Nel CCNL ristorazione si trovano utili norme in tema di permessi e congedi, che nel dettaglio specificano quanto già previsto in generale dalla legge. Ecco cosa è opportuno ricordare in materia.
Il CCNL ristorazione rappresenta un importante traguardo per le categorie di lavoratori a cui è applicato, e consiste in un provvedimento che intende intervenire su una molteplicità di aspetti inerenti il rapporto di lavoro. D’altronde ciò è tipico di qualsiasi CCNL e quello a cui facciamo riferimento qui, non fa eccezione.
Si tratta di un testo applicato dal primo gennaio 2018 fino al 31 dicembre dell’anno appena concluso. Esso dunque è scaduto da pochi giorni, ma occorre comunque ribadire la rilevanza dell’accordo che FIPE - con altre associazioni di rappresentanza dei pubblici esercizi, della ristorazione collettiva e commerciale e turismo - sottoscrisse con i sindacati CGIL, CISL e UIL, per disciplinare il settore della ristorazione con puntualità e chiarezza. Vero è che il percorso di rinnovo del CCNL ristorazione è già cominciato, ma l’iter non sarà di certo privo di ostacoli.
Nella consapevolezza che un nuovo testo prenderà il posto di quello vigente per il quadriennio appena concluso, vogliamo tuttavia focalizzarci sul CCNL ristorazione, e in particolare vedere da vicino come funziona la disciplina dei permessi e congedi del personale contrattualizzato. Si tratta infatti di una serie di norme che hanno indubbi riflessi pratici nella vita di un lavoratore, e che meritano dunque di essere considerate.
CCNL ristorazione: come funziona il congedo matrimoniale
Il citato CCNL è suddiviso coerentemente in una parte generale e i una parte speciale, in titoli e capi e - in riferimento a quanto a noi qui interessa - al titolo V, denominato ’Rapporto di lavoro’, capo VII, si occupa di disciplinare il meccanismo dei permessi e dei congedi per il personale dell’ambito di riferimento del contratto collettivo in oggetto.
In particolare, l’art. 138 include utili norme in tema di congedo per matrimonio. Ricordiamo che quest’ultimo è regolato in primis dall’art. 1 della legge n. 76 del 2016: il congedo matrimoniale è in essa definito un lasso di tempo retribuito, riconosciuto al lavoratore per il proprio matrimonio o per la propria unione civile. In buona sostanza, si tratta di 15 giorni di astensione dal lavoro.
Previsto nel nostro paese a partire dal 1937, all’inizio era rivolto solo al personale impiegatizio per poi essere allargato a tutti gli operai nel 1941, in virtù di un accordo interconfederale. Nei tempi odierni, tutti i CCNL di ogni settore, prevedono detta pausa. Perciò non fa eccezione il CCNL ristorazione. Importante rimarcare che godimento di questo lasso di tempo non va a inficiare le ferie annuali maturate: infatti, il computo resta a sé stante. Inoltre, il congedo matrimoniale è utile ai fini del calcolo del TFR.
Sul piano di questo istituto, il testo dell’art. 138 si allinea a quanto appena esposto e stabilisce che: “Il personale, che non sia in periodo di prova, ha diritto ad un congedo straordinario retribuito di quindici giorni di calendario per contrarre matrimonio o unione civile”. Tuttavia, il lavoratore deve prestare attenzione al fatto che la richiesta di congedo matrimoniale deve essere effettuata dal lavoratore del settore ristorazione con almeno 10 giorni di anticipo.
Al terzo comma dell’art. 138 si specifica inoltre che il datore di lavoro è tenuto a concedere il congedo in oggetto, con decorrenza dal terzo giorno anteriore alla celebrazione del matrimonio.
Mentre al quarto comma, le parti firmatarie dell’accordo hanno inteso rimarcare che il personale ha comunque l’obbligo di esibire alla fine del congedo matrimoniale, regolare documentazione dell’avvenuta celebrazione. Ciò nel chiaro fine di dimostrare il presupposto per fruire del congedo stesso. Il periodo di congedo è interamente retribuito, ma attenzione: il lavoratore potrà richiedere la proroga del congedo per altri cinque giorni senza retribuzione.
CCNL ristorazione: come funziona il congedo per motivi familiari
All’art. 139 troviamo invece la disciplina dei congedi per motivi familiari, istituto che è applicato in caso di eventi, legati alla vita del lavoratore, che rendano opportuna l’astensione dal lavoro. In particolare, il congedo familiare scatta nei seguenti casi:
- comprovata disgrazia a familiari legati da stretto vincolo di parentela o di affinità: coniuge, componente di unione civile, figli, nipoti, genitori, nonni, fratelli, sorelle, suoceri, nuore, generi e cognati;
- gravi calamità.
