L’Artico conteso è un nuovo fronte caldo? Esercitazioni NATO nel nord della Norvegia; il Cremlino risponde duramente.
Avevamo già sentito parlare di minacce del Cremlino di attacchi alla Nato ma la tensione si fa più concreta con l’aggiunta di un nuovo possibile «fronte» di confronto tra la Russia e l’Alleanza atlantica.
L’Artico, o meglio il nord della Norvegia, è teatro di esercitazioni e anche il punto focale delle preoccupazioni internazionali ma questa news non è affatto un caso isolato di timori improvvisi. A preludere le crescenti tensioni nel territorio sono stati prima l’annuncio del possibile ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato e conseguentemente la dichiarazione del segretario generale Jens Stoltenberg del piano dell’Alleanza che vedrebbe un esercito permanente schierato ai confini del proprio spazio d’influenza.
In entrambi i casi l’obiettivo sarebbe contrastare le minacce russe e proteggersi da possibili incursioni. Gli analisti però si dividono tra chi si dice a favore di queste contromisure e chi, invece, ritiene che tutto ciò sia un modo per mettere in crisi le già fragili comunicazioni diplomatiche.
Quel che oggi è infatti preoccupante è la risposta di Mosca che afferma chiaramente come «l’attività nell’Artico aumenti il rischio incidenti». Questi «incidenti non intenzionali» non sono specificati, ma il messaggio, riflettendoci un minimo, è chiaro: Putin non ha intenzione di ammettere nuove forme di «provocazione» e mobilitazione contenitiva occidentale.
Lo stesso Cremlino rincara anche sulla questione del sostegno militare fornito all’Ucraina, altro tema di peso dei precari equilibri geopolitici, dichiarando come «consegnare armi all’Ucraina» abbia delle «conseguenze per il mondo intero».
Le parole di Mosca, in breve
La Russia si dice «preoccupata» per le esercitazioni militari Nato che si stanno svolgendo nel nord della Norvegia. Le dichiarazioni Nikolai Korchunov, ambasciatore generale del ministero degli Esteri russo nonché presidente del comitato degli alti funzionari del Consiglio artico, chiariscono questa posizione. Come riporta l’agenzia di stampa governativa Tass questa manovra degli alleati provocherebbe il rischio di «incidenti non intenzionali».
Le recriminazioni sono piuttosto articolate:
«L’internazionalizzazione delle attività militari dell’Alleanza alle alte latitudini, che coinvolge Stati Nato non artici, non può che destare preoccupazione. Al riguardo, vi sono rischi d’incidenti non intenzionali che, oltre ai rischi per la sicurezza, possono anche causare seri danni al fragile ecosistema artico»
In breve «le regolari esercitazioni militari della Nato nel nord della Norvegia non contribuiscono a garantire la sicurezza della regione». L’apparente timore per l’ambiente in cui tutto ciò si sta svolgendo però viene corrisposto alla stampa estera in corrispondenza di altre dichiarazioni ben più bellicose, il che fa pensare a un atto congiunto di avvertimento.
Se infatti le parole di Korchunov vanno interpretate, lo spazio per la lettura tra le righe di quanto detto da Leonid Slutsky, presidente della commissione per gli affari internazionali della Duma, è ben più ristretto. La recente accusa mossa dal rappresentante è rivolta esplicitamente agli Stati Uniti e al Regno Unito per la consegna di armi all’Ucraina:
«È tempo che le autorità statunitensi e britanniche ammettano le loro responsabilità nell’escalation della crisi globale e interrompano le consegne di armi all’Ucraina che possono avere conseguenze deplorevoli per il mondo intero».
Ricordiamo infatti l’ingente invio di materiali disposto dal primo ministro britannico dopo il suo incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.
Timori pregressi e incidenti recenti
La Russia nutre un timore che, per certi versi, potrebbero anche essere definito fondato. Non nell’accezione che indirettamente Mosca ha voluto comunicare, ma c’è un evento di cronaca recente che può aiutarci a comprendere meglio il quadro complessivo.
Il 22 marzo scorso quattro soldati americani sono morti nello schianto a terra di un aereo militare statunitense nella Norvegia settentrionale durante l’esercitazione Nato Cold Response. La data di questo avvenimento, passato in sordina sulla stampa fino a questo momento, ci fa capire come già prima dell’inizio del conflitto in Ucraina l’intenzione della Nato fosse quella di costruire un asse nel mar Baltico. Una «giustificazione» ai timori di Putin dell’avvicinamento Nato ai suoi territori che, proprio in quei giorni, avevano assunto una concretezza tale da portare Mosca a schierare alcuni sottomarini nucleari.
C’è poi la possibilità di un’adesione della Svezia e della Finlandia all’Alleanza che è a tutti gli effetti un avvicinamento accelerato causato dall’invasione russa in Ucraina e che, almeno proprio nel caso finlandese, riscrive tutte le posizioni neutrali fino a ora tenute in piedi. Storicamente si parla infatti di «finlandizzazione», uno stato dal quale oggi, il governo di Helsinki vorrebbe smarcarsi.
Sul tema le critiche erano state evidenti poiché sempre Korchunov aveva detto:
«Vorrei notare che l’impegno di lunga data di Stoccolma e Helsinki nella politica di non allineamento con le alleanze militari è stato un fattore importante di stabilità e sicurezza nella regione del Nord Europa, nel continente europeo nel suo insieme».
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