C’era una volta la Merkel: lo stallo sulle nomine UE certifica il suo tramonto politico

Alessandro Cipolla

1 Luglio 2019 - 16:46

Per Angela Merkel non ci sono solo le voci riguardanti il suo stato di salute, ma anche i problemi di governo in Germania e lo stop al suo piano sulle nomine dell’Unione Europea: cronaca di un lento ma inesorabile declino politico.

C’era una volta la Merkel: lo stallo sulle nomine UE certifica il suo tramonto politico

Fino a qualche anno fa in pochi avrebbero avuto dei dubbi nell’indicare Angela Merkel come la donna più potente al mondo. Probabilmente lo è ancora, anche perché all’orizzonte non si scorgono potenziali aspiranti a questo trono, ma l’aura che ha avvolto a lungo la cancelliera sta lentamente scemando.

Un sentore questo dovuto non ai due attacchi di tremore ravvicinati che hanno destato interrogativi sul suo stato di salute, ma anche dalle difficoltà che sta trovando nella sua azione politica sia in Germania che in Europa.

Se in patria infatti i suoi Cristiano Democratici continuano a perdere voti, tanto che gli ultimi sondaggi danno i Verdi come il primo partito, non è che le cose a Strasburgo e Bruxelles vadano molto meglio.

Per risolvere lo stallo delle nomine per la nuova governance dell’Unione Europea, Angela Merkel aveva proposto agli altri leader un suo schema per arrivare all’agognata fumata bianca.

Se cinque anni fa era riuscita però a mettere tutti d’accordo, adesso anche la Croazia (con rispetto parlando) ha alzato la voce tuonando tutto il suo disaccordo nel votare il socialista Frans Timmermans alla guida della Commissione come ipotizzato dalla cancelliera.

Il declino politico della Merkel

Se da anni la Germania è il paese che detta le regole all’interno dell’Unione Europea, gran parte del merito va attribuito ad Angela Merkel che in maniera ininterrotta guida il suo paese dal 2005.

Alle elezioni federali del 2013 però aveva vinto con il 41,5% dei voti, mentre alle ultime del 2017 l’unione tra CDU e CSU non è andata oltre il 32,9%. Questo comunque non ha impedito alla Merkel di dare vita al suo quarto governo con una Grosse Koalition insieme ai Socialdemocratici.

Dopo diverse scoppole incassate in alcune elezioni locali, Angela Merkel lo scorso anno ha annunciato le sue dimissioni dalla guida del CDU e il suo abbandono dell’attività politica quando scadrà il suo mandato nel 2021.

Un passo indietro questo che non ha evitato al suo partito un nuovo scivolone alle ultime elezioni europee, con la somma dei voti presi da CDU (22,56%) e il partito gemello bavarese CSU (6,30%) che non arriva neanche al 30%.

Di queste difficoltà ne sta risentendo anche il suo governo, dove si è sfiorata anche una clamorosa crisi sui migranti (tutto il mondo è paese) per via dell’insubordinazione da parte del CSU che chiedeva un maggiore pugno di ferro da parte della cancelliera.

Senza più un ampio consenso e una maggioranza solida in patria, la Merkel sembrerebbe aver perso smacco anche in Europa. Il flop del suo piano per le nomine nella governance dell’Unione Europea ne è un esempio lampante.

Già da principio l’intraprendenza di Emmanuel Macron, che non vedeva di buon occhio un tedesco alla guida della Commissione Europea, ha fatto tramontare l’ipotesi naturale di un incarico a Manfred Weber, lo spitzenkandidat del PPE.

Poi l’idea di caldeggiare la nomina di Frans Timmermans, candidato questa volta dei Socialisti, ha fatto scoppiare una sorta di rivolta interna ai Popolari oltre che indispettire i paesi del blocco Visegrad e anche l’Italia.

Insomma anche se batte i pugni sul tavolo, Angela Merkel non riesce più a spaventare gli altri Paesi dell’Unione come accadeva invece fino a poco tempo fa: la cancelliera questo lo ha capito bene annunciando il suo ritiro nel 2021, ma in molti sono pronti a scommettere che questa uscita di scena possa avvenire anche prima.

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