La Guardia di Finanza nel corso di una perquisizione ai danni di un avvocato indagato per reato fiscale, può perquisire i documenti dello studio legale? Ecco qual è la risposta della Corte di Cassazione.
L’avvocato sottoposto ad un controllo fiscale della Guardia di Finanza ha diritto ad alcune forme di tutela: lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n° 28.069 del 2017.
La sentenza sui sequestri e i controlli tributari è molto interessante poiché costituisce una sorta di vademecum per l’operato della Guardia di Finanza.
Molto spesso infatti ci si interroga su quale sia il limite che la Guardia di Finanza non può superare nel corso di un’indagine e una perquisizione nello studio di un avvocato indagato per reati fiscali.
La Finanza può sequestrare i documenti e gli atti presenti nell’ufficio? Oppure questi possono essere esaminati senza essere prelevati? Rispondere a queste domande prima della suddetta sentenza della Corte di Cassazione, non era semplice poiché la legge lascia un ampio vuoto normativo.
Il Codice di procedura penale, nell’articolo 103, disciplina solamente le regole sul sequestro dei documenti che riguardano gli assistiti dell’avvocato: in questo caso la legge vieta il sequestro dei dati contenuti nei PC, delle carte e di tutti gli altri documenti che non costituiscono corpo di reato. Non viene specificato invece cosa deve fare la Guardia di Finanza nel caso in cui ad essere indagato per reati fiscali sia lo stesso avvocato.
Finalmente ci ha pensato la Corte di Cassazione a fornire i giusti chiarimenti: ecco quello che avvocati e finanzieri devono sapere per non commettere errori.
La Guardia di Finanza può sequestrare i documenti di uno studio legale?
La Suprema Corte con la sentenza 28069/2017 ha ribadito che la Guardia di Finanza, nell’ambito di un’indagine tributaria, è libera di effettuare una perquisizione nello studio di un avvocato.
Tuttavia, così come vale per gli assistiti, anche per gli avvocati vale il divieto di sequestro degli atti, dei documenti e di tutti gli altri strumenti necessari per l’esercizio della professione. Possono essere sequestrati solamente quegli elementi che possono costituire il “corpo del reato”, ma affinché ciò accada devono esserci prove o indizi.
Se questo diritto dell’avvocato non venisse garantito ne costituirebbe un pregiudizio per la sua attività di difensore. Il sequestro degli atti e dei documenti, senza un motivo “valido” e “dimostrato” rallenterebbe l’attività difensiva che l’avvocato svolge nell’interesse dei propri clienti e in tal caso ci sarebbe una violazione dell’articolo 103 del Codice di procedura penale.
La Guardia di Finanza quindi può esaminare tutti i documenti che ritiene necessari ai fini delle indagini, ma deve farlo sul posto senza portare nulla con sé.
Indagini della Finanza: l’avvocato non si può rifiutare
L’avvocato è obbligato a fornire alla Guardia di Finanza tutte le informazioni di cui ha bisogno.
Non è contemplato, infatti, il rifiuto da parte dell’avvocato il quale rischia una condanna per occultamento di scritture contabili. Il professionista che senza un motivo si rifiuta di esibire la documentazione contabile e fiscale richiesta dalla Finanza quindi rischia di essere condannato non solo per il fatto illecito a lui contestato (sempre se colpevole) ma anche del reato di occultamento delle scritture contabili punito con la reclusione dai 6 mesi a 5 anni.
Il rifiuto non può avvenire neppure nel caso in cui la perquisizione della Finanza non sia avvenuta nello studio del professionista ma nella sua casa coniugale. La Corte di Cassazione infatti ha specificato che se l’abitazione è di proprietà dell’avvocato e se la Finanza ha bisogno di trovare degli indizi per accertare un reato fiscale, il diritto alla perquisizione si estende anche al di fuori dello studio legale. Qualsiasi rifiuto, anche da parte del coniuge, è considerato alla pari dell’occultamento.
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