Cosa sono i vitalizi parlamentari e come vengono calcolati? Ecco tutto quello che devi sapere.
In tutte le democrazie, tra cui l’Italia, è previsto un trattamento economico adeguato per deputati e senatori in modo tale che questi possano essere indipendenti.
I vitalizi sono un’erogazione di denaro mensile corrisposta in favore dei parlamentari alla fine del mandato.
I vitalizi dei parlamentari potrebbero sembrare una sorta di pensione, ma non è così: la loro erogazione non dipende dall’Inps ma grava sul bilancio degli organi istituzionali di cui il parlamentare faceva parte (Senato o Camera dei deputati).
Il tema dei vitalizi è sempre molto chiacchierato anche perché la loro abolizione è stato il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle. Oggi la notizia che il Senato li ha ripristinati con l’ordine di restituire gli arretrati.
Visto che si tratta di uno dei temi centrali della politica italiana, cerchiamo di spiegare cosa sono esattamente i vitalizi parlamentari, come si calcolano, e a quali eredi di trasmettono.
Vitalizi parlamentari: cosa sono, abolizione e importo
Come abbiamo anticipato, i vitalizi parlamentari sono stati aboliti nel 2012 (ad eccezione di chi aveva i requisiti prima di quella data), e nel 2018 una delibera firmata M5S ne ha stabilito il ricalcolo utilizzando il metodo contributivo: questo ha significato una “sforbiciata” imponente - circa del 60% - degli importi percepiti fino a quel momento. Una mossa politica che ha riguardato oltre 2600 tra deputati e senatori.
Dal 1° gennaio 2012, quindi, è stato introdotto il nuovo trattamento previdenziale dei parlamentari, che si basa sul sistema di calcolo contributivo e il diritto al trattamento pensionistico si matura al conseguimento di un duplice requisito, anagrafico e contributivo: l’ex parlamentare ha infatti diritto a ricevere la pensione a condizione di avere svolto il mandato parlamentare per almeno 5 anni e di aver compiuto 65 anni di età. Per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni.
Coerentemente con quanto previsto per la generalità dei lavoratori, anche ai Senatori in carica alla data del 1° gennaio 2012 è applicato un sistema pro rata: la loro pensione risulta dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato, al 31 dicembre 2011, e della quota di pensione riferita agli anni di mandato parlamentare esercitato dal 2012 in poi. La pensione pro rata non può superare in nessun caso l’importo massimo previsto dal previgente Regolamento per gli assegni vitalizi.
Il taglio non è piaciuto a molti parlamentari, basti pensare che i ricorsi giudiziari contro la delibera sono più di 2 mila.
È possibile consultare l’elenco completo degli ex senatori che percepiscono il vitalizio o il trattamento di reversibilità in caso di morte.
L’intervento del Movimento 5 Stelle
Nel 2018 il Movimento 5 Stelle procede al ricalcolo con sistema contributivo per tutti i vitalizi maturati fino al 31 dicembre 2011, eliminando il sistema retributivo.
Questa mossa portò ad un taglio consistente dei vitalizi erogati. Vennero poi stabiliti dei “tetti”:
- 980 euro per chi ha un solo mandato;
- 1.470 euro per i vitalizi con taglio di oltre il 50% con le nuove regole.
Vitalizio parlamentari: chi li prende e chi sono gli eredi
Il vitalizio parlamentare vale “vita natural durante” e ciò significa che non si esaurisce con la morte del parlamentare ma viene erogato anche ai suoi eredi. Ma chi sono gli eredi che ne beneficiano?
Prima di tutto i coniugi, ma oltre ad essi anche i figli e le figlie dei parlamentari continuano a percepire il vitalizio dei genitori e, se non bastasse, il pagamento viene erogato anche a fratelli e sorelle.
Insomma, il vitalizio parlamentare può avere una durata talmente lunga da passare almeno un paio di generazioni, con un dispendio non da poco per lo Stato.
Quando nascono i vitalizi
Molti pensano, erroneamente, che i vitalizi siano stabiliti dalla Costituzione, ma non è così. In realtà il dettato costituzionale prevede semplicemente che le Camere possano autogestirsi e organizzarsi in autonomia, e quindi stabilire particolari trattamenti economici.
I vitalizi sono stati introdotti nel 1954 come una somma mensile da erogare al termine del mandato per ricompensare chi aveva prestato il proprio servizio allo Stato e supportare economicamente chi era stato costretto ad abbandonare il lavoro perché incompatibile con l’attività in Parlamento.
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Inizialmente il vitalizio era previsto dopo i 60 anni e per riceverlo bastava anche un solo giorno alla Camera o in Senato, il metodo di calcolo era quello retributivo (quindi in base allo stipendio percepito).
I primi tagli sono arrivati intorno al 1997 con una grande riduzione dell’importo (circa l’85%) e l’età minima è salita a 65 anni.
Poi nel 2007 l’importo del vitalizio è diventato variabile in base all’anzianità di servizio e la gli anni di mandato.
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