La guerra potrebbe espandersi nel Baltico dove la situazione si sta facendo sempre più critica: la Germania ha annunciato l’aumento della presenza militare mentre Lituania e Finlandia si sono dette pronte a combattere contro la Russia.
Mentre la guerra in Ucraina non si ferma, con la Russia che avanza nel Donbass e Kiev che prova a contrattaccare nel Sud, per l’Occidente i prossimi giorni saranno densi di appuntamenti con il caso Lituania che sarà uno dei temi più caldi su cui discutere.
Il calendario prevede nella giornata di oggi e in quella di domani il Consiglio europeo, con Mario Draghi che è riuscito a superare indenne le insidie del voto parlamentare sulla risoluzione Ucraina. Lo stesso però non può essere detto per la sua maggioranza, vista la scissione di Luigi Di Maio che ha lasciato il Movimento 5 Stelle dando vita al nuovo gruppo alla Camera chiamato Insieme per il Futuro.
Poi nel fine settimana sarà la volta del G7 in programma in Germania con tutte le attenzioni che poi si sposteranno verso Madrid, dove il 29 e 30 giugno si svolgerà il vertice Nato. Un trittico di appuntamenti con la guerra a fare da sfondo dove verrà definita la strategia dell’Occidente nei prossimi mesi.
Johnson vuole che la guerra vada avanti
Appare palese infatti che la guerra andrà avanti ancora a lungo, specie dopo le parole di Boris Johnson al Corriere della Sera dove il primo ministro inglese, parlando di una “battaglia vitale per i nostri valori”, ha spiegato che “dobbiamo aiutare gli ucraini a ottenere una capacità di resistenza strategica: devono continuare ad andare avanti”. I morti del resto sono i loro e non i nostri.
“Non vogliono (gli ucraini ndr) essere forzati a un negoziato, non acconsentiranno a un conflitto congelato nel quale Putin è in grado di continuare a minacciare ulteriore violenza e aggressione - ha poi aggiunto Johnson - Il territorio ucraino deve essere restaurato, almeno nei confini prima del 24 febbraio, la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina devono essere protette”.
Il concetto è chiaro: la guerra deve andare avanti fino al fallimento di Vladimir Putin. Con il tavolo di pace ormai coperto di polvere, visti i recenti sviluppi nel Baltico mai come in questo momento appare tristemente reale l’incubo di un allargamento del conflitto.
Dalla Lituania alla Finlandia: la crisi nel Baltico
Dopo che la Finlandia è finita nel mirino della Russia per la sua richiesta di adesione alla Nato, le minacce di Mosca ora si sono spostate verso la Lituania, Paese invece che da anni fa parte dell’Alleanza atlantica.
La decisione della Lituania di bloccare il transito via terra delle merci sottoposte alle sanzioni Ue in viaggio dalla Russia verso l’exclave di Kaliningrad, ha provocato l’ira della Russia che ha esplicitamente fatto intendere di essere pronta a utilizzare la forza se il blocco non verrà revocato.
Appare probabile che nei vertici in programma nei prossimi giorni, l’Europa prima e la Nato poi andranno a sostenere la decisione del governo lituano. La tensione con Mosca di conseguenza non potrà che aumentare.
Ad agitare lo spettro di un allargamento della guerra ci sono le dichiarazioni di Lituania e Finlandia, con entrambi i Paesi che si sono detti pronti a combattere contro la Russia in caso di un attacco.
Naturalmente Vilnius ed Helsinki non verrebbero lasciate sole dalla Nato, con il cancelliere tedesco Olaf Scholz che nelle scorse ora ha annunciato come “la Germania amplierà la sua presenza militare nel Mar Baltico”.
Sull’altro fronte la Bielorussia ha fatto sapere di aver ripreso delle esercitazioni militari lungo il confine ucraino, mentre la Cina nella persona del presidente Xi Jinping ha lanciato un monito “contro l’espansione dei legami militari”. In più la tensione tra Pechino e Washington è da settimane altissima a causa della questione Taiwan.
Più che la pace vista l’aria che tira, allo stato delle cose sarebbe un successo soltanto il riuscire a evitare che il conflitto in Ucraina possa degenerare in una guerra mondiale.
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