Nella nota legge 104 del 1992 vi è il fondamento del congedo straordinario retribuito. Vediamo come funziona, la durata e chi sono di fatto i destinatari.
Tra i diritti riconosciuti dalla legge 104/92 vi è quello al congedo straordinario.
La legge n. 104 del 1992 ha rappresentato e rappresenta tuttora un assai rilevante traguardo sia per il mondo dei lavoratori, sia per quello delle persone disabili e portatrici di handicap.
Proprio per controbattere alle difficoltà che le persone portatrici di handicap sono costrette ad affrontare ogni giorno, il legislatore, nel 1992, ha emanato una legge mirata a tutelare in particolare i soggetti che, nella vita di tutti i giorni, risultano più svantaggiati rispetto alla maggioranza della popolazione.
In linea generale, la legge citata include una pluralità di benefici ed agevolazioni, non soltanto di natura assistenziale, ma anche fiscale, in favore del soggetto disabile, e del familiare che offre attività di assistenza verso la persona svantaggiata.
Di seguito vogliamo focalizzarci su uno dei più significativi istituti, di cui si trova traccia nelle norme giuslavoristiche di tutela dei disabili e dei loro familiari: stiamo parlando del congedo straordinario INPS, detto anche congedo straordinario per l’assistenza di familiari disabili. Qual è la durata? Quali sono i destinatari e i requisiti da possedere per conseguirlo? Scopriamolo in questa guida.
CONGEDO RETRIBUITO LEGGE 104/1992
- Contesto di riferimento
- Di che si tratta
- Congedo straordinario frazionato
- I destinatari
- Congedo straordinario non per se stessi
- Come funziona l’ordine di priorità
- Come viene pagato?
- Come fare domanda?
- Congedo straordinario per due familiari
- Congedo straordinario senza cambio di residenza
- Ricovero dell’assistito
- Controlli
- Quali ristrettezze
Legge 104/1992: il contesto di riferimento e i benefici in campo lavorativo
La normativa in oggetto è in indubbia importanza, come accennato, sul piano lavorativo: in questo contesto, infatti, al dipendente affetto da disabilità, o al suo familiare, il legislatore ha riconosciuto un diritto intangibile, per cui nessun datore di lavoro o azienda potrà mai opporsi, esercitare deroghe o limitare i benefici in esso contenuti.
In virtù di questo testo normativo degli anni ’90, si possono ottenere permessi di lavoro retribuiti per i familiari che hanno funzioni di assistenza ai disabili. Soprattutto, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste una persona con handicap in stato di gravità ha sempre diritto a fruire di 3 giorni di permesso mensile pagato, anche in modo continuativo.
Il lavoratore subordinato del settore pubblico o privato ha diritto di dare assistenza verso più persone in stato di handicap grave, a patto che si tratti del coniuge, di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado, laddove i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età; oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano morti o assenti.
Non solo. Il dipendente che usufruisce dei permessi in favore della persona con handicap grave, può scegliere, se possibile, il luogo di lavoro più vicino al domicilio della persona da assistere e non può essere spostato ad altra sede senza il suo assenso.
Congedo straordinario: di che si tratta?
Il congedo straordinario Inps è una delle agevolazioni riconosciute ai familiari di soggetti tutelati in base alle previsioni di cui alla legge 104/92, cui è garantito un periodo di aspettativa retribuita di durata corrispondente ad un massimo di un biennio.
Attenzione però: detto congedo straordinario non è tuttavia assegnato al lavoratore in tutti i casi, ma è obbligatorio che al familiare sia stata riconosciuta una disabilità di natura grave. In particolare, il verbale consegnato dai medici INPS deve indicare la dicitura “Persona con handicap con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992)”.
Sulla scorta di quanto appena segnalato, nel caso in cui il lavoratore utilizzi l’assenza per altri scopi, diversi da quelli assistenzialistici, corre il concreto rischio di subire delle conseguenze sanzionatorie molto gravi.
