Copiare in un concorso pubblico, cosa si rischia?

Isabella Policarpio

17 Luglio 2019 - 09:46

Copiare in un concorso pubblico è considerato reato e chi ne facilita la copiatura ne è complice. Ecco quali sono i rischi.

Copiare in un concorso pubblico, cosa si rischia?

Cosa si rischia a copiare in un concorso pubblico? Ebbene, sappi che questa condotta è considerata un reato a tutti gli effetti, come confermato più volte dalla Corte di Cassazione.

Quindi, anche se la tentazione di copiare può essere forte, a causa dei tempi brevi per studiare e della grande mole di materiale, si ricorda che copiare non solo è un comportamento moralmente disdicevole, soprattutto nei confronti degli altri candidati, ma è anche contrario alla legge: si tratta, nel dettaglio, di violazione della pubblica fede, reato sanzionato con la reclusione fino ad un anno. Anche i complici non sono esenti da conseguenze.

Quindi, lecito chiedersi, ne vale davvero la pena?

Copiare in un concorso pubblico, cosa si rischia?

Chi copia durante lo svolgimento di un concorso pubblico, scolastico, accademico o di abilitazione alla professione, commette un reato, in quanto infrange la fede pubblica.

Questo reato è stato introdotto dalle legge numero 475 del 1925 e prevede che il candidato che copia rischia la reclusione da 3 mesi a un anno, pena confermata anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 18826/2011).

Con la previsione di questo reato, il legislatore vuole tutelare la fede pubblica, la genuinità delle prove e il principio del merito nei concorsi pubblici.

La legge non specifica le modalità in cui il candidato deve copiare, essendo la condotta integrata con qualsiasi modalità: attraverso il cellulare, copiando gli elaborati di altri candidati, riproducendo testi o risposte precedentemente preparati dal candidato.

Cosa rischiano i complici?

Chi aiuta in ogni modo o facilita la copiatura ad un concorso pubblico di un altro candidato è complice del reato di violazione di pubblica fede, sia che il complice sia all’interno della commissione esaminatrice che all’esterno.

Se il commissario si accorge che uno dei candidati ha copiato, o durante lo svolgimento della prova o al momento della correzione, e omette di sporgere denuncia nei suoi confronti, commette il reato di abuso d’ufficio (articolo 323 del Codice Penale), la cui pena è la reclusione da 1 a 4 anni.

Può accadere anche che la commissione esaminatrice provveda a bocciare il candidato in ragione del fatto che ha copiato, ma ometta di denunciarlo: in questo caso viene contestato il delitto di omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, con una multa fino a 500 euro (articolo 361 del Codice Penale).

Mentre, l’ipotesi più grave si verifica quando la commissione dichiara il superamento di prove mai avvenute, oppure il giudizio si basi su esami mai sostenuti e titoli mai acquisiti; in questi casi si tratta del reato di Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (ex articolo 495 del Codice Penale), fattispecie punita con la reclusione fino a 6 anni.

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