconto di pena il comportamento della donna, ritenuto dai giudici “troppo disinvolto” per i molteplici tradimenti che l’uomo aveva sopportato fino al giorno dello stupro.
L’uomo era stato condannato in primo grado a 5 anni con l’accusa di sequestro di persona e violenza sessuale; ma ciò che colpisce più dello sconto di pena sono le motivazioni dei giudici: come se i tradimenti e il contesto di povertà e degrado in cui verteva la famiglia rendessero meno gravi condotte deplorevoli come il sequestro, la violenza domestica e sessuale.
Violenta la convivente ma ottiene lo sconto di pena: cosa hanno deciso i giudici
Il caso controverso riguarda un uomo di origine romena di 63 anni che lo scorso 8 giugno 2019 aveva dato inizio a vessazioni e comportamenti violenti nei confronti della moglie a causa dei tradimenti continui, spesso con uomini conosciuti sui Social network. In una roulotte a Vimercate, in provincia di Monza, l’uomo l’aveva sequestrata per una notte intera, presa a pugni, percossa con un tavolino di legno e violentata.
Dopo la condanna con rito abbreviato del tribunale di Monza - 5 anni di carcere - e poi il ricorso in Appello. In secondo grado i giudici hanno ritenuto il trattamento sanzionatorio troppo severo dato che l’uomo è stato ritenuto un soggetto mite e non violento e che il gesto estremo fosse stato causato da un momento di esasperazione seguito ad anni di accondiscendenza.
La condotta della vittima, di circa venti anni più giovane, è stata giudicata “eccessivamente disinvolta”: ripetuti tradimenti che avevano anche portato ad una gravidanza con un altro partner.
La linea difensiva dell’uomo ha spinto i giudici a “tenere in considerazione il contesto di degrado familiare” e abbassare la pena comminata in primo grado, come se ciò bastasse a indebolire l’intensità del dolo della violenza. Eppure, secondo il racconto della donna, durante la notte del sequestro l’uomo l’aveva anche minacciata di morte dicendole “di qua non esci viva”.
I capi di accusa nei confronti del colpevole restano gli stessi, ma la pena passa da 5 a 4 anni e 4 mesi di carcere.
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