L’aspettativa in oggetto è retribuita dall’Inps e dà anche diritto al riconoscimento dei contributi figurativi . In buona sostanza, il congedo straordinario è un beneficio pagato dalla collettività: ecco perchè se viene usato per finalità difformi da quelle tipiche, il suo uso distorto è punito pesantemente.
Per completezza, riportiamo altresì il testo dell’art. 3 comma 3 della legge 104/1992, che di fatto è la norma-base in tema di congedo straordinario:
Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorita’ nei programmi e negli
interventi dei servizi pubblici.
Congedo straordinario frazionato
Del congedo frazionato si può usufruire in maniera continuativa, quindi per la durata massima di due anni, o frazionata.
Per chi fruisce del congedo straordinario in modo frazionato a giorni, è bene sapere che la ripresa effettiva dell’attività lavorativa tra un periodo di congedo e quello successivo.
Per non vedersi contare nei giorni di effettivo congedo il sabato e la domenica (e gli eventuali giorni festivi) è necessaria la ripresa del lavoro per almeno un giorno. Se si fruisce, ad esempio del congedo dal lunedì al venerdì, tutte le settimane, nei giorni di congedo saranno conteggiati anche i sabati e le domeniche. Se invece si fruisce del congedo fino al venerdì ma il lunedì successivo si presta attività lavorativa il sabato e la domenica non saranno conteggiati.
Per quel che riguarda la maturazione di ferie, tredicesima e TFR questa sarà calcolata soltanto sui giorni di effettivo servizio poichè sono elementi che maturano solo in caso di effettivo lavoro (durante il congedo straordinario non maturano nè ferie, nè TFR nè tredicesima mensilità).
Congedo straordinario legge 104/1992: a chi è rivolto? I destinatari
Il congedo straordinario - disciplinato compiutamente dal D.lgs. 26.03.2001 n.151, art. 42 come modificato dal D.lgs. 119/2011 - consente, come accennato, un periodo di assenza di 2 anni, nei quali i lavoratori subordinati, del settore pubblico e del settore privato, che assistono familiari disabili, possono assentarsi dal luogo di lavoro.
Lo ribadiamo: il congedo straordinario legge 104 è riconosciuto per un massimo di 2 anni nell’arco della vita lavorativa, ma per ogni disabile. Dal punto di vista pratico ciò significa che se, ad esempio, un familiare ha già sfruttato un anno di congedo per assistere un disabile, per l’identico portatore di handicap grave un altro familiare potrà beneficiare esclusivamente un altro anno di aspettativa, non di più.
Inoltre, il diritto a richiedere fino a due anni di congedo è fissato sulla scorta di un ordine di priorità. Pertanto, sebbene spetti di diritto sia al coniuge che ai figli, genitori e fratelli o sorelle, c’è un ordine di priorità, di cui tener conto per poterlo applicare.
Congedo straordinario, no per se stessi
Come abbiamo appena visto, il Testo Unico in materia di sostegno alla maternità e alla paternità introduce la possibilità, per i genitori di figli portatori di handicap grave in base alla legge 104, di godere di un’astensione retribuita dal lavoro per un massimo di 2 anni per assistere i figli.
In un secondo tempo la possibilità di godere del congedo straordinario di 24 mesi è stata estesa anche ad altri familiari (in base ad un preciso e vincolante ordine di priorità). Ma non è fruibile per il lavoratore disabile per se stesso.
Il lavoratore disabile potrebbe fruire del congedo per gravi motivi familiari che permette sempre un’astensione dal lavoro di 2 anni ma, al contrario di quello regolato dalla legge 151, non è retribuito.
Il lavoratore con grave disabilità potrebbe fruire dei 24 mesi di congedo straordinario retribuito solo nel caso che, a sua volta, assista un familiare con grave disabilità in base alla legge 104.
