Anche se ha una brutta fama, il mese di settembre potrebbe non essere quello giusto per uscire dall’azionario statunitense.
Settembre, è risaputo, è uno dei peggiori mesi per il comparto azionario statunitense. Il mese corrente, che inizia oggi per i listini a stelle e strisce, non dovrebbe fare eccezione. Secondo le serie storiche, dal 1937 nel mese che chiude l’estate sia il Dow Jones che lo Standard & Poor’s 500, perdono in media un punto percentuale. Per il Nasdaq Composite la riduzione si attesta allo 0,5%.
Le tensioni commerciali, l’inversione della curva dei rendimenti, i timori in vista della nuova stagione delle trimestrali e il rallentamento della prima economia rappresentano tutte ottime ragioni per invitare gli operatori alla cautela anche se c’è chi, come Mark Hulbert, editorialista di Marketwatch, va controcorrente provando a smontare gli assunti secondo cui quello corrente dovrebbe essere un mese negativo per l’azionario a stelle e strisce.
Tensioni in vista dei numeri del terzo triemstre
Secondo la teoria tradizionale, gli operatori tendono a vendere nel mese di settembre perché preoccupati dall’andamento della nuova earning season, che inizierà ad ottobre.
Hulbert a questo proposito rileva che è irrazionale concentrare quest’ansia esclusivamente sul terzo trimestre, anche perché “dal 1988 il trimestre che presenta l’andamento peggiore rispetto ai primi tre mesi dell’anno è il quarto e quindi, seguendo questa logica, dicembre dovrebbe essere il peggior mese del calendario (e infatti, analizzando le performance dal 1988, si registra una sottoperformance)”.
Sell in May and go away
Secondo un’antica consuetudine si resta fuori dal mercato nel periodo compreso tra il mese di maggio e Halloween. Questo fa sì che a fine agosto ci siano numerose azioni che fanno registrare una performance negativa. Tornati dalle vacanze, gli operatori vendono queste azioni.
“Il pattern ‘Sell in May and go away’ è esclusivamente basato sul terzo anno del mandato presidenziale. Negli altri anni del mandato, non ci sono particolari differenze statistiche tra la media dei ritorni nel periodo maggio-ottobre e quelli di novembre-aprile. Se questa teoria fosse vera, i mesi di settembre dei terzi anni di mandato presidenziali dovrebbero essere quelli con la peggiore performance, e così non è”.
Volontà di vendere ritardata dall’estate
A causa dell’estate, i trader non si sono liberati delle azioni indesiderate. Questa pressione ribassista si scarica sui mercati dopo il Labor Day.
“Utilizzando la stessa logica, potremmo asserire che settembre potrebbe essere il miglior mese dell’anno”.
Vendite da parte dei fondi comuni
Alla luce del fatto che l’esercizio fiscale di diversi fondi comuni azionari termina il 30 settembre, questi tendono a vendere a settembre per limitare i capital gain.
“In questo caso è la premessa ad essere falsa. I fondi azionari che chiudono l’esercizio al 31 dicembre sono oltre il triplo rispetto a quelli il cui esercizio termina il 30 settembre. Su questa basi, le performance di dicembre dovrebbero essere peggiori di quelle di settembre. E non è così”.
Distorsione comportamentale
Gli investitori potrebbero essere vittime di una distorsione comportamentale che li porta a vendere la componente azionaria alla fine dell’estate.
In questo caso, Hulbert è piuttosto netto nel dire che si tratta di un assunto “che manca di qualsiasi tipo di razionalità”.
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