In queste circostanze, il lavoratore cui si applica il CCNL ristorazione, avrà diritto ad un congedo straordinario pagato, la cui durata sarà però direttamente collegata alle effettive esigenze di assenza, fondate sulla natura della disgrazia o dell’evento calamitoso, con un limite massimo di 5 giorni di calendario.
In base al comma 1 di detto articolo 139, il congedo per motivi familiari potrà essere prolungato sino a un limite massimo di ulteriori 3 giorni di calendario, in considerazione della distanza del luogo da raggiungere.
Al comma 2 della disposizione che qui ci interessa, le parti firmatarie dell’accordo hanno altresì stabilito un’alternativa a quanto appena riportato. Si trova infatti scritto che “ai sensi e per gli effetti dell’articolo 4, primo comma, della legge 8 marzo 2000, n. 53 e successive modifiche e integrazioni e del regolamento di attuazione di cui al decreto interministeriale 21 luglio 2000 n. 278, nel caso di documentata grave infermità dei soggetti indicati, il lavoratore ed il datore di lavoro possono concordare, in alternativa all’utilizzo dei giorni di permesso retribuito e complessivamente per un massimo di tre giorni all’anno dei cinque sopracitati, diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa comportanti una riduzione dell’orario di lavoro”. Anche questa è da leggersi come una norma di garanzia nei confronti delle legittime motivazioni del dipendente, che lo portano alla volontà di modificare il regolare svolgimento della giornata lavorativa.
Al comma 3 dell’art. 139 del CCNL ristorazione è specificato inoltre che la riduzione dell’orario di lavoro che sia conseguenza delle diverse modalità concordate tra datore di lavoro e lavoratore, deve cominciare entro 7 giorni dall’accertamento dell’insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere agli interventi di terapia.
CCNL ristorazione: la disciplina dei permessi per elezioni
All’art. 140 del contratto collettivo in oggetto, è stabilito che in base alla legge n. 53 del 1990, in ipotesi di consultazioni elettorali disciplinate da leggi della Repubblica o delle Regioni, i soggetti che svolgono funzioni presso gli uffici elettorali, inclusi i rappresentanti di lista o di gruppo di candidati e, in occasione di referendum, i rappresentanti dei partiti o gruppi politici e dei promotori dei referendum, hanno la possibilità - e dunque il diritto di astensione dal lavoro - per tutto il lasso di tempo corrispondente alla durata delle operazioni legate allo svolgimento delle elezioni.
Al comma 2 dell’art. 140 la significativa previsione per la quale i giorni di assenza dal lavoro in oggetto, sono considerati, a tutti gli effetti, giorni di attività di lavoro.
CCNL ristorazione: i permessi per motivi di studio
Al titolo V, capo VII, è inclusa altresì la disciplina dei permessi per motivi di studio, riservati appunto ai lavoratori studenti (art. 142). Le parti firmatarie dell’accordo hanno inteso prevederli, al fine di favorire il miglioramento culturale e professionale dei lavoratori del settore disciplinato dal presente CCNL. Si tratta insomma di permessi retribuiti, concessi dalle aziende, ai lavoratori non in prova, che vogliano frequentare corsi di studio compresi nell’ordinamento scolastico, svolti presso istituti pubblici o parificati.
Come precisato al comma 2, i lavoratori interessati potranno richiedere permessi retribuiti per un totale di 150 ore pro capite in un triennio “e nei limiti di un monte ore globale per tutti i dipendenti dell’unità produttiva che sarà determinato all’inizio di ogni triennio moltiplicando le centocinquanta ore per un fattore pari al decimo del numero totale dei dipendenti occupati nell’unità produttiva a tale data”.
Tuttavia, al fine di garantire il normale svolgimento dell’attività dell’azienda, il comma 3 del citato articolo stabilisce che i lavoratori che potranno assentarsi allo stesso tempo dall’unità produttiva per frequentare i corsi di studio, non dovranno oltrepassare il 2% della forza occupata.
Il dipendente del settore, che chiederà le assenze per il tramite di detti permessi retribuiti, dovrà comunque specificare il corso di studio a cui vuole partecipare e dovrà presentare domanda scritta all’azienda, nei termini e con le modalità concordate con il datore di lavoro. Infine, non possiamo non rimarcare che - ai fini della fruizione del presente permesso - i lavoratori dovranno dare all’azienda un certificato d’iscrizione al corso e dopo certificati mensili di effettiva frequenza con identificazione delle ore lavorative.
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