Congedo straordinario legge 104: come funziona l’ordine di priorità
Nei precedenti paragrafi abbiamo accennato all’esistenza di un ordine di priorità nell’assegnazione di detto beneficio al destinatario. Ebbene, lo indichiamo di seguito, rimarcando che esso degrada esclusivamente in’ipotesi di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti:
- il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente con la persona disabile in situazione di gravità;
- il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, del soggetto disabile in stato di gravità, in ipotesi di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile convivente;
- uno dei figli conviventi del soggetto disabile in situazione di gravità, nell’ipotesi nella quale il coniuge convivente; la parte dell’unione civile convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, morti o malati a causa di patologie invalidanti. Attenzione però: il requisito della convivenza non è obbligatorio al momento della domanda, ma deve essere attestato al momento della fruizione del congedo;
- uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nell’ipotesi nella quale il coniuge convivente, la parte dell’unione civile convivente, ambo i genitori ed i figli conviventi del disabile siano mancanti, morti o colpiti da patologie che hanno condotto all’invalidità;
- un parente/affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità, nell’ipotesi nella quale il coniuge convivente, la parte dell’unione civile convivente, ambo i genitori, i figli conviventi e i fratelli/sorelle conviventi del disabile siano mancanti, morti o affetti da patologie invalidanti.
Congedo straordinario legge 104/1992: come viene pagato?
In precedenza abbiamo accennato al fatto che il congedo straordinario legge 104/1992 è retribuito. In molti certamente si chiederanno come e con quale meccanismo. Ecco la risposta.
Il familiare del disabile in stato di handicap grave ha diritto, domandando e conseguendo il congedo straordinario, fino a due anni di assenza dal lavoro retribuiti, sulla scorta dello stipendio dell’ultimo mese, anteriore alla richiesta di astensione dal lavoro.
Come sopra già chiarito, detto limite di durata è da intendersi complessivo fra tutti gli aventi diritto, per ciascuna persona con disabilità grave e opportunamente accertata dalle figure competenti.
Invece, l’ultima retribuzione percepita deve ritenersi comprensiva di voci quali i ratei di tredicesima mensilità, altre mensilità aggiuntive, gratifiche, indennità.
Attenzione: se è vero che detti periodi di congedo straordinario sono coperti dai cd. contributi figurativi, non hanno tuttavia rilievo allo scopo della maturazione di ferie, tredicesima e TFR. Ma si tratta pur sempre di periodi utili sia ai fini del diritto che della misura della pensione.
Inoltre, vale la pena rimarcare quanto segue: l’indennità economica alla quale il lavoratore ha diritto nell’ambito del periodo di congedo straordinario è a carico dell’Inps, ma di fatto è anticipata dal datore di lavoro o azienda; viene recuperata poi con il meccanismo del conguaglio contributivo.
In buona sostanza, ciò che è versato in anticipo dal datore è scalato dai contributi dovuti dall’azienda. Ma talvolta è lo stesso Istituto di previdenza che paga direttamente l’indennità in oggetto.
Congedo straordinario retribuito: come si fa domanda?
La domanda per incassare l’indennità collegata al congedo di cui sopra deve essere spedita all’Inps secondo la sempre più diffusa modalità telematica. Occorre scegliere uno dei seguenti percorsi:
- richiesta sul sito dell’Inps, sezione Servizi per il cittadino, se si è in possesso del codice PIN, dell’identità Spid o della CNS;
- assistenza dei servizi telematici ad hoc dei patronati;
- utilizzo del contact center Inps, telefonando al numero 803.164, o 06.164.164 per le utenze mobili; serve comunque il PIN.
All’interessato spetterà la scelta della strada più adatta alle proprie esigenze, sempre ovviamente sulla scorta di quanto sopra evidenziato in merito ai requisiti.
Congedo straordinario per due familiari
L’articolo 42, comma 5 della legge 151 del 2001, stabilisce che la durata massima complessiva di due anni non è solo per ciascuna persona con legge 104 per cui è richiesto, ma anche nell’arco della vita lavorativa del richiedente.
