I numerosi terremoti dovuti all’estrazione hanno portato i Paesi Bassi a decidere una graduale chiusura del più grande giacimento di gas europeo.
Nel 2024 il giacimento di gas vicino Groningen chiuderà. Questa è la decisione dei Paesi Bassi, in seguito ai numerosi terremoti locali causati dalle attività d’estrazione, i cui primi registrati a partire dal 1986.
L’attività sismica dovuta allo sfruttamento del giacimento ha raggiunto uno dei suoi picchi nel 2012, con un terremoto di magnitudo 3,6 che ha provocato migliaia di richieste di risarcimento per danni alla proprietà. Dal 2012 sono stati demoliti più di 3.300 edifici e, a partire dal 2014, il governo olandese ha posto dei limiti stringenti al giacimento, la cui produzione è scesa da 54 miliardi di metri cubi del 2013 a 4,5 miliardi di metri cubi nel 2022.
Un misero risultato per uno dei giacimenti più ricchi d’Europa, capace di soddisfare da solo il 10% della domanda dell’Unione. Una scelta non facile, in un periodo in cui il Vecchio Continente sta cercando di liberarsi del gas russo, la cui fornitura è calata dal 41% al 7,5%.
La Shell, una delle due compagnie coinvolte nello sfruttamento di Groningen, sostiene che il giacimento è ancora più che utilizzabile, tanto che si potrebbero ottenere 50 miliardi di metri cubi di gas l’anno in più, una quantità tale da sostituire il flusso d’importazione russa alla Germania nel 2021.
Tuttavia, il presidente dei Paesi Bassi Mark Rutte ha comunicato che l’estrazione verrà progressivamente rallentata, prima di bloccarsi del tutto entro la fine del 2024, per tutelare il territorio circostante e mettere fine all’attività sismica locale. Il presidente Rutte ha comunque precisato che il giacimento potrebbe essere usato «in casi estremi».
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