Possibili infiltrazioni dell’Isis e di al-Qaeda in Afghanistan. L’allarme è stato lanciato dal Pentagono. Cosa rischiano l’Occidente e Kabul?
La minaccia che da giorni aleggiava sull’Afghanistan è diventata reale: Isis, Al Qaida e le altre fazioni jihadiste sono presenti sul territorio e costituiscono una minaccia per i cittadini occidentali che ancora si trovano nel Paese.
L’allarme è stato diramato direttamente dai servizi di intelligence del Pentagono ed è stato rilanciato dai funzionari dell’ambasciata degli Stati Uniti, i quali svolgono un ruolo fondamentale per facilitare le partenze da Kabul.
Il rischio è che le cellule terroristiche dell’Isis trasformino la situazione delicata in Afghanistan in un proprio trionfo propagandistico. A preoccupare gli statunitensi, inoltre, è anche l’avvicinarsi del ventennale dell’11 settembre che potrebbe essere sfruttato da Al Qaida per rivendicare la propria resistenza.
Le minacce sono molte sia per i talebani che per l’Occidente. Cerchiamo quindi di fare il punto della situazione.
Infiltrazioni Isis: l’allarme degli USA
Per giorni si è evitato di parlare di possibili infiltrazioni terroristiche sul suolo afghano per non aggiungere terrore a una situazione già tragica di suo. Adesso che è nota la presenza di cellule terroristiche dell’Isis e di Al Qaida in Afghanistan la situazione sembra ancora più pericolosa.
I cittadini americani sono stati invitati a non recarsi all’aeroporto di Kabul dagli stessi ambasciatori statunitensi e di restare lontani dagli accessi al terminal. La situazione è resa ancora più difficile dalle migliaia di civili afghani che tentano di emigrare dal Paese causando ingorghi che possono rivelarsi fatali.
Non escludiamo di far uscire truppe americane dal perimetro dell’aeroporto di Kabul per recuperare chi è bloccato in città.
Sono le parole del portavoce del Pentagono John Kirby che non ha potuto dare notizie specifiche sul tipo di minaccia che le infiltrazioni costituiscono al momento. Il funzionario ha voluto però ribadire la volontà del Pentagono a coordinare ogni movimento di chi è rimasto indietro, confermando la presenza ancora di 5.200 soldati.
Infiltrazioni Isis: perché attaccare in Afghanistan?
Le cellule terroristiche afghane dello Stato Islamico non possono essere considerate “amiche” dei talebani. Infatti, da sempre talebani e Isis si trovano opposti per ragioni ideologiche sul fondamentalismo islamico.
Eppure, l’organizzazione ha mantenuto la sua presenza sul territorio e c’è il rischio di un possibile attacco terroristico per distruggere il precario equilibrio dell’Afghanistan.
La conquista talebana del paese è stata accolta dai fondamentalisti islamici di tutto il Medio Oriente con gioia, ma l’Isis potrebbe sfruttare questo momento e rivendicare con un attacco un proprio trionfo propagandistico. Un possibile attacco che potrebbe inoltre indebolire le fazioni moderate degli “studenti coranici” che tentano di controllare il Paese, favorendo un’ascesa delle fazioni più estremiste.
Infiltrazioni Isis: cosa rischia l’Occidente?
La presenza dell’Isis sul suolo afghano non costituisce solo una minaccia per il futuro governo o per i soldati statunitensi rimasti. Un possibile attentato potrebbe andare a deteriorare il già fragile e complesso rapporto fra statunitensi e talebani.
Con gli accordi di Doha firmati il 29 febbraio 2020, infatti, gli USA di Trump prendevano accordi con i talebani per impedire qualsiasi attacco terroristico sul suolo americano riconoscendo, in cambio, ai fondamentalisti la loro legittimità internazionale.
I talebani però non hanno rapporti stretti con lo Stato Islamico, cosa che invece hanno sempre avuto con Al Qaida, e quindi le infiltrazioni costituiscono un pericolo per l’intera comunità occidentale.
Infiltrazioni jihadiste: qual è il rapporto tra talebani e Al Qaida?
Ancora più complessa è invece la situazione con Al Qaida. Infatti, i talebani proprio negli accordi di Doha si impegnavano a interrompere il lungo rapporto con l’organizzazione terroristica.
Erano stati proprio i talebani a ospitare e nascondere Osama bin Laden nel 2001. Eppure, gli stessi accordi non sono chiari: nel testo si fa riferimento alla necessità di
“mandare un messaggio chiaro” all’organizzazione terroristica, non riportando esplicitamente la necessità d’interrompere i rapporti.
Il testo lascia quindi ampio spazio d’interpretazione e il fatto che è stata confermata la presenza dell’organizzazione in Afghanistan non rassicura di certo il mondo occidentale specialmente con l’avvicinarsi dell’11 settembre.
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