Questo significa che chi fruisce del congedo retribuito per un familiare, sfruttando tutti e due gli anni messi a disposizione, non potrà richiedere lo stesso beneficio anche per un altro familiare.
Allo stesso tempo se dei due anni di congedo si fruisce per assistere un invalido con grave handicap, lo stesso beneficio non potrà essere richiesto da altro lavoratore per assistere lo stesso invalido.
A confermare questo orientamento anche la circolare Inps numero 64 del 15 marzo 2001 e la circolare INPDAP numero 2 del 10 gennaio 2002.
L’INPDAP a tal proposito precisa che:
Il periodo massimo di congedo (due anni) si applica complessivamente a tutti gli interessati, nell’arco della vita lavorativa di tutti, e può essere fruito alternativamente dagli aventi diritto. I periodi di congedo straordinario rientrano nel limite massimo dei due anni di congedo, anche non retribuito, che può essere richiesto da ogni lavoratore, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della legge 53/2000 per gravi e documentati motivi familiari.
Congedo straordinario senza cambio di residenza
Il congedo straordinario viene concesso non solo in base alla coabitazione con il disabile, ma anche sulla base di un ordine di priorità familiare vincolante e non scalabile se non per mancanza, decesso o patologia invalidante dell’avente diritto.
Il figlio non convivente, in ogni caso, ha diritto alla fruizione del congedo solo nel caso non vi sia altro familiare (coniuge, altri figli, fratelli, sorelle o parenti e affini entro il terzo grado) non convivente con il disabile.
In ogni caso la richiesta può essere presentata anche dal figlio non convivente a patto che trasferisca la sua residenza con la persona che deve assistere.
In quali casi non è richiesto il cambio di residenza al figlio che deve assistere la madre disabile? Nel caso che vivano allo stesso indirizzo, stesso numero civico, stesso stabile ma in due interni diversi. In questo caso, infatti la coabitazione è accettata anche senza cambio di residenza.
Inoltre il cambio di residenza può essere evitato anche nel caso che si abiti in un Comune diverso da quello del disabile e si richieda l’iscrizione nel registro temporaneo della popolazione per la dimora temporanea nel Comune in cui risiede la persona che si deve assistere.
In tutti gli altri casi, purtroppo, è richiesto il cambio di residenza ed il solo domicilio non basta.
La normativa non stabilisce chi deve cambiare residenza e chi no, ma richiede solo e solamente che il caregiver ed il disabile con gravità abbiano coabitazione.
Molto probabilmente viene preso in considerazione nella maggior parte dei casi il cambio di residenza del caregiver perché il disabile, soprattutto se anziano, può avere difficoltà a lasciare la propria abitazioni e le proprie abitudini per trasferirsi in una casa in cui vivono altre persone. In alcune situazioni particolari, poi, potrebbe essere che la casa del disabile sia adibita con l’abbattimento delle barriere architettoniche che permettono, di fatto, una maggiore autonomia dell’invalido.
Ma se non si presentano problematiche di questo genere è indifferente che a cambiare la propria residenza sia il caregiver o lo stesso disabile, cosa determinante, invece, è che al momento della richiesta del congedo straordinario retribuito entrambi abbiano la stessa residenza e che, quindi, al disabile sia garantita la cura e l’assistenza in modo continuativo.
Congedo straordinario e ricovero dell’assistito
La normativa che regola la fruizione del congedo straordinario retribuito chiarisce espressamente che il beneficio non può essere fruito qualora il disabile da assistere sia ricoverato a tempo pieno presso una struttura ospedaliera pubblica o privata o presso struttura che offra assistenza sanitaria.
