Controlli a tappeto Agenzia delle Entrate 2020: su chi e cosa

Rosaria Imparato

28/02/2020

I controlli dell’Agenzia delle Entrate si fanno più pressanti nel 2020: nel mirino del Fisco sia cittadini che imprese, tutto in ottica anti-evasione. Vediamo con quali strumenti vengono controllati i risparmi, i conti correnti, i mutui e persino i social dei contribuenti.

L’Agenzia delle Entrate si propone di intensificare i controlli nel 2020: d’altronde, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte l’ha detto da subito che questo Governo, il secondo per lui, sarebbe stato improntato sulla lotta all’evasione fiscale.

Tanti gli strumenti a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per tenere sotto controllo i contribuenti, i movimenti che fanno sul loro conto corrente, quanto e come usano il denaro contante.

Se, da un lato, questa situazione assume sempre più i contorni di un Grande Fratello fiscale, in cui i protagonisti sono i portafogli più che le persone, dall’altro lato è bene ricordare che l’Italia è prima in Europa per evasione con oltre 190,9 miliardi di tasse evase, secondo quanto rilevato da uno studio della società inglese Tax Research SSL.

Vediamo come si svolgono i controlli a tappeto dell’Agenzia delle Entrate, che strumenti ha a disposizione e su chi e cosa si svolgono la maggior parte degli accertamenti.

Controlli a tappeto dell’Agenzia delle Entrate sui conti correnti: gli strumenti del 2020

Il 2020 sarà un anno duro per gli evasori, e a rendere la loro vita più complicata ci penserà l’Agenzia delle Entrate con i suoi controlli a tappeto.

Le “armi” che fanno parte dell’arsenale del Fisco sono tante. Partiamo dai controlli sui conti correnti, che finiscono nel mirino dell’Agenzia delle Entrate in caso di anomalia.

L’Amministrazione Finanziaria si avvale già dal 2019 di due strumenti in particolare: il risparmiometro e la superanagrafe.

Il risparmiometro è un algoritmo con cui si verificano entrate e uscite sui conti correnti: nel momento in cui si rilevano incongruenze tra quanto presente sul conto e quanto sostenuto nella dichiarazione dei redditi, ecco che scatta il controllo.

A fornire i dati di supporto al risparmiometro ci pensa la superanagrafe, una sorta di database costituito dalle informazioni in possesso dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, come:

  • saldo del conto corrente a inizio e fine anno;
  • movimenti di entrata e uscita;
  • giacenza media.

Un’enorme mole di dati, insomma, a cui il Fisco ha accesso, tanto da aprire una controversia sugli aspetti legati alla privacy e alla protezione dei dati personali.

Per cercare di aggirare questo problema, si era pensato di ricorrere all’evasometro anonimizzato, che in pratica “anonimizza” il contribuente facendolo diventare un numero, e sarà quel numero a circolare tra le varie banche dati.

Visto che i contribuenti potrebbero comunque essere potenzialmente identificati durante i controlli sui conti correnti, si è ancora in attesa dell’ok definitivo del Garante della Privacy.

La certezza su come funzionerà l’algoritmo non si potrà avere fino al 1° aprile, data in cui dovrebbe essere pronto il decreto congiunto MEF e MiSe su limiti, regole e criteri con cui i conti correnti possono essere “spiati”.

Ma i modi in cui l’Agenzia delle Entrate tiene sotto controllo i conti correnti non sono finiti qui: il Fisco ha accesso anche ai dati autodichiarati dal contribuente nel modello ISEE.

In particolare, gli accertamenti del Fisco sui dati indicati nella DSU hanno come obiettivo saldo e giacenza media sui conti correnti dei cittadini che richiedono il modello ISEE per accedere a una prestazione agevolata.

Inoltre, il Fisco fa partire i controlli sul conto corrente anche in base alle segnalazioni arrivate alla UIF, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, su prelievi e versamenti.

Da settembre, infatti, banche e poste sono obbligate a inviare Comunicazioni Oggettive su prelievi e versamenti oltre il limite mensile di 10.000 euro, anche con movimenti singoli fino a 1.000 euro.

Controlli fiscali su social e sugli acquisti online

Non solo un’anomalia nei conti correnti, ma anche la vita online dei contribuenti può far scattare un accertamento fiscale.

L’Agenzia delle Entrate infatti può attingere anche alle informazioni delle fonti aperte, come articoli di giornale, siti internet, social network, così da acquisire dati sui contribuenti utili a mostrare eventuali incongruenze con quanto dichiarato al Fisco.

Anche le foto di Google Maps possono essere usate dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza come prova valida contro gli evasori.

A partire dal 2024, poi, la banca dati dell’Agenzia delle Entrate sarà arricchita dalle informazioni provenienti dagli acquisti online transfrontalieri.

Per recepire una direttiva europea, che modifica la normativa IVA, i prestatori di servizi di pagamento dovranno conservare la documentazione sui pagamenti transfrontalieri relativi al commercio elettronico per tre anni.

I dati saranno poi messi a disposizione delle autorità fiscali nazionali, rispettando le norme in fatto di sicurezza informatica e privacy.

Controlli a tappeto Agenzia delle Entrate su imprese e partite IVA

A far scattare i controlli dell’Agenzia delle Entrate sarà in ogni caso un comportamento anomalo, come ad esempio un grande accredito non presente nella dichiarazione dei redditi.

Ad essere principalmente monitorati sono i liberi professionisti, i titolari di partita IVA e i titolari di imprese in generale.

È bene chiarire però che il Fisco non tiene d’occhio solo i conti correnti, ma anche:

  • deposito titoli;
  • conti deposito;
  • buoni fruttiferi postali;
  • conto terzi;
  • investimenti in società di gestione collettiva del risparmio;
  • prodotti assicurativi;
  • carte di credito.

Anche i mutui nel mirino del Fisco

L’Agenzia delle Entrate tiene d’occhio anche i mutui richiesti dai contribuenti.

Il raggio d’azione dell’Amministrazione Finanziaria è stato ampliato dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 4661 pubblicata il 21 febbraio 2020.

A far scattare l’accertamento del Fisco sarà una discrepanza tra l’importo chiesto per il mutuo e la cifra realmente spesa per l’acquisto dell’immobile.

Secondo il parere della Cassazione, infatti, nel momento in cui viene superato un certo limite c’è il presupposto per considerare il fatto come indizio di evasione.

L’onere della prova spetta al contribuente in ogni caso, che dovrà presentare documenti che attestino che non c’è stata evasione fiscale.

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