Guerra tra Arabia Saudita e Yemen: la storia della tragedia di cui nessuno parla

Alessandro Cipolla

02/11/2023

Da nove anni nello Yemen infuria una guerra civile che vede militarmente coinvolta anche l’Arabia Saudita: un conflitto che tra l’indifferenza generale dell’Occidente finora avrebbe provocato la morte di oltre 300.000 persone a causa anche di malattie e carestie.

Guerra tra Arabia Saudita e Yemen: la storia della tragedia di cui nessuno parla

Nello Yemen è in corso una tragica guerra civile che dura ormai dal 2014, dove l’Arabia Saudita in modo diretto, oltre all’Iran in modo indiretto, sta giocando un ruolo determinante.

Se ci mettiamo poi che nel più che mai diviso territorio dello Yemen esistono anche zone del paese controllate dall’Isis e da Al-Qa’ida, ecco che allora lo scacchiere assomiglia sempre di più a quello che abbiamo visto di recente in Siria.

L’assedio da parte di nove paesi arabi sunniti, guidati dall’Arabia Saudita e sostenuti dagli Stati Uniti, nei confronti dei ribelli sciiti, vicini all’Iran, che dal 2015 controllano la capitale San’a sta provocando infinite sofferenze ai civili.

Il blocco all’arrivo di qualsiasi rifornimento e medicinale sta portando circa 17 milioni di yemeniti alla fame: tra combattimenti, malattie e carestie, si stima che questo conflitto abbia finora causato la morte di oltre 300.000 persone.

Una guerra questa che da anni si sta consumando tra il silenzio generale dell’Occidente e delle Nazioni Unite. I media da noi hanno iniziato a parlare dello Yemen soltanto quando i ribelli Huthi hanno iniziato a lanciare missili verso Israele a seguito dello scoppio della guerra, il 7 ottobre 2023, tra lo Stato ebraico e Hamas.

L’Arabia Saudita e la guerra civile nello Yemen

Dopo una lunga divisione, nel 1990 lo Yemen del Nord e lo Yemen del Sud decidono di riunirsi in un unico stato, con San’a che diventa la nuova capitale. Presidente è Ali Abdullah Saleh, che all’epoca era alla guida del Nord fin dal lontano 1978.

A seguito nel 2012 delle rivolte nella parte meridionale del paese in quella Primavera araba che sconvolse molti paesi islamici, Saleh rassegna le sue dimissioni e al suo posto arriva il sunnita Abd Rabbuh Mansur Hadi, con il compito di guidare per due anni lo Yemen fino a nuove elezioni.

Visto il timore però che le elezioni sarebbero potute essere soltanto un miraggio e che il regno di Hadi potesse continuare invece per altri anni, nel febbraio 2015 il gruppo armato sciita degli Huthi, proveniente dal Nord del paese, conquista la capitale San’a e costringe alle dimissioni il presidente Hadi che si rifugia a Sud ad Aden, che così diventa una seconda capitale dello Yemen.

Da quel caos si arriva a un paese diviso in due: a Nord ci sono gli sciiti con il governo di Saleh nella capitale San’a, mentre a Sud nella città di Aden si è insediato il Presidente spodestato Hadi, l’unico riconosciuto dall’Occidente e dalle Nazioni Unite.

In tutto ciò Al-Qa’ida è riuscito a entrare in possesso di vaste zone nella parte orientale del paese, con anche l’Isis che si è stabilizzato in diversi villaggi facendo sentire la sua tragica voce con attentati fatti soprattutto contro gli sciiti di San’a.

Nel marzo 2015 l’Arabia Saudita sunnita si mette a capo di una coalizione di paesi sunniti comprendente anche Marocco, Egitto, Sudan, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain e Qatar.

Questa lega araba formata da nove paesi e capeggiata da Riyad inizia così un massiccio bombardamento in Yemen nei territori controllati al Nord dai ribelli Huthi, che da allora in pratica resistono a questo assedio con il supporto, paventato, soltanto dell’Iran ovvero il più grande stato sciita.

