Insegnante assolto dall’accusa di violenza sessuale: secondo la Cassazione il rapporto con la studentessa diciassettenne che esprime il proprio consenso non costituisce reato.
Sta facendo molto discutere una recente sentenza della Corte di Cassazione con la quale è stato assolto un insegnante che per il procuratore generale della Corte d’Appello di Trento era colpevole di violenza sessuale ai danni di una propria alunna.
Nel caso di specie, infatti, la Corte di Cassazione non ha rilevato gli estremi per il reato di violenza sessuale, dal momento che la studentessa non ha mai manifestato alcun dissenso in merito alla relazione.
Secondo i giudici del Palazzo di Giustizia, quindi, si è trattato di un semplice rapporto consenziente e come tale non costituisce reato.
I fatti
Ma andiamo con ordine; come riportato da Scuola24 de Il Sole 24 Ore, il caso giudicato dalla Cassazione vede come protagonista una giovane di 17 anni - affetta da disturbo specifico misto di apprendimento - e il suo professore.
I due nel 2013 hanno avuto una relazione compiendo - leggiamo nella sentenza - “atti sessuali sia a scuola che fuori dalla stessa”. La ragazza, allora 17enne, non ha mai espresso alcun disprezzo nei confronti “degli atti repentini compiuti dal docente”, anzi ha dichiarato di aver avuto delle “sensazioni positive”.
Una relazione che però è stata scoperta poco dopo, quando la ragazza si rifiutò di seguire il proprio professore nel bagno della scuola. Il docente, finito inevitabilmente in giudizio, viene però assolto sia in primo che in secondo grado.
Il procuratore generale della Corte di Appello di Trento, però, ha deciso di fare appello alla Cassazione ritenendo ci fossero gli estremi per dichiarare il docente colpevole di violenza sessuale. Il Palazzo di Giustizia ha respinto il ricorso e ha confermato quanto dichiarato nei precedenti gradi di giustizia: la relazione sessuale tra il docente e la studentessa minorenne non costituisce reato, poiché questa era pienamente consenziente.
È importante vedere come per la Cassazione il deficit cognitivo della studentessa (ossia il disturbo specifico misto di apprendimento) non sia sufficiente per stabilire “l’incapacità della ragazza di determinarsi rispetto ad una scelta”.
Infine la Suprema Corte ha escluso anche il reato di abuso di autorità, poiché il professore non ha approfittato in alcun modo dei poteri derivanti dalla sua posizione. Il docente quindi è stato assolto per ogni reato per il quale è stato imputato; una sentenza che anche se può far discutere si basa su delle basi solide.
Relazione tra maggiorenni e minorenni: quando è possibile?
Le norme che regolano il rapporto sessuale tra minorenni e maggiorenni sono indicate dall’articolo 609 quater del Codice Penale.
Qui viene fatta chiarezza su quella che in diritto viene definita come l’età del consenso, ovvero l’età in cui un minorenne è considerato capace di dare un consenso informato in merito a dei comportamenti regolati dalla legge come - nel caso di riferimento - ai rapporti sessuali.
Nel dettaglio, per essere consenziente al rapporto il minore deve avere almeno 14 anni, età minima per considerare il consenso come “validamente espresso”.
L’età del consenso sale a 16 anni, invece, per i rapporti sessuali avuti con un maggiorenne che - come nel caso dell’insegnante - esercita un ascendente nei confronti del minore. Costituisce reato di violenza sessuale, quindi, il rapporto sessuale avuto con il minore di 16 anni “affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia” anche se questo manifesti il proprio consenso.
Nel caso di specie quindi l’insegnante non ha commesso alcun reato, poiché la studentessa con la quale ha avuto una relazione aveva compiuto i 17 anni.
L’unico caso in cui poteva essere accusato di violenza sessuale era quello in cui avesse compiuto un abuso di potere approfittando della sua posizione, ma come abbiamo visto per la Corte di Cassazione questa ipotesi non si è avverata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA