Con il termine protezionismo ci si riferisce ad una particolare politica economica antitetica al libero scambio. Un governo ricorre al protezionismo quando intende arginare la concorrenza estera su un dato prodotto. In altre parole, il protezionismo scoraggia le importazioni, ragion per cui storicamente i governi se ne sono serviti per riequilibrare la bilancia dei pagamenti (laddove in deficit).
Da un punto di vista tecnico, la forma più comune di protezionismo è quella doganale. Per scoraggiare le importazioni (colpendo l’export del Paese competitor) un governo può imporre un dazio su un dato prodotto. Il dazio renderà il prezzo finale del prodotto importato più alto; la probabile conseguenza è che il consumatore si orienterà verso l’acquisto di un prodotto nazionale il cui prezzo non è gravato dal peso di un dazio. L’assunto è tuttavia debole se si considera l’elasticità della domanda (un consumatore potrebbe acquistare il prodotto importato indipendentemente dall’aumento del prezzo connesso al dazio).
Fin dagli anni ’70 e, nello specifico, dall’istituzione dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) avvenuta nel 1995 - il cui obiettivo è quello di impedire che forme distorsive della concorrenza ledano il commercio globale - il protezionismo viene considerato una politica economica sleale, quindi da scoraggiare.