Il dramma dei civili

Lo stato di perenne assedio ha però fiaccato l’alleanza tra gli Huthi e il ras del Nord l’ex presidente Saleh. Quest’ultimo infatti, dopo aver cercato invano rifugio oltre confine, è stato catturato e ucciso dai ribelli fino a poco tempo fa suoi alleati.

Lo Yemen del Nord quindi ora è nel caos più totale ed è controllato dagli Huthi. Vista la debolezza creata dalla faida interna, sono aumentati i bombardamenti da parte della coalizione sunnita che sta aggravando ancora di più la situazione umanitaria.

Oltre ai militari uccisi, altissimo infatti è anche il bilancio delle vittime civili. Non sono soltanto le bombe saudite a fare strage di civili ma anche la fame (lo Yemen è lo stato più povero del Medio Oriente) e il colera.

Anche se da noi viene vista come una malattia ormai debellata, nello Yemen si parla di almeno 500.000 persone contagiate, con il colera che ha provocato soltanto negli ultimi tre mesi del 2017 la morte di 2.000 persone.

Il blocco dei paesi arabi vicini imposto a San’a sta stritolando la popolazione del Nord, tra quella che sembrerebbe essere l’indifferenza generale anche delle Nazioni Unite che nulla hanno fatto finora per salvare la popolazione civile da questa atroce fine.

L’indifferenza dell’Occidente

Nel 2016 parlando della problematica situazione in Siria Ban Ki-moon, segretario generale dell’Onu, dichiarò che “la morte per fame utilizzata come arma rappresenta un crimine di guerra”.

Peccato però che per la guerra civile nello Yemen non sia stato rivolto lo stesso pensiero. L’Arabia Saudita non è stata mai sanzionata per i bombardamenti e, come se non bastasse, si è sempre opposta alla creazione di corridoi umanitari per permettere di inviare cibo e medicinali alla popolazione civile.

In pratica si starebbe utilizzando la fame e le epidemie come un’arma d’assedio, per convincere i ribelli Huthi a cedere visto che le bombe sganciate su San’a finora non hanno prodotto gli effetti sperati.

Immagine simbolo di questa tragedia è quella di Amal, bambina yemenita fotografata in un campo profughi dal premio Pulitzer Tyler Hicks pochi giorni prima di morire per fame a soli sette anni.

C’è stata poi la tristemente famosa strage di bambini, con 43 morti e 60 feriti per un autobus che è stato colpito mentre si stava recando a un mercato situato nel Nord del paese, oltre al più recente bombardamento da parte dell’aviazione saudita di un ospedale di Save the Children che ha provocato 7 morti tra cui 4 bambini.

Il sentore è che la guerra nello Yemen sia un altro tassello della delicata partita a scacchi che si sta giocando in Medio Oriente. I ribelli che controllano la capitale San’a sono sciiti come l’Iran, storici alleati della Russia e del regime di Assad in Siria.

Si può dire invece che tutto il resto del Medio Oriente, Isis compreso, sia al contrario sunnita. Far cadere i ribelli Huthi nello Yemen vorrebbe dire per Stati Uniti e Arabia Saudita indebolire l’Iran, grande nemica di entrambi i paesi.

Quando il 14 settembre 2019 dei droni hanno attaccato gli stabilimenti petroliferi di Abqaiq e Khurais, l’Arabia Saudita è stata costretta in un colpo solo a dimezzare la sua produzione giornaliera di petrolio.

Subito dopo l’attacco, gli Stati Uniti hanno accusato i ribelli Huthi e l’Iran di essere i responsabili minacciando dure conseguenze: per accendere i riflettori internazionali sulla guerra nello Yemen, c’è voluta una impennata del costo del petrolio.

Adesso però i ribelli sono pronti a giocare un ruolo da protagonisti anche nella guerra in Israele. Le forze armate yemenite “confermano che continueranno a effettuare attacchi qualitativi con missili e droni fino a quando l’aggressione israeliana non finirà”, si legge in un comunicato militare degli Huthi trasmesso dalla televisione Al-Masirah.

La guerra da Israele sarebbe sul punto di allargarsi a tutto il Medio Oriente e lo Yemen potrebbe essere uno dei fronti più caldi di questo possibile conflitto regionale.

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