In un rapporto dell’Istat sono stati confrontati i numeri dei morti in Italia nel periodo compreso tra febbraio e novembre 2020 rispetto alla media dei cinque anni precedenti: non tornano 30 mila decessi in più, forse avvenuti non a causa del Covid.
La pandemia di coronavirus in Italia ha fatto registrare - tra febbraio e novembre 2020 - 1.651.229 casi positivi di Covid-19, 57.647 dei quali sono successivamente deceduti. I dati, riportati dall’Istat sulla base di quanto pervenuto dal Sistema Nazionale di Sorveglianza Integrata dell’ISS, rivelano un’incidenza maggiore del numero di morti registrati nel 2020 rispetto alla media del periodo 2015-2019.
Il periodo compreso tra marzo e aprile 2020 (coincidente con la prima ondata di coronavirus), in particolare, ha provocato un incremento del numero dei morti causa Covid non ininfluente. Tuttavia, tra gli 84 mila morti in più registrati nel 2020 rispetto alla media dei cinque anni precedenti, mancherebbero all’appello 30 mila morti in più rispetto agli anni precedenti che potrebbero essere stati conteggiati come decessi non Covid.
A porre il dubbio sulla questione è stato Federico Fubini, giornalista del Corriere della Sera: questi pazienti sono morti per cause slegate dal Covid oppure non hanno ricevuto il tampone? Il sospetto è che queste persone siano decedute a causa di altre patologia (come tumori o gravi problemi cardio-circolatori) non trattate con la medesima attenzione che avrebbero necessitato.
Covid, nel 2020 incremento del numero dei morti rispetto ai cinque anni precedenti
Nel rapporto annuale dell’Istat sulla mortalità delle persone residenti in Italia viene analizzato l’impatto del coronavirus sul numero dei decessi totali registrati nel corso del 2020.
Infatti, nel periodo compreso tra febbraio e novembre 2020 sono stati registrati 84 mila decessi in più rispetto alla media dei decessi registrati negli ultimi 5 anni. Ciò significa che il Covid ha contribuito ad aumentare la mortalità in Italia, ma in modo parziale. Infatti, i decessi causa Covid corrispondono al 69% del totale, dunque solo due terzi del totale dei decessi italiani sarebbero morti a causa del Covid.
Nel medesimo periodo considerato, quindi, sono stati riscontrati 57.647 decessi di persone positive al Covid, ma mentre è rimasta invariata la percentuale di decessi di cittadini under 50 (1%), la percentuale di decessi tra gli over 80 è salita al 60%.
Le tre ondate di coronavirus a confronto
Un’analisi interessante che propone l’Istat prevede la suddivisione dell’epidemia in ondate e periodi, ovvero:
- prima ondata, da febbraio a fine maggio 2020 - la diffusione dell’epidemia si è registrata soprattutto nelle Regioni del Nord Italia, ma in tutto il Paese sono stati registrati oltre 211 mila decessi (dei quali 45 mila nel Nord Italia), che corrispondono a 50 mila morti in più rispetto alla media dello stesso periodo del 2015-2019;
- stagione estiva, da giugno a metà settembre 2020 - la stagione calda ha permesso di prendere una boccata d’aria ai cittadini, ma nel mese di settembre sono stati segnalati numerosi focolai in moltissime Regioni italiane. Il numero dei decessi di questo periodo, comunque, è assimilabile alla media dei decessi registrati nei cinque anni precedenti;
- seconda ondata, da settembre alla fine del 2020 - il numero dei contagi e dei morti a causa del Covid è tornato a salire, ma nel mese di novembre è stato registrato un calo dell’incidenza dell’infezione sulla popolazione. L’età media dei decessi si è abbassata a 45-49 anni rispetto ai 60-64 anni della prima ondata; mentre sono calati anche i casi registrati tra la popolazione over 80, dal 26% nella prima ondata all’8% nella seconda. Per i mesi di ottobre e novembre 2020, infine, si è stimato un aumento del numero di decessi per il complesso delle cause di oltre 31.700 unità.
Come variano i decessi a livello regionale
Un altro dato interessante da considerare è la variazione dell’incremento del numero di decessi per ciascuna delle Regioni italiane. In questo caso entrano in gioco numerose variabile, tra le quali anche l’età media della popolazione che vive entro certi confini regionali.
Tuttavia, è possibile notare dai dati come in alcune Regioni del Nord il numero di decessi registrato nel mese di novembre superi addirittura la percentuale delle vittime registrate tra marzo e aprile 2020:
- in Valle d’Aosta la percentuale di decessi a novembre era pari al +139,0% rispetto al +71,0% di aprile;
- in Piemonte la percentuale di decessi a novembre era pari al +98,0% rispetto al +77,0% di aprile;
- in Veneto la percentuale di decessi a novembre era pari al +42,8% rispetto al +30,8% di aprile;
- in Friuli-Venezia Giulia la percentuale di decessi a novembre era pari al +46,9% rispetto al +21,1% di aprile.
In controtendenza, invece, la Lombardia, dove la percentuale di decessi era pari al +66% a novembre rispetto al +192% di marzo e il +118% di aprile; e l’Emilia-Romagna dove la percentuale di decessi a novembre era pari al +34,5% rispetto al +69% di marzo.
La fasce d’età più colpite
Infine, un ultimo sguardo a come sono variate le fasce di età più colpite dal Covid-19. Come detto, se nella prima ondata si sono registrati più casi tra gli anziani over 80, lo stesso non si può dire per la seconda ondata pandemica, che ha colpito anche diversi adulti over 50.
Considerando i contributi delle diverse fasce d’età sull’incremento dei decessi per Covid è possibile notare come la mortalità Covid-19 abbia contribuito:
- al 4% della mortalità generale nella classe di età 0-49 anni,
- all’8% nella classe di età 50-64 anni,
- all’11% nella classe di età 65-79 anni,
- all’8% nelle persone di 80 anni o più.
La minore incidenza dei decessi delle persone under 50 è da giustificarsi nel fatto che l’epidemia colpisce in modo più lieve i giovani. Tuttavia non sono da dimenticare nemmeno i decessi legati alle conseguenze del lockdown sulla psicologia delle persone e sui possibili tragici eventi successivi alla perdita del lavoro.
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