Augurare la morte è reato? La risposta della Cassazione

Isabella Policarpio

21 Febbraio 2020 - 16:39

Augurare la morte a qualcuno, così come disgrazie, sfortune varie e incidenti, non è reato. Talvolta, però, possono concretizzarsi i presupposti della minaccia e della violenza psicologica.

Augurare la morte è reato? La risposta della Cassazione

Chi augura la morte a qualcuno commette reato? Chiariamo subito che, anche se non è un comportamento eticamente corretto, augurare la morte e ogni altra sorta di sventura non costituisce reato.

Contro la sfortuna e le maledizioni altrui, quindi, non resta che gli scongiuri, dato che è impossibile intraprendere le vie legali. Diverso è il caso in cui l’augurio della morte si accompagna a comportamenti che possono concretamente far sospettare l’esistenza di un progetto criminale o della volontà di incutere timore. In questo caso chi ha ricevuto i macabri avvenimenti può sporgere una querela per minacce. La minaccia però deve essere seria e rivolta a persone.

Augurare morte, incidenti e sventure non è reato

Qualcuno si chiederà se augurare apertamente la morte di qualcuno sia reato, e analogamente incidenti, malattie, infortuni e ogni altro tipo di disgrazia. La risposta è negativa, cosa che ha ribadito in più occasioni anche la Suprema Corte di Cassazione.

Quindi, se ti è capitato di ricevere auspici di questo genere non puoi denunciare il fatto. Un “ti auguro di morire” o “spero che ti investano” non hanno nessuna rilevanza per la legge. I giudici della Cassazione hanno ribadito che odiare qualcuno a tal punto da augurare la morte a lui e ai suoi famigliari non rientra in nessun delitto previsto dal Codice penale, fermo restando il giudizio negativo da un punto di vista etico e morale.

Ma attenzione. Le cose possono cambiare se l’augurio di morte o di un futuro incidente prende i connotati di un avvertimento e quindi ha carattere intimidatorio, in questo caso potrebbero esserci i requisiti del delitto di minaccia. Vediamo quando e come reagire.

Augurare la morte altrui: quando scatta il reato di minaccia

Può accadere che da una semplice imprecazione si passi ad un vero e proprio reato. Infatti un conto è augurarsi la sfortuna altrui, un altro è pronunciare vere e proprie frasi intimidatorie, come “presto morirai” o “attenzione a dove cammini”. Questo non basta però a far scattare la responsabilità penale: infatti, a prescindere dal contenuto delle frasi, il reato viene in essere solo se dietro l’avvertimento c’è un reale disegno criminoso e quindi la volontà di arrecare un danno ingiusto. Solo in questo caso si potrà parlare di minaccia ex articolo 612 del Codice penale.

Se frasi come “spero che tu muoia” e “possa prenderti un colpo” non sono reato, è vero anche che possono prendere i connotati della violenza psicologica se pronunciate insistentemente nei confronti di soggetti emotivamente deboli o con diversa capacità di percezione della realtà, che, quindi, non sono in grado di distinguere un cattivo augurio da una intimidazione vera e propria.

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