Il battesimo sulla Borsa di Londra del colosso del food delivery britannico, Deliveroo, è un disastro: -30% sul prezzo fissato dal board. A preoccupare gli investitori la struttura a doppia classe dell’azionariato e la rivolta dei rider.
Non è questa l’Ipo che il CEO di Deliveroo, Will Shu, aveva sognato. Nonostante un prezzo di 3,9 sterline per azione, di fatto la parte più bassa della forchetta fissata ad inizio settimana, il titolo è stato travolto da una ondata di vendite nelle prime ore di contrattazioni sulla Borsa di Londra, indice FTSE 100. Bilancio parziale: titolo scivolato a 271 pence, -30% sul prezzo di collocamento, per poi riprendere fiato sopra quota 3 sterline.
A pesare i tanti dubbi che affollano i pensieri degli investitori, dalla struttura a doppia classe dell’azionariato Deliveroo alla fibrillazione dell’universo rider.
Deliveroo, il debutto in Borsa è un disastro
Ma riavvolgiamo il nastro: in un primo momento Deliveroo, nel tentativo di cavalcare la grande febbre per le Ipo dei giganti tech, aveva fissato una forchetta di prezzo tra le 3,9 e le 4,6 sterline per azione, puntando così a una valutazione complessiva di 8,8 miliardi.
Ad inizio settimana, però, il board del colosso del food delivery aveva abbassato le sue pretese portando il prezzo delle azioni in un range tra le 3,9 e le 4,1 sterline, con la capitalizzazione che poteva muoversi così fino ad un massimo di 7,8 miliardi. Ma l’asticella è stata abbassata ancora nel giorno del debutto sulla Borsa di Londra, visto che il prezzo di collocamento rispecchia la parte più bassa della forbice, 3,9 sterline.
Ma il ritocco al ribasso non è bastato a stuzzicare l’appetito degli investitori. Al contrario, il titolo è stato travolto dalle vendite sin dalle prime contrattazioni, toccando prima i 331 pence e scivolando poi a quota 2,7 sterline, con parziale recupero nelle ore successive. Insomma, il mercato ha di fatto boicottato l’attesissima Ipo di Deliveroo, annunciata come l’offerta pubblica più ambiziosa sulla piazza finanziaria londinese dal 2013, e i motivi, di base, sono due.
Dapprima quella struttura a doppia classe dell’azionariato, permessa dalla riforma delle regole di quotazione dell’LSE, che però non piace agli investitori. Una mossa strategica per il CEO Will Shu, visto che per tre anni potrà avere maggiori spazi di manovra per l’esecuzione dei piani a lungo termine della società.
Ma a pesare è soprattutto la questione relativa all’inquadramento dei rider, che potrebbe pregiudicare a Deliveroo la possibilità di essere inclusa tra i player che rispettano i criteri ESG, i requisiti di sostenibilità che sono destinati ad imporsi come bussola per gli investimenti nella nuova economia che sorgerà dalle ceneri della crisi. Paghe più alte e condizioni di lavoro migliori sono le richieste avanzate da migliaia di lavoratori che muovono dal basso gli ingranaggi della food economy, e nuove proteste potrebbero prendere piede già la prossima settimana.
Food delivery in calo
Sullo sfondo, poi, anche i passi indietro del settore del food delivery dopo il boom dello scorso anno. Con la campagna vaccinale che avanza spedita, trainata dai volumi da record di Stati Uniti e Regno Unito, e il conseguente allentamento delle misure restrittive che ne deriverà, i colossi dell’home delivery stanno già incassando la crescente sfiducia degli investitori sulle prospettive future.
È innegabile, del resto, che i numeri del comparto siano stati fin qui dopati dalla debolezza della concorrenza, strozzata a più riprese dalla pandemia (ristoranti, pub e bar). Ora, le schiarite sul fronte Covid potrebbero mettere un punto a questa economia a due velocità.
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