Recenti sentenze hanno trattato la divulgazione di documenti riservati da parte degli organi di controllo bancario nazionale. Se applicati all’usura tali rivelazioni renderebbero più agevole il processo di individuazione del TEG, ponendo fine al contenzioso più temerario.
In data 13 settembre 2018, veniva pubblicata la sentenza della Corte di Giustizia Europea relativa alla causa 594/16. Il soggetto promotore della denuncia effettuava una domanda di pronuncia pregiudiziale al fine di interpretare “…l’art. 53 paragrafo 1, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338)…”.
In particolare, il sig. Buccioni risultava titolare di un conto acceso presso la BNI, il cui saldo, al 05/08/2012 ammontava ad € 180.000,00. In seguito alla messa in liquidazione coatta amministrativa della Banca egli riceveva dal Fondo Interbancario di tutela dei depositi solo una parte di tale importo, pari ad € 100.000,00.
Al fine di ottenere informazioni per valutare la possibilità di agire in giudizio, il sig. Buccioni chiedeva alla Banca d’Italia, in data 3 aprile 2015, che fossero divulgati vari documenti relativi alla vigilanza.
Con decisione del 20 maggio 2015, la Banca d’Italia ha respinto parzialmente tale domanda, poiché, in particolare, taluni documenti di cui era stata chiesta la divulgazione contenevano informazioni riservate coperte dall’obbligo del segreto professionale ad essa incombente.
Il Buccioni, pertanto, richiedeva l’annullamento di tale decisione presso il TAR del Lazio, che però respingeva il ricorso. Successivamente, l’ex cliente della BNI proponeva appello avverso tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato. Quest’ultimo sottoponeva alla Corte di Giustizia Europea alcune questioni pregiudiziali.
La Corte di Giustizia Europea rispondeva che “L’articolo 53, paragrafo 1, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che le autorità competenti degli Stati membri divulghino informazioni riservate a una persona che ne faccia richiesta per poter avviare un procedimento civile o commerciale volto alla tutela di interessi patrimoniali che sarebbero stati lesi a seguito della messa in liquidazione coatta amministrativa di un ente creditizio…”.
Dello stesso tenore appare la sentenza del 13/09/2018, relativa alla causa C-358/16, dove si legge che “…spetta al giudice nazionale competente, qualora un’autorità competente deduca tale obbligo per rifiutare la comunicazione delle informazioni in suo possesso che non sono incluse nel fascicolo riguardante il soggetto interessato da un atto che gli arreca pregiudizio, verificare se tali informazioni siano oggettivamente connesse alle accuse mosse nei suoi confronti e, in caso affermativo, trovare un equilibrio tra l’interesse del soggetto di cui si tratta ad ottenere le informazioni necessarie per essere in grado di esercitare pienamente i diritti di difesa e gli interessi a mantenere la riservatezza di informazioni soggette all’obbligo del segreto professionale, prima di decidere in merito alla comunicazione di ciascuna delle informazioni richieste…”.
Ebbene, alla luce di tali pronunce appare opportuno domandarsi quando la Banca d’Italia procederà a rendere note i dati utilizzati per determinare trimestralmente i vari TEGM che, fin dalla redazione della Legge 108/96, non sono mai stati diffusi. Tali informazioni sarebbero utili per vari motivi, in particolare:
- se venissero resi noti gli importi utilizzati per la rilevazione, si potrebbe capire con certezza come calcolare anche il TEG e quindi quali oneri inserire nelle formule descritte dalle Istruzioni di Banca d’Italia, oggi oggetto di numerosi contenziosi. A tale proposito si ricorda come un implicito principio di omogeneità preveda di raffrontare il TEG ad un tasso soglia, calcolato attraverso l’utilizzo dei medesimi dati.
- inoltre, le informazioni di Banca d’Italia sarebbero utili anche per capire i dati utilizzati per calcolare la maggiorazione prevista per il calcolo del tasso soglia comprensivo degli interessi di mora.
In attesa che tali informazioni vengano rese pubbliche il contenzioso continuerà a moltiplicarsi in assenza di qualsiasi chiara informazione sulle modalità di formazione dei tassi soglia.
Qualora ci fosse qualche avvocato interessato ad intraprendere tale strada potrà contare sulla mia totale disponibilità.
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