Al requisito del non ricovero dell’assistito, in ogni caso, ci sono delle eccezioni previste dalla stessa legge 151 del 2011, riformulata grazie all’introduzione del Decreto Legislativo 119 del 2011 con il quale si specifica che se la presenza del familiare sia richiesta dalla struttura sanitaria il congedo può essere fruito anche in caso di ricovero (come specificato anche nella circolare Inps numero 32 del 2011).
Questo, ovviamente, perché solitamente la cura e l’assistenza che il caregiver fornisce al disabile non è sempre di natura sanitaria. Nella maggior parte dei casi, infatti, i familiari si fanno carico dell’assistenza alla persona che comprendo aiuto nell’alimentazione, nell’igiene personale e, soprattutto, al supporto personale.
Di fatto, quindi, sembrerebbe che il ricovero del disabile che si assiste faccia venire meno il diritto alla fruizione del congedo straordinario. In caso di sola richiesta di intervento del pronto soccorso, quindi, il congedo non va certamente interrotto ma se da qui scaturisce il bisogno del ricovero ospedaliero per diversi giorni, a meno che la struttura sanitaria non faccia espressamente richiesta della presenza del familiare, il congedo retribuito andrebbe interrotto.
Congedo straordinario retribuito e controlli
Chi beneficia del congedo straordinario retribuito per assistere un familiare con handicap grave è soggetto a controlli che possono essere disposti dall’INPS, ma anche dal datore di lavoro. I controlli in questione sono volti ad evitere l’abuso del congedo, che può avere delle conseguenze disciplinari anche molto gravi.
L’abuso, in ogni caso si configura solo quando il tempo del congedo viene dedicato, invece che alla cura del disabile, allo svolgimento di altre attività che non hanno nulla a che vedere con la cura e l’assistenza .
Per fare un esempio l’abuso si configura quando l’assistente lascia solo il disabile per andare a fare un viaggio, una vacanza ma anche un fine settimana fuori. È lecito, invece, andare in vacanza con il disabile.
Il congedo richiede la coabitazione con il disabile e che l’assistenza prestata al familiare sia continuativa. La residenza con il familiare con handicap grave, infatti, serve proprio ad assicurare la continuità dell’assistenza. Ovviamente spostandosi in un altro comune con il disabile non dovrebbe comportare problemi a livello di abusi visto che l’assistenza è comunque garantita.
La giurisprudenza al riguardo, però, non è chiarissima ed essendo previsti controlli è sempre meglio, quando ci si sposta, avvisare sia l’INPS che il datore di lavoro di dove si può essere generalmente reperibili. I controlli, infatti, se predisposti vengono effettuati all’indirizzo di residenza, a meno che non si comunichi uno spostamento.
Congedo straordinario, quali ristrettezze?
Fermo restando che il congedo viene riconosciuto per l’assistenza del familiare con grave disabilità e che non può essere sfruttato per esigenze personali, la Corte di Cassazione con la sentenze numero 5471 del 2016 chiarisce il concetto di assistenza che deve essere preso in considerazione quando si richiede il beneficio previsto dalla legge 151/2001.
L’assistenza al familiare disabile, secondo la sentenza, non può e non deve essere 24 ore su 24 anche perché il dipendente che ne fruisce ha comunque una vita propria.
La sentenza mette in risalto, infatti, il fatto che il diritto del lavoratore è di avere anche un minimo di vita sociale oltre all’assistenza del disabile.
Secondo la Suprema Corte, quindi, il dipendente che assiste familiare con grave disabilità e fruisce del congedo straordinario retribuito può ritagliarsi degli spazi durante la quotidianità come ad esempio, per andare a fare la spesa, fare una passeggiate.
Ovviamente si può uscire, senza la presenza del disabile anche per sbrigare faccende che lo riguardano come, ad esempio, recarsi in farmacia, prenotare visite ed esami.
I rischi si corrono quando si abusa dell’istituto del congedo straordinario e non quando, magari, si ha bisogno di una pausa dalla cura del familiare e si decide, per esempio, di uscire per prendere un po’ d